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NEL 1902 VENNE SCRITTA LA PRIMA PAGINA DEL TEATRO SICILIANO

  L’arte del teatro in Sicilia dal 2500 A.C. al 1975 D.C.

“L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto. La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra… chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita”. J.W Göthe

La Sicilia, si sa, è costellata di luoghi magici, seppur nella loro semplicità. E così, passeggiando lungo l’entroterra o in prossimità del mare vi potrebbe capitare di imbattervi in un teatro in pietra con il cielo come soffitto ed i monti o colline come pareti. Per molti secoli, prima che il cinema e la televisione entrassero a far parte della vita d’ogni uomo, il teatro era l’unica forma di spettacolo capace sia di divertire gli spettatori, sia di rappresentare i problemi e i sentimenti dell’animo umano.

Le prime rappresentazioni videro la luce nei teatri all’aperto dell’antica Grecia, dove ben tre tragedie e una commedia si susseguivano nell’arco di una giornata davanti ad un pubblico sempre numeroso ed attento; Così pure in Sicilia, parte della “Magna Grecia”, i greci fondarono insieme alle città anche dei teatri degni per bellezza e posizione a quelli della madre patria.

Il Teatro greco nell’Isola ai tempi della “Magna Grecia”

Piccola o grande che fosse ogni città greca della Sicilia aveva un teatro, in pietra, scavato nella roccia e rivolto al mare: erano molti di più di quelli che si possono ammirare oggi. Noi abbiamo scelto i più belli, integri e attivi e soprattutto d’estate ci fanno emozionare con i grandi classici, i miti, la poesia. Oggi come 2500 anni fa.

Goethe durante il celebre viaggio in Italia annotava sul taccuino che “senza la Sicilia, non ci si può fare un’idea dell’Italia: qui soltanto è la chiave di tutto”. Noi potremmo dire che vedendo la Sicilia possiamo avere un assaggio di ciò che fu la Grecia antica.

La Sicilia è stata un crocevia delle civiltà mediterranee, tra cui i Greci, che quando fondavano una città ci costruivano anche un teatro in pietra. Andare a teatro per loro era un’attività fondamentale per la vita, come partecipare a un rito sacro. Ancora oggi alcuni di questi luoghi rivivono, regalandoci ore indimenticabili alla luce del tramonto, con rassegne teatrali ed eventi che sfruttano la suggestione delle architetture elleniche, scavate nelle rocce come conchiglie che si aprono di fronte al mare. Ne citiamo solo sei.

Il primo teatro in Sicilia, il più famoso è quello di Siracusa, seguono quelli di Taormina, Segesta, Catania, Tindari ed Eraclea Minoa. Alle rappresentazioni partecipava tutto il popolo, pagando un biglietto d’ingresso d’entità modesta; gli spettatori prendevano posto sulle gradinate durante le ore del giorno (mai della notte) venivano rappresentate ogni volta opere di due autori, tra i quali il pubblico sceglieva il vincitore che veniva solennemente proclamato. Gli spettacoli erano allestiti a spese dello stato e dei cittadini più ricchi; venivano rappresentate opere scritte da grandi poeti: i più famosi sono Eschilo, Sofocle ed Euripide, che scrissero tragedie, e Aristofane, che scrisse commedie. Gli argomenti delle opere erano molto seri: prendevano le mosse dal materiale della tradizione mitica ed epica, e avevano lo scopo di proporre argomenti di riflessione e di maturazione dell’animo.

119 ANNI FA’ NASCE LA FANTASTICA STORIA DEL TEATRO SICILIANO

Nell’anno del Signore 1902, al Teatro Argentina di Roma, nelle ore serali, viene scritta la prima pagina di una bellissima favola siciliana che per molti anni farà parlare il mondo intero: un manipolo di attori poveri e analfabeti provenienti dalla lontana Sicilia, parte orientale, Catania per la precisione, da quella sera, farà impazzire il pubblico nazionale e internazionale recitando in siciliano le opere dei grandi commediografi e drammaturghi dell’epoca, Verga e Capuana fra tutti, ma anche Alessio Di Giovanni, Pier Maria Rosso di San Secondo, Gabriele D’Annunzio, Angel Guimerà e decine di altri.

Adesso chiudete gli occhi e immaginate Catania fra l’Ottocento e il Novecento, il centro storico con le basole di pietra lavica levigata dalle suole delle scarpe e dalle ruote dei carretti e delle carrozze, gli odori della pescheria, i venditori di frutta e verdura dell’Etna, l’acqua di Paternò “frisca e annivata”, le botteghe dei tappezzieri, dei ciabattini, e dei falegnami.

Immaginate una grande piazza come quella dell’Università, al centro della quale è ubicato il palazzo del marchese Antonino di San Giuliano, senatore del Regno d’Italia, il quale in un magazzino che ha ingresso laterale in via Ogninella, ospita la famiglia Grasso che in quei locali angusti – da essa stessa denominati Teatro Machiavelli – rappresenta ogni sera l’Opera dei pupi.

Lì don Angelo Grasso, rinomato marionettista proveniente da Acireale, che aveva appreso l’arte dei pupi dal padre Giovanni e costui dal padre, fino alla notte dei tempi, ogni sera porta sulle scene le gesta di Orlando e Rinaldo, Angelica e Medoro, Carlo Magno e Gano di Magonza.

Il prezzo del biglietto in questi teatri è di pochi centesimi. All’interno – secondo la descrizione di Enzo e Sarah Zappulla Muscarà – c’è il venditore di acqua e” zammù, di calia e simenza” e i cosiddetti “sunatura orvi cicati”.

All’ingresso c’è sempre donna Ciccia Grasso, la madre di Giovanni. Secondo la descrizione di Nino Martoglio, se ne sta sempre “imbacuccata in due scialli di lana, col naso rosso per il freddo, davanti a un tavolinetto rustico e a un salvadanaio, dove infilava, ad uno ad uno, i soldini degli avventori, lamentandosi, dopo la morte del marito, il grande puparo Angelo Grasso, languida e triste come un salice piangente, per le tante spese che gravano sulle spalle del povero Giovanni… che butta sangue per niente, da mane a sera”.

Il pubblico del Teatro Machiavelli è composto essenzialmente da pescatori, artigiani, venditori ambulanti, calzolai, fabbri, legnaioli, carrettieri, panettieri, macellai, merciaioli, e molti studenti universitari che comprendono di essere agli albori di una straordinaria epopea artistica, sia in campo teatrale che in campo letterario.

Dunque, il giovane Nino Martoglio – capocomico, commediografo, regista, giornalista e poeta – è un assiduo frequentatore di quel locale e, assieme a Grasso (più giovane di lui di soli tre anni), il grande artefice nella nascita e dell’affermazione del teatro siciliano.

Salvatore Battaglia