Politica

LUCIA ACERRA: ANCHE IN ORTIGIA MOLTE TRACCE DELLA SIRACUSA MEDIEVALE

Sulle testimonanze medievali in Ortigia

L’architettura del centro storico di Ortigia rivela prevalentemente la veste barocca dovuta alla ricostruzione post terremoto del 1693. Ma, attraversando l’ingresso di alcuni palazzi o osservando con attenzione alcuni particolari architettonici, possiamo notare molti elementi di stile medievale derivanti dal periodo in cui la città fu sede della Camera Reginale quando si migliorò il riassetto urbanistico dell’isola con la costruzione di magnifici edifici civili e religiosi, alcuni dei quali ancora esistenti.

67. Porta Marina

La data di costruzione di questo ingresso ad Ortigia indicata dagli storici e dalla lapide posta sul retro è il 1559, mentre la struttura, lo stile dell’edicola di squisita fattura catalana e soprattutto la raffigurazione dello stemma di Siracusa con la porta turrita, ormai in disuso nel ‘500, la collocherebbero nel secolo precedente. Certamente la porta fu rimaneggiata dopo l’abbattimento della preesistente porta dell’Aquila e, molto probabilmente lo stile quattrocentesco riproposto potrebbe attribuirsi al persistere presso le maestranze locali, della tradizione scultorea catalana. I recenti restauri hanno messo in luce gli ambienti laterali e ricostruito la scala di accesso al camminamento.

77. Palazzo Lanza-Bucceri

Uno dei più bei palazzi medievali di Ortigia, ma purtroppo in avanzato stato di degrado, è il palazzo Lanza–Bucceri in piazza Archimede che riassume le caratteristiche dello stile catalano: la facciata in conci rettangolari lisci, la cornice marcapiano, la scala del cortile a conci serrati e le finestre bifore. Di queste ultime la terza sulla destra presenta una ricchissima decorazione di stile gotico-catalano. Il portale, rimaneggiato, è di chiaro stile rinascimentale.

78. Il palazzo dell‘Orologio a Piazza Archimede

Inglobato nel successivo palazzo ottocentesco, l’antico edificio medievale presenta la solita tipologia dello stile catalano: la finestra bifora e il cortile con la scala a conci serrati. Il restauro eseguito ne ha consentito la conservazione.

79. Palazzo Greco in corso Matteotti

Durante le demolizioni del 1934-36 per consentire la realizzazione del corso Matteotti, vennero isolate le strutture di un palazzo della metà del 1300, casa Greco. Dell’antica costruzione rimangono: una bifora del portico interno, la struttura della torretta e la postierla dell’atrio. L’area venne donata dal Comune all’INDA perché divenisse sede dell’Istituto. Il progetto di ricostruzione fu affidato all’Ing. G. Bonaiuto che cercò di inserire gli antichi elementi nella nuova costruzione. Sul corso Matteotti venne aperta una piccola loggia dove fu posta una fontana.

80. Palazzo della Camera Reginale

Al n.13 della via del Consiglio reginale si trova la costruzione che fino al 1536 ha ospitato la prima forma di municipalità cittadina fino alla costruzione del palazzo del Senato a piazza Duomo. La Camera reginale fu istituita dal re aragonese Federico IV il Semplice per dare in dote alla figlia una parte del regno, precisamente 9 comuni di cui Siracusa era la capitale. Della costruzione trecentesca rimane il portale d’ingresso ad ogiva contornato dalla modanatura con al centro la chiave su cui è scolpito l’Arcangelo Gabriele.

81. Palazzo Montalto in via Mergulensi

Recentemente restaurato fu costruito nel 1397 ed evidenzia tutte le peculiarità dello stile gotico-catalano o chiaramontano in riferimento alla più potente famiglia del tempo: i Chiaramonte. La bellissima facciata a conci squadrati presenta una cornice marcapiano dentellata e tre grandi finestre una diversa dall’altra: bifora, trifora e monofora delimitate da un’elegante cornice. Bellissime le decorazioni, le colonnine tortili e i capitelli.

82. Palazzo Migliaccio in via Pompeo Picherali

Appartenente alla nobile famiglia Migliaccio, di origine fiorentina, risale al XV sec. ed è un esempio di stile tardo-gotico con elementi catalani. Dell’edificio, uno dei più antichi di Ortigia, rimane soltanto la facciata essendo stato inglobato, agli inizi del secolo, nel complesso alberghiero di “Casa Politi” e dell’Hotel des Estrangers. Delle tre arcate del prospetto solo quella centrale è originale, la bella balconata, con effetto cromatico dato dall’alternanza della pietra lavica e del calcare nello zig-zag decorativo, racchiude al centro lo stemma della famiglia: una pianta di miglio impugnata da una mano e sovrastata da un elmo.

68. Il castello Maniace 69. Il Castello Maniace

Posto sull’estrema punta meridionale di Ortigia, nello stesso sito dove si dice che i coloni greci innalzarono un tempio ad Hera e dove il generale bizantino Giorgio Maniace costruì un castello a difesa del porto, è uno degli edifici più rappresentativi della città. Fatto costruire nel 1232 dall’imperatore Federico II di Svevia, faceva parte di un progetto difensivo, voluto dall’imperatore, comprendente una serie di castelli che chiudevano, al di qua e al di là del Salso, i punti strategici della costa e dell’interno in un vasto organismo di difesa di questa parte dell’impero. Sotto Carlo V Ortigia viene trasformata in piazzaforte chiusa da una poderosa cinta muraria a cui vennero raccordati i bastioni del castello Maniace, rendendolo più sicuro ma appesantendone la linea originaria.

All’epoca della sua costruzione il castello era separato dall’isola di Ortigia da un largo fossato, successivamente interrato, che metteva in comunicazione il porto Grande con il mare aperto e accresceva la capacità difensiva del castello, infatti ad esso si accedeva attraverso un ponte levatoio, in seguito sostituito con quello in muratura.

Superato il ponte si giunge al cortile antistante la costruzione che si presenta in tutta la sua maestosità con le due possenti torri angolari e il prezioso portale di forma ogivale ricco di meravigliosi marmi policromi e che verso l’interno si arricchisce di colonnine sormontate da capitelli con foglie uncinate su cui sono raffigurati due leoni e un ippogrifo. Sopra il portale un enorme stemma imperiale di Spagna sovrasta la lapide fatta apporre dal Carlo V nel 1545. Ai lati del portale due nicchie sulle quali fino alla metà del XV sec. si trovavano due arieti di bronzo di epoca ellenistica asportati dal generale Giovanni Ventimiglia che li ottenne come ricompensa per avere sedato, nel sangue, la rivolta dei nobili. Si narra che con estrema ferocia il Ventimiglia si liberò dei nobili ribelli avvelenandoli tutti durante un banchetto appositamente organizzato. Adesso due copie degli arieti di bronzo, fatti ricostruire dal Rotary club possono ammirarsi in una sala del castello in attesa di essere ricollocati nelle grandi mensole della facciata.

Il castello ha una pianta perfettamente quadrata ed è delimitata agli angoli da quattro torri cilindriche. Le mura hanno lo spessore di circa 3,50 metri e sono rivestite di un paramento murario a conci regolari.

Nella facciata sono visibili i segni della chiesa di S. Giorgio al Castello ora demolita. Tra il portale e le torri due grandi finestre monofore. Attraverso il portale d’ingresso ci si immette nel primo ambiente che reca evidenti i segni della distruzione causata dallo scoppio della polveriera avvenuta il 5 novembre 1704, a causa della caduta di un fulmine, che distrusse le crociere centrali. Si entra quindi nella parte della sala ancora coperta che tutta insieme misura 2500 mq ed è divisa da un duplice ordine di colonne. Originariamente erano sedici attorno alla zona centrale che assieme alle sedici semicolonne innestate nelle mura perimetrali e alle quattro angolari davano origine a 25 campate con volta a crociera.  Sul simbolismo di questi numeri si è molto pensato e scritto per cui si è ipotizzato che le 25 campate rappresentino i 25 regni facenti parte dell’Impero di Federico. Più suggestiva la spiegazione della particolarità della grande sala ipostila che conteneva al centro quattro gruppi di colonne che si presuppone delimitassero una zona particolare dove doveva esistere una sorta di “impluvium”. Tale supposizione è avvalorata dal ritrovamento da parte di P. Orsi di una grande lastra di pietra ampiamente forata al centro.

Altra suggestiva precisazione circa l’esistenza di tale contenitore d’acqua è data dall’esistenza di una antica stampa contenuta in un testo di Pietro d’Eboli che Federico bambino era solito sfogliare. La stampa raffigura un grande ambiente circondato da crociere con al centro una polla d’acqua accanto alla quale si legge la scritta “fons Aretusae”. Forse il ricordo di tale immagine ispirò all’Imperatore l’architettura così particolare e unica nelle costruzioni fridericiane di questa immensa sala ipostila.

L’illuminazione dell’enorme salone era garantita dalla presenza di 15 finestre sulle mura in corrispondenza con le crociere perimetrali. Particolarmente interessante la decorazione dei capitelli che sovrastano le colonne e l’alternanza della copertura delle crociere alcune in calcare e altre in pietra lavica per problemi di staticità della costruzione. Infondo alla sala a sinistra si entra nel vestibolo della torre angolare, preceduto da una porta ad arco ogivale, a sinistra del vestibolo una cella nella quale si possono ammirare i costoloni angolari che poggiano su mensole due delle quali presentano decorazioni zoomorfe mentre nelle altre si notano due volti uno con la barba e un altro con la zazzera e la corona che molti indicano come l’effige di Federico II mentre altri affermano si tratti di una regina per la foggia della corona. Nel lato opposto della sala si trova un altro ambiente adibito a bagno, la testa barbuta scolpita nella mensola frontale si dice raffiguri il Barbarossa. Sempre sulla destra, si giunge al così detto “Bagno della regina” per la sua posizione ipogeica unica nella costruzione federiciana, la cui vasca è rivestita di marmo bianco in cui giunge una delle sorgenti d’acqua di cui questa zona di Ortigia è particolarmente ricca.

Nei secoli successivi alla morte di Federico il castello mantenne intatta la sua architettura interna ed esterna; nel XVI secolo venne impiantata la grande piattaforma per la batteria e nel secolo seguente, quando Ortigia, trasformata in piazzaforte, verrà chiusa nella poderosa cinta muraria delle fortificazioni ideate dal grande architetto militare Carlo Grunenbergh, il castello perderà il suo aspetto caratteristico. Col passare dei secoli la costruzione verrà adoperata per scopi militari ed andrà sempre più in degrado. I restauri iniziati da diversi decenni hanno saputo ridare la dovuta dignità al monumento.

Molti gli studi di urbanisti, storici dell’arte ed archeologi che hanno dibattuto anche sulla natura stessa del monumento e cioè se nell’intento di Federico la costruzione sarebbe stato un “castrum “, opera di difesa, o un “palatium” una delle sue abitazioni. Per le caratteristiche costruttive e la magnificenza delle realizzazioni si è propensi ad optare per il palatium, cioè una importante sede della corte imperiale dove Federico venia a legiferare. Tutto ciò non incide comunque sull’indiscussa importanza del monumento che dopo il teatro greco rappresenta uno dei simboli della nostra città.

La conquista degli Arabi nell’ 878 segnerà il periodo più buio nella storia della città, vengono distrutti monumenti e uccisa gran parte della popolazione anche se la città diviene capitale del Val di Noto. Durante questo periodo si ha l’occupazione disordinata di tutti gli spazi disponibili nell’isola. Solo la riconquista della città compiuta dal generale bizantino Giorgio Maniace riporterà la pace. Ma già nuovi conquistatori muovevano verso la Sicilia, i Normanni che guidati da Ruggero s’impossessano della Sicilia e di Siracusa che vede in questo periodo un grande fervore nella ricostruzione dei luoghi di culto.

Con gli Svevi ed in particolare con Federico II Siracusa viene insignita dell’appellativo di “città fedelissima” e inizia la splendida costruzione del Castello Maniace.

La città di Siracusa nel corso della sua storia millenaria è sempre stata fortificata per la sua posizione particolarmente esposta agli attacchi dei conquistatori. Esistono ancora perfettamente leggibili, tracce delle fortificazioni greche: la porta urbica in via XX Settembre, le fortificazioni medievali: la torre dell’aquila, la porta marina e le fortificazioni spagnole volute da Carlo V. Di queste ultime la parte più ben conservata è quella sull’estrema punta di Ortigia che ingloba il Castello Maniace.

176. Galleria Regionale di Palazzo Bellomo

L’edificio, tra i più antichi dell’isola, risale al periodo Svevo. La facciata, su via Capodieci, in pietra bianca evidenzia la severità e l’eleganza tipiche di quello stile che si ripropongono nel cortile d’ingresso su cui spicca la splendida scala catalana che conduce al piano superiore. Il Palazzo fu donato dai proprietari al convento di S. Benedetto.

103. S. MARTINO

Posta nella via omonima, è una basilica a tre navate risalente al VI secolo che ha subito numerosi rifacimenti come l’allungamento, il riuso di materiali di precedenti costruzioni e la sistemazione della facciata nel XIV secolo con l’aggiunta del rosone e del portale di stile catalano che reca incisa la data del 1338. Una torre campanaria merlata affianca la costruzione.

104. S. Giovannello alla Giudecca

Una delle più antiche Chiese di Ortigia, dedicata a S. Giovanni Battista risalente al IV secolo, mostra il portale trecentesco sormontato da un rosone. Danneggiata dal terremoto del 1693 fu ristrutturata ma attualmente si presenta priva della copertura. L’interno, a pianta a croce latina presenta pilastri sormontati da archi a sesto acuto. Recenti ricerche d’archivio hanno permesso di riconoscere in questa chiesa l’ubicazione della sinagoga ebraica precedentemente individuata sotto la chiesa di S. Filippo Apostolo. I restauri eseguiti hanno ridato al monumento la leggibilità che merita.

83. Palazzo Interlandi in via Vittorio Veneto

La semplice severità della costruzione evidenzia tutte la particolarità dello stile gotico-catalano o chiaramontano: l’ampio portale al piano terra rifinito con l’elegante cornice aggittante, le bifore con colonnina centrale del piano superiore definito dalla cornice marcapiano per finire con le deliziose finestrelle di stile Tudor che concludono l’elegante facciata.

84. Palazzo Gargallo alla “Spirduta”

In via Gargallo si trova il più bello dei palazzi medievali ancora esistenti in Ortigia che racchiude tuti gli elementi caratterizzanti dello stile catalano, tipico del periodo della Camera reginale. Bellissimi la scala con parapetto a conci serrati, il portico, le bifore e il pozzo al centro del cortile.

105. Chiesa di S. Pietro al Carmine

Posta in via S. Pietro, dopo la piazzetta del Carmine, è una delle più antiche chiese di Ortigia, risalente alla fine del IV secolo ed è stata più volte trasformata. La prima trasformazione avvenne nel VII secolo quando si invertì la posizione dell’abside e della facciata da Ovest ad Est, mentre la chiesa veniva ampliata “aggiungendo alla facciata un nuovo corpo di fabbrica e cioè un transetto tripartito e mono absidato”. Ai primi del 1400 si aggiunse il portale gotico e vennero chiuse le precedenti aperture. Attualmente la chiesa è chiusa ma la sua nuova destinazione è in Auditorium.

85. Palazzo Gargallo di via Mirabella

Edificio dalla facciata armoniosa che ricalca le caratteristiche dei palazzi medievali: la parete a conci, il grande portale ad ogiva con modanatura sagomata, la cornice marcapiano, le finestre che al piano terra affiancano il portale e al piano superiore alleggeriscono la compattezza della costruzione. Bellissimi il cortile e il giardino interni.

106. Chiesa di S. Tommaso in via Mirabella

Fu fatta costruire dal vescovo Lorenzo nel 1199; la severità dello stile normanno è evidente nel portale con ingresso murato su via Mirabella mentre l’altro appare rimaneggiato. L’interno è a tre navate e sono pochi gli elementi originari rimasti per le successive trasformazioni. La chiesa, chiusa al culto, è stata restaurata ed è usata per manifestazioni culturali.

107. Monastero di S. Maria della Concezione. Ingresso da via Labirinto

Era il più antico monastero di Siracusa che nel 1320 fu trasportato entro le mura dal vescovo Pietro Montecateno. Fin dal XV secolo nel monastero di S. Maria si conservava il bussolotto per le elezioni dei Senatori, dei Giudici, dei Giurati, dei Consiglieri, degli Acatapani, del Tesoriere, del Notaro e del Console di Mare. Il monastero possedeva anche delle reliquie di S. Lucia: un velo, una tunica, e due scarpette, chiuse in una teca d’argento. Per la sua importanza e la ricchezza il monastero primeggiava tra tutti quelli della città ma fu in buona parte distrutto dal terre.

Lucia Acerra