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RINO PISCITELLO: GLI EMIGRANTI SONO ORMAI I GIOVANI SICILIANI

483.265 persone; quasi mezzo milione di emigrati dalla Sicilia verso l’Italia o il resto del mondo dal 2002 al 2017. 80.000 dei quali laureati. Nel solo anno 2017 sono partiti in circa 35.000.

Oltre il 10% dei siciliani ha lasciato la Sicilia negli ultimi 15 anni; in larga parte giovani, cioè il nostro futuro.

Non si tratta più di emigrazione; è spopolamento. È l’abbandono in massa di una terra che non fornisce più i mezzi per vivere, né la più importante delle motivazioni: la speranza.

Partono con loro i tanti sogni di un’isola che ha la storia e le caratteristiche di una nazione. Emigrano i cervelli sui quali è stato investito tanto del nostro patrimonio scolastico; espatriano le energie di chi avrebbe voluto costruire famiglie e vita nella propria terra.

Si tratta di una delle più grandi ingiustizie perpetrate nel corso della storia contro i siciliani (che pure di ingiustizie ne hanno subite tante).

Ci troviamo di fronte ad un’emergenza demografica senza precedenti che rischia di fare sparire non solo le piccole comunità montane, ma anche le cittadine di medie dimensioni che continuano a perdere popolazione e con essa servizi e qualità della vita.

Mezzo milione di emigrati, eppure tutto continua come se nulla fosse. In pochissimi sollevano il problema. La politica continua ad occuparsi delle vicende e delle polemiche nazionali. La stampa ne parla con discreta evidenza solo per un giorno in occasione dell’uscita di qualche studio del Censis, dello Svimez, dell’Istat o di qualche altro centro studi. E poi più nulla.

E trovi sempre qualcuno che dice che la colpa è dei siciliani che non hanno saputo scegliere le loro classi dirigenti.

È vero: in larga parte abbiamo avuto una pessima classe dirigente; ma non è che le altre regioni ne abbiano avuto una migliore.

La Sicilia si trova in queste condizioni perché le classi dirigenti che si sono succedute al governo nazionale dall’unità d’Italia ad oggi sono state espressione dei ceti imprenditoriali e finanziari del Nord e quelle siciliane sono state quasi sempre subalterne.

Il Ponte sullo Stretto non si fa, il Mose a Venezia sì. Allo stesso modo l’alta velocità arriverà al massimo a Napoli. Le strade e le autostrade siciliane se confrontate con quelle del Nord sembrano appartenere ad un altro Stato. Le scuole, gli asili, la sanità sono di serie B. Gli stessi fondi europei sono sostitutivi e non aggiuntivi rispetto alle risorse nazionali come sarebbe previsto dalle norme UE. E si potrebbe continuare all’infinito.

Tutto questo è frutto di una scelta precisa e ha responsabili precisi.

Il tempo per cambiare è solo adesso. Fra trent’anni, nel 2050, il 40% della popolazione siciliana avrà più di 65 anni e non si potrà più tornare indietro.

Occorre impegnarsi per una vera e propria inversione di rotta. Una rivoluzione pacifica, orgogliosa, rigorosa, e anche un pò autocritica, fatta dai siciliani che si mettono in movimento, al di là della loro collocazione, e siano capaci di allearsi con chiunque per il bene dell’isola.

Rino Piscitello, Coordinatore Nazionale di Unione dei Siciliani – Sicilia