Politica

LA GROTTA DEL CONTRABBANDO E IL FINANZIERE ARDIMENTOSO

Diverse sono le grotte di origine marina che si conoscono lungo la costa siracusana che va dal Minareto a Fontane Bianche. Tra le altre, quella che ha una singolare pagina di cronaca autentica, diventata col tempo epopea, è quella che si apre alla destra della torre d’avvistamento di Ognina, appena usciti dal porticciolo, che un tempo doveva essere l’estuario di un fiume preistorico, se ancora oggi vi sono diverse polle d’acqua dolce che ben si vedono scorrere quando vi è bassa marea e una delle quali si presenta tuttora come un pozzetto la cui acqua è servita ai vecchi pescatori se non per bere, chè a Siracusa nessuno oggi beve acqua se non cartonata, per lavare e per cucinare. In questa, nel recente passato si nascondevano i contrabbandieri in attesa che arrivasse l’imbarcazione che da Malta o da più lontano portasse di notte le “ bionde” da immettere nel contrabbando: per questo è chiamata “ ’a ’rutta d’’o ’nt rallazzu”.L’ultimo episodio, che l’introdusse nella storia-diciamo pure nella cronaca nera-fu quello che accadde la vigilia di Natale di circa 30 anni addietro e meritò l’encomio al brigadiere delle Fiamme Gialle Aurelio Manca. Il giovane finanziere, che comandava la caserma di Ognina, aveva da poco conosciuto una avvenente ragazza che abitava nei pressi di Fontane Bianche. Fu proprio nel rientrare in caserma oltre la mezzanotte che, facendo il solito giro di perlustrazione della zona, prima di andarsi a coricare, si avvide che dalla direzione della grotta partiva stranamente un fascio di luce. Si rese subito conto che non poteva provenire da una delle tante barche che sogliono an-cora oggi andare a calamari…Infatti proveniva dalla costa, esattamente dalla destra della torre di avvistamento. Il fi-nanziere era sardo; era anche un valente fotografo nonché appassionato suonatore di chitarra- ed era quello strumento che gli offriva l’occasione du trattenersi fino a tardi, quando non glielo impediva il servizio, a suonare ( perchè dire a strimpellare, se lo faceva con tanta passione, con tanta foga? ) in allegra compagnia. Pure essendo sardo, conosceva quella zona palmo per palmo; gli fu facile, pertanto, rendersi conto che quella luce non era di lampara a mare bensì di lanterna a terra. Così, per non destare sospetti, fermò la sua singhiozzante Cinquecento alquanto lontano dalla grotta e si avvicinò a piedi, cercando di fare il minimo rumore, ma soprat-tutto di non mettere un piede in fallo. In ciò lo favorirono un pallido chiarore lunare e il sereno della note stellare, di una di quelle notti dicembrine siracusane che fanno meravigliare al pensiero che Gesù nacque a Betlemme tra freddo e neve e fu riscaldato dal fiato del bue e l’asinello…A quei tempi, è giusto ricordarlo, non esistevano i telefonini, perchè, altrimenti, forse i contrabbandieri non avrebbero avuto bisogno di fare il segnale al motopesche-reccio con la lanterna e il brigadiere Aurelio Manca avrebbe potuto chiamare per cellu-lare i colleghi…Dovette attender parecchio, comunque, prima di percepire il rumore sordo d’un’imbarcazione che avanzava col motore al minimo per farlo sembrare simile a quello delle barche che pescavano. Non mancò molto, quindi, che poté scorgere la sagoma scura del motopescherecci o che si dirigeva in direzione del fascio di luce. Quando esso fu vicino, non gli fu difficile rendersi conto dell’ingegnoso sistema che i contrabbandieri adottavano per trasferire le casse di sigarette all’asciutto: scorse, infatti, l’ombra di un uomo sfilare dalla grotta e scendere guardingo lunga la scogliera. Là vi è un’altra specie di grotta, proprio sul mare e un’altra ancora a pelo d’acqua, dove la profondità del mare è pochissima: il posto ideale per scaricare le casse dal motopeschereccio a riva con una piccola barca che il brigadiere notò staccarsi dall’imbarcazione maggiore e guadagnare la riva a remi. Quello della barca porse la prima, poi la seconda cassa a quello che era sceso dalla grotta e che le depose all’asciutto. Fu allora che il brigadiere Manca fu certo che si trattava di sbarco di “ bionde”. E fu allora che con la pistola in pugno intimò l’alt. Altro che alt! I due se la diedero a gambe levate, che per poco non ci rimettevano l’osso del collo! Scomparvero in un batter d’occhio alla vista del finanziere, il quale non si prese affatto cura di inseguirli: indomito, salì sulla barchetta, afferrò i remi -i sardi sono buoni rematori -e si diresse verso il motopeschereccio. Gli altri due membri dell’equipaggio, che non si erano accorti di ciò che era avvenuto a riva e avevano interpretato lo spegnersi della lanterna come la fine del compito del segnalatore, stavano già porgendo un’altra cassa; ma appena scorsero la divisanera del brigadiere che stava già affiancandosi allo loro imbarcazione, capirono a volo il pericolo, abbandonarono cassa e imbarcazione e cercarono scampo con la fuga a nuoto.Anche questa volta l’intrepido brigadiere non si scompose. Ritenne più opportuno salire a bordo senza inseguire i fuggitivi, che presto guadagnarono l’asciutto e spari-rono come gli altri. Così, constatato che la nave era stata completamente abbandonata, si mise al timone e la guidò fino alla panchina del porticciolo come un provetto navigatore.Da allora il brigadiere Aurelio Manca tenne ogni notte d’occhio “ ’a ’r utta d’’o ’ntrallazzu”; ma non si vide più nessun contrabbandiere.Ogni tanto, però, chi ci va adesso, vi trova ancora un giaciglio e qualche siringhetta, ma niente “bionde”: segno che la grotta ha cambiato inquilini…

Arturo Messina