IL CORMORANO DI OGNINA E LA LEGGENDA DELL’ANELLO
Uno dei più caratteristici palmipedi che sta tra il gabbiano e l’oca e che è uno dei pescatori subacquei più formidabili, che i giapponesi usano come “ falco di mare, il cormorano, è tornato a Ognina.
Molti, in questo periodo estivo, sono andati a farsi il bagno in quella piccola insenatura
che si usa chiamare “ la piscina comunale” Ma il cormorano non l’avranno visto. Chi sosta, invece, al porticciolo, in attesa che arrivi qualche barca che ritorna dalla pesca e possa offrire – a caro prezzo, si capisce, perchè l’antico detto siciliano parla chiaro: <pisci a mari nun accattari, mulu a’ fera nun
vinnìri!> – una chilata di misto per la zuppa di pesce o qualche polipo che, se non state
attenti, vi abbranca una mano, avrà potuto ammirarlo. E si sarà potuto accorgere che è
uno stupendo esemplare di maschio che se la fa tra una barca e l’altra, di quelle ancorate in mezzo al canale. Oramai è divenuto di casa, quasi domestico, perchè i pescatori lo rispettano, gli si sono affezionati; si direbbe, anzi, che egli li aspetti perchè sa che ci esce sempre qualcosa: c’è infatti chi ha preso l’abitudine di allungargli uno dei pesci tolti freschi freschi dalla rete. Ma non sta mica in ozio! L’altro giorno, attraversavo, con il mio…
transisolotto, il canale per spingermi fino all’isolotto a raccogliere quattro ricci, non importa se maschi o femmine, giacchè mi servono esclusivamente per pescare ariuli e cavaleri (e si nun sunu cavaleri nun li vulemu!) con il mio sistema non brevettato ma perfettamente funzionante, che qualche volta che sono in vena di confessarmi, vi descriverò…
E non lo vedo fare un bel tuffo
all’angiolina, buttandosi dalla poppa d’un moto peschereccio? Ma non lo fa mica per sport o esibizionismo, come fanno quei ragazzotti, per farsi belli davanti alle signorine, i quali rischiano di fracassarsi il cranio, se… scoppanu malamenti, o di fratturarsi una caviglia, gettandosi da quello che chiamano fantasiosamente “il ponte dei baci Perugina, poco distante, all’Asparano!
Spengo il motore per non spaventarlo e sto ad aspettare che emerga; nel frattempo mi
avvedo che da quel punto dove egli si è tuffato, scappano a razzo centinaia di pesciolini: aspiranti cefali o minusa? Dopo di che lo vedo affiorare e prendere il volo. Lo seguo con l’occhio: va in direzione dell’isolotto. Allora ho la conferma di quanto mi hanno riferito i pescatori: mica è solo! Porta il pescato alla sua compagna, che ha nidificato proprio in qualche parte nascosta dagli sterpi che al centro dell’isolotto abbondano o in qualche spaccatura di scoglio.
Lì una volta, fino a una ventina d’anni addietro, c’erano anche dei conigli, “ultimo avanzo d’una stirpe infelice”, quando quello non era un isolotto ma un promontorio, oppure “ allevamento privato” di chi ve li aveva messi, pescatore o comandante
della caserma che fosse…
C’è chi l’ha vista, la femmina, aspettare, sopra uno scoglio, il ritorno con… la spesa per la famiglia.
Il cormorano, infatti, è un provetto pescatore: è capace di scendere fino a una trentina di metri sott’acqua, con buona autonomia di polmoni, da non invidiare affatto Enzo Maiorca, il recordman in apnea per antonomasia, che si allenava proprio in quelle limpide acque ognenitane….
Per questo i giapponesi lo usano proprio per pescare! Gli stringono con un laccio
la base del lungo collo, affinchè il pescato non finisca nel suo stomaco, e lo gettano
dal trampolino, dalla barca: poco dopo “Cormo”, come un falco addestrato, ritorna con la preda. I pescatori gli fanno sputare l’osso, pardon!, gli fanno rigurgitare i pesci, che poi vanno a vendere: e il loro guadagno è sicuro, pur non avendo richiesto da loro troppa fatica!…
Da poco i cormorani sono riapparsi a Ognina: l’inverno scorso ne sono state viste diverse coppie, aggirarsi tranquillamente dalla parte della torre di avvistamento. Lì ci sono grotte e rifugi naturali molto adatti per loro. Spero che la notizia serva a destare l’attenzione per averne il dovuto rispetto, sia da parte di chi ha a cuore, come il WWF, la serenità della nostra fauna protetta, sia da parte di
chi si facesse venire la tentazione di catturarli: come i gabbiani, non sono commestibili! C’era una volta, dunque, uno di questi stupendi cormorani – così dice un’antica leggenda, che un vecchio pescatore mi ha
raccontato, forse cambiandone il tempo e il luogo dove l’episodio era accaduto e trasferendolo a Siracusa ai tempi del tiranno Dionisio, a proposito di quello che si vede attualmente nel canale di Ognina.
Si racconta che fosse rimasto ferito ad un’ala e un giovane d’Ortigia l’avesse curato affettuosamente, tanto che l’uccello non si era voluto più allontanare dal benefattore, che lo aveva scambiato per una papera qualunque, di quelle che ce n’erano tante a Fontana Aretusa. Quale non fu la meraviglia di Caio, così pare si chiamasse il giovanotto, quando, un giorno che Cormo si era allontanato, facendo stare in pena l’amico che aveva sospettato una fuga dell’animale, che cioè l’uccello, volendo riacquistare la libertà, se la fosse data a gambe levate… diciamo meglio ad ali spiegate, lo vide tornare e rigurgitare un bellissimo cefalo di quasi un chilo! Il giovanotto lì per lì non capì; ma Cormo fu più esplicito: ne rigurgitò un altro, più piccolo, quasi per dirgli: “Quello grande è per te; questo piccolo è per me!” E con il becco gli avvicinò quello grande, mentre ingoiò quello piccolo. E così avvenne tutti gli altri giorni seguenti: “Il più grosso a te e il più piccolo a me!”
Ora avvenne che la schiava di Dionisio, portando a spasso il figlioletto del tiranno, lo riportasse senza più l’anello preziosissimo che gli avevano messo al ditino. Figuratevi l’ira del terribile tiranno:
Ladra! Ti farò lapidare! Hai tolto dal dito l’anello prezioso di mio figlio e te lo sei
venduto! Valeva un tesoro! Ladra! Se entro una settimana non restituirai l’anello, morirai lapidata! La povera schiava non sapeva che fare; di quell’anello non ne sapeva proprio un bel niente: lei sapeva solo che aveva portato a spasso il principino nei pressi della Fonte Aretusa, come al solito; non si era affatto accorta che l’anello preziosissimo, piuttosto largo per quello che era il ditino di quella creaturina, gli si era sfilato ed era caduto in acqua…
Io sono innocente! Ripeteva la fedele schiava piangendo e implorando pietà. Io
non l’ho rubato! Gli si sarà sfilato dal dito e sarà caduto o a terra o in acqua! Non sono
una ladra, io! Pietà! Sono stata sempre fedele servitrice! Il tiranno, su di giri al massimo per la rabbia, tuttavia, al veder piangere in quella maniera la povera schiava che era la più stimata della sua servitù, cominciò ad avere qualche sospetto che effettivamente la schiava poteva non essere colpevole; sguinzagliò tutte le sue guardie, tutti i suoi soldati, in tutti gli angoli della città e per mare, sperando che trovassero l’anello. Mise anche un ricco premio per chi glielo avesse riportato: era l’anello che si tramandavano da padre in figlio! Ma era sempre deciso a punire la povera schiava incolpevole, se non si fosse trovato: Dionisio era diabolico!
Mentre avvenivano quelle minuziose ricerche, ecco che il cormorano, Cormo,
come lo chiamava il padroncino, continuava a volare e a pescare: “ Quello grande a te, questo piccolo a me!” Giunse il settimo giorno da quando era sparito il preziosissimo anello e al tiranno Dionisio era cresciuta la rabbia sette volte. I banditori e i militari erano passati anche davanti alla casetta di Caio che conosceva la povera schiava, la quale nel frattempo era stata rinchiusa nella cella più fetida del palazzo reale, in attesa di essere giustiziata, a torto o a ragione. Quel giorno, Cormo, non si sa per quale motivo tardò a tornare, ponendo in ansia l’amichetto che, chissà perchè, ogni volta che l’uccello partiva aveva il presentimento che non tornasse più. Per giunta, quando finalmente tornò, facendo un ampio giro attorno alla casetta di Caio, pose davanti al giovane il pesce più piccolo e quello più grosso se lo ingoiò lui! Ma che gli prende oggi? Si domandò Caio, che ci rimase male a vedersi
trattato così. Ma quale fu la sua meraviglia quando, sventrando il pesciolino, vi trovò nello stomaco quel preziosissimo gioiello! Abbracciò come un fratellino Cormo
e corse alla reggia con tutto il pesciolino che ancora si dimenava, con l’anello nello stomaco. La schiava fu liberata e, siccome il tiranno Dionisio sapeva essere qualche volta anche generoso, la promosse caposchiava e al giovane diede il doppio del premio che aveva promesso a chi trovava l’anello. Così Caio potè comprarsi una casa nuova di zecca e una bellissima barca; ma fu sempre Cormo a procurargli i migliori pesci.
Arturo Messina