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NELLE SALINE DI SIRACUSA LAVORAVANO 50 PERSONE, ANCHE OGGI SI POTREBBE FARE UN PENSIERINO..

Tra le più antiche tradizioni collegate alla cultura agricola fin dai tempi più remoti vi era quello della produzione del sale. Nella letteratura greca, per esempio, chi non ricorda la leggenda di Ulisse al quale, dopo di essere tornato ad Itaca e di essersi vendicato sui Proci, fu ordinato per purificarsi dell’oltraggio fatto alla dea, di andare vagando per il mondo con un remo sulle spalle finchè non avesse trovato un popolo che ignorava l’esistenza del sale? Il metodo di produzione era tra i più semplici e naturali; si può dire che pur con il passare dei millenni non sia cambiato molto. Il luogo che si sceglieva per sfruttare meglio le acque del mare si può dire che fosse prettamente naturale e che l’uomo ag-giungesse poco di suo. Il bacino era si può dire perfettamente a livello del mare, onde farvi penetrare più facilmente le acque marine, facendole scorrere lungo dei canali o dei solchi, il cui fondo, per non fare assorbire l’acqua dal terreno sottostante, veniva reso impermeabile in vari modi, tra cui quello di porvi uno strato di argilla, sabbia e gesso oppure distendendovi delle alghe. Nei tempi moderni si agevolava lo scorrimento con i motori, affinchè l’inoltro delle acque, il ricambio e l’evaporazione avvenissero quanto più facilmente, conside-rando anche che vi fosse pure un’alta temperatura ed una buona ventilazione, per fare evaporare le acque più celermente e affrettarne la condensazione e la separazione dei componenti salini. I bacini evaporanti erano quelli dove appunto si compiva la concentrazione delle acque fino a saturarle di cloruro di sodio; i bacini salanti erano invece quelli dove si effettuava la separazione del sale commestibile dagli altri sali contenuti pure nell’acqua di mare. Nella condensazione dell’acqua marina, infatti, si condensa prima, al fondo, il carbonato di calcio che contiene ossido di ferro: per questo i settori del bacino assumo quella caratteristica colorazione rossastra, che da alcuni viene attribuita a certi batteri o muschi, ma non è stato ancora accertato. Altri ritengono che il caratteristico colore rossastro del fondo dei solchi delle sa-line sia dovuto a certe micro alghe che contengano ossido di ferro. Poi si deposita il solfato di calcio, che in qualche modo inquina il cloruro di sodio. In una fase successiva di concentrazione si separa e si deposita il solfato di magnesio. Altri elementi contenuti nell’acqua di mare restano in soluzione e formano le acque madri delle saline, dalle quali si può ottenere carnellite artificiale e bromo. Sale non disprezzabile, ma che noi non adoperiamo perchè ne troviamo tanto a bassissimo prezzo, vediamo formarsi su certe buche, a volte anche abbastanza estese, di tanti scogli, dove la forza del mare nelle grandi mareggiate, fa arrivare d’inverno l’onda: con il bel tempo l’acqua asciuga perfettamente, lasciando uno strato di parecchi centimetri di buon sale purissimo. Una volta vi era anche a Siracusa la salina, in contrada “Isola” nei pressi del Ristorante Faraone, al Faro Calderini, dove c’era il tiro al piccione o al piattello. Da quella salina si ricavava una considerevole quantità di sale, tanto che veniva-no caricate molte navi, con cui veniva trasportato anche all’estero. La raccolta del sale veniva fatta una volta in Aprile/Maggio e un’altra a fine Agosto. Era anche una delle più interessanti dal punto di vista paesaggistico, dato che si estendeva su una superficie, sebbene non molto ampia, nell’ambito del porto grande, per cui costituiva pure un’attrazione turistica. Essa, data la sua logistica, ancora oggi si presenta in una zona abbastanza immune dall’ urbanizzazione selvaggia. Dava lavoro a oltre cinquanta persone e fruttava abbastanza bene. Da oltre cinquant’anni la salina è stata abbandonata. Il motivo? Non si sa con precisione, se le commesse non mancavano e il sale che se ne ricavava era di ottima qualità, superiore al sale di miniera o salgemma. Quest’ultimo, infatti, richiede un trattamento molto più accurato perchè normalmente contiene diverse impurità che gli conferiscono non il colore bianco cristallino brillante come il sale marino, ma una certa colorazione, colorazione che varia a seconda del minerale che viene contenuto assieme al cloruro sodico, detto anche balite. Infatti esso si trova comunemente misto al gesso e all’anidride e ad altri minerali. Il salgemma o sale di miniera, tuttavia, pur non avendo le qualità del sale marino, richiede minor mano d’opera, per cui la sua estrazione è diventata a carattere industriale, specialmente in Calabria e in Sicilia, dove esistono notevoli giacimenti. Le saline, pertanto, hanno perduto gradualmente la loro importanza, anche perchè spesso si sono dovute scontrare con l’inquinamento delle acque, che ne hanno sconsigliato e fatto sospendere la lavorazione, quando le vaste estensioni adoperate a saline non sono state invase dalle costruzioni edilizie, come ad Augusta. Il bacino dove si estendeva la salina di Siracusa non era di proprietà dello Stato, come tante altre, bensì proprietà privata. Adesso c’è chi, come il geometra Gaetano De luca, vorrebbe riattivarla, sia in vista della possibilità di offrire lavoro ad almeno una cinquantina di operai, sia in vista del gran-de rivival, del ritorno alle radici, che ovunque si registra, e quindi anche nel nostro territorio, cioè la volontà di ripristinare le consuetudini e le tradizioni del passato. Pare che solo pochi anni addietro, quando era assessore l’avv. Baglieri, l’Amministrazione Provinciale ebbe l’idea di ripristinare questa salina, per cui si incaricò di rintracciare qualcuno dei vecchi “ salinari” che fossero in grado di riprendere l’antica attività. Se ne rintracciò soltanto uno, ma era troppo vecchio e non si ritenne in grado che potesse essere utile per potergli affidargliene la conduzione, sia per la veneranda età, sia anche perchè avendo interrotto per oltre cinquant’anni il lavoro, apparve avere un’esperienza già superata e inutile, visto che parlava ancora di istallare motori a miscela, già fin troppo anacronistici nei confronti delle moderne pompe idrauliche….Infatti sia per potere fare incanalare l’acqua dal mare lungo i settori dei bacini, sia per accelerarne l’evaporazione, si richiede l’uso di motori o pompe adeguate. Da allora, della salina del porto non se ne è più parlato da parte dell’ente pubblico. Ente pubblico che anzi pare abbia dimostrato addirittura insensibilità verso l’iniziativa che vorrebbe lanciare un privato, il suddetto geometra De Luca, ( figlio del caposalinaro d’una volta, nato nel 1906 ) che ha chiesto un contributo alla Provincia per riavviare la salina, ma la Provincia non ha inteso dargli retta! Eppure, se ancora si dovesse tardare, si sta rischiando di fare portar via dal mare tutto. Infatti il cordone della duna che trattiene la corrente marina si sta inesorabilmente perdendo, permettendo così al mare di penetrare nel bacino e inondarlo per larghissimo tratto! Strano che se da un canto c’è chi cerca di dare lavoro a cinquanta operai, in un momento in cui la disoccupazione nel nostro ambiente è arrivata al massimo, non debba trovare tutto il sostegno e la collaborazione che un’operazione di così grande importanza merita! Avendone chiesto notizia al dott. Macaudo, dell’assessorato provinciale all’ambiente, ci ha detto che non conoscono la pratica, anche se è a conoscenza dell’interessamento che l’ex assessore Baglieri aveva dimostrato per il ripristino della stessa salina, avendo proprio lui rintracciato l’ultimo dei salinari rimasto in vita, mentre dell’iniziativa e della richiesta di duecento milioni di Gaetano De Luca non è a conoscenza. Però il cartello che, a poca distanza di Faro Carrozzieri, indica l’esistenza delle “Saline” lo vediamo ancora.

Arturo Messina

 

 La foto delle Saline di Siracusa è di Salvatore Baglieri