PIPPO ANSALDI: CHI AMMINISTRA SNOBBA IL SEQUESTRO DEL DEPURATORE DI CANALICCHIO, SBAGLIA E’ UN FATTO DI UNA GRAVITA’ INAUDITA
La notizia del sequestro preventivo dell’impianto di depurazione consortile di Siracusa di contrada Canalicchio non sembra abbia provocato grande interesse né particolari preoccupazioni ai nostri amministratori, nonostante un analogo caso sia accaduto alcuni anni fa e per il quale è tutt’ora in corso un procedimento giudiziario nei confronti di SAI 8. Eppure l’episodio è di una gravità inaudita atteso che l’impianto che depura i reflui cittadini, quelli di Floridia e Solarino e quelli provenienti dalle zone costiere extraurbane, assicura il più importante dei servizi di igiene ambientale tutelando i corpi idrici superficiali, il nostro porto e le nostre coste dall’inquinamento fognario. L’impianto di depurazione della città di Siracusa, realizzato dalla Cassa del Mezzogiorno nell’ambito del progetto speciale n°2, entrò in esercizio nell’aprile del 1984 e fu il primo impianto in una città capoluogo della Sicilia, un fiore all’occhiello. Gli altri vennero costruiti molto tempo dopo. Dalle poche notizie stampa che sono state pubblicate, si è appreso che reflui non depurati sarebbero stati sversati abusivamente da una condotta di emergenza non autorizzata della centrale di sollevamento ubicata in contrada Fusco nel porto Grande di Siracusa tramite il torrente Grimaldi.L’impianto, in condizioni di esercizio al limite delle sue potenzialità, non sempre è riuscito a garantire il normale ciclo di depurazione soprattutto quando si sono verificate prolungate piogge, con un aumento di portata che hanno esaurito la capacità di stoccaggio della cosiddetta Storm Tank di contrada Fusco, provocando spesso ripetute fuoriuscite di liquami dalla stessa con allagamenti dei terreni circostanti e sversamento nel canale Grimaldi. Le indagini condotte dagli inquirenti, I risultati analitici dei controlli verificheranno le eventuali responsabilità imputabili a comportamenti gestionali non corretti. Lo scarico di emergenza è un dispositivo che consente al refluo in ingresso di scavalcare la fase ossidazione, quella fondamentale del processo depurativo. Andrebbe attivato solo ed eccezionalmente, in situazioni di grave crisi dell’impianto. Questa manovra è vincolata da una rigorosa procedura esecutiva che non può prescindere in primo luogo dalla comunicazione immediata dell’accadimento straordinario all’organo di controllo e all’autorità sanitaria. Si comprende bene dunque che procedure gestionali nel caso, per esempio, di malfunzionamento dell’impianto consentono lo smaltimento del refluo non trattato attraverso uno scarico di emergenza. E infatti l’originaria autorizzazione allo scarico dell’impianto di depurazione della città, rilasciata dall’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente con decreto n°171 del 2/4/1985, imponeva all’Amministrazione la riutilizzazione per usi industriali del refluo depurato e solo in casi di emergenza, per fatti eccezionali o disservizi, si consentiva lo smaltimento di detti reflui nel torrente Grimaldi con recapito finale nel Porto Grande. Per brevi intervalli temporali lo smaltimento a mare di reflui non depurati viene ben compensato dalla capacità autodepurativa dello stesso mare. La questione invece sollevata da più di vent’anni, la cui soluzione risolverebbe definitivamente anche episodi come questi, è l’insostenibilità dello scarico, ormai ordinario, del refluo depurato nel torrente Grimaldi e quindi a mare. Lo smaltimento nel torrente Grimaldi ha avuto nel tempo effetti assai gravi sulle già precarie condizioni qualitative del Porto Grande, in cui il ricambio idrico, soprattutto nel punto di immissione, è assai lento. L’accumulo di acque reflue, sebbene depurate e quindi con modestissima concentrazione di carico organico, ha, infatti, prodotto fenomeni di ulteriore ossidazione e di eutrofizzazione, che hanno reso impraticabile il tratto di mare compreso tra i circoli velici e la foce del fiume Anapo, notoriamente conosciuta come “plaia”.
Una delle soluzioni da adottare sarebbe quella di conferire i reflui depurati dell’impianto di Siracusa nel sistema di scarico dell’impianto di depurazione industriale IAS di Priolo e, quindi, nella relativa condotta sottomarina attraverso un impianto di sollevamento ed una condotta di mandata nell’acquedotto Ciane, strutture già esistenti.
In conclusione, può ancora una volta ribadirsi che la dimensione dei problemi è a tutti nota così come lo sono le soluzioni da tempo prospettate.
Non occorrono, perciò, indagini conoscitive e consulenze specialistiche. Tutto quello che andava detto è stato detto e sviscerato. Anche le denunce o prese di posizione pubbliche che di tanto in tanto vengono riproposte, non aggiungono alcunché e rischiano di assumere la veste di un refrain o di grida nel deserto. Anche le indagini della magistratura vengono ormai vissute come fatti episodici destinati ad essere riassorbiti dal muro di gomma della irresponsabilità collettiva.
GIUSEPPE ANSALDI – Comitato Parchi