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MAMMA PATRIZIA E’ SICURA: “MIO FIGLIO E’ STATO UCCISO”

 Patrizia ha 48 anni ed è una mamma. Patrizia prima del 16 febbraio del 2016 era una mamma come mille altre mamme al mondo. Da un anno, però, Patrizia è una mamma come Lucilla che ha perso il figlio Salvo Miconi, Rosy che ha affrontato la perdita del figlio Francesco Avola e Grazia la silenziosa mamma di Eligia Ardita.

Patrizia è una mamma alla quale, lo scorso anno, è stato strappato un pezzo di cuore. Perché mentre Patrizia faceva a rientro a casa, come ogni sera, invece di trovare il solito trambusto casalingo ha fatto la scoperta più atroce che un genitore possa mai fare, quella della morte di suo figlio Angelo De Simone. Trovato esanime, nel piccolo giardino di casa, appeso ad un laccio. E mentre la vita continua a scorrere, da allora il cuore di Patrizia batte a metà perché Angelo non c’è più.

Patrizia non ama parlarne. E’ una donna abbastanza silenziosa davanti agli sconosciuti. A qualcuno questa mamma potrebbe anche sembrare <antipatica>, perché Patrizia scruta l’interlocutore dalla testa ai piedi. Lo guarda con attenzione per comprendere fino a che punto può spingersi a parlare. La incontriamo casualmente al cimitero, e la nostra conversazione si fa veloce anche perché lei non intende toccare il lato processuale che vedrà la famiglia di Angelo De Simone schierata in prima linea per trovare quella verità che cerca spasmodicamente da un anno. Decidiamo di parlare con mamma Patrizia solo di Angelo, del suo Angelo. Di quel figlio sorridente e <casinista> che sconvolgeva la casa e che amava condividere ogni singolo momento con il suo inseparabile telefono cellulare.

Com’era la famiglia De Simone prima della morte di Angelo?
Una famiglia unita. Solare. Siamo sempre stati così, e probabilmente proprio per questo siamo stati anche molto invidiati. Una famiglia perfetta di persone che hanno lavorato onestamente per mantenere una casa ed i figli. Una famiglia serena.

Poi un giorno lei è tornata a casa ed ha visto una cosa che una mamma…
Non dovrebbe mai vedere! Fino alle tre del pomeriggio ero stata a casa con Angelo che scherzando, prima di uscire, mi aveva detto: <Pina, ci vediamo questa sera>. Mi ha dato un bacio e poi l’ho rivisto morto.

Sorride Patrizia mentre ci spiega che <Pina> o <Vicchiaredda> (ndr. vecchietta) erano i nomignoli che il figlio Angelo le dava affettuosamente. Sorride con la dolcezza di una mamma che cerca di ricucire quei pezzetti di cuore andati in frantumi in pochissimi secondi.

Quella sera lei è rientrata a casa pensando di ritrovare unita la sua famiglia <perfetta>. Arrivata davanti al cancelletto però attraverso le finestre che danno nel piccolo giardino nota la luce di casa accesa. Suona. Suona ripetutamente al campanello e nessuno le apre. Afferra le chiavi dalla borsa e le inserisce nel chiavistello. Probabilmente si sarà pure innervosita ed avrà sbraitato. Poi, invece…
Quello che è successo non si può descrivere con semplici parole. Suonavo al citofono senza che nessuno mi rispondesse. Mi sono innervosita, sono entrata ed ho iniziato a gridare rimproverando le solite disattenzioni dei figli. Poi ho visto delle scarpe ed ho subito capito che si trattava di Angelo. Pensavo che mio figlio fosse appoggiato al muretto visto che in quel punto c’è una presa di corrente e che fosse con il suo telefono, come sempre. Mi sono arrabbiata e gli ho urlato contro: <Sei lì e non mi dai nemmeno conto? Mi fai parlare da sola?>. Angelo non rispondeva. Mi sono avvicinata e mi sono trovata davanti ad un incubo. Angelo era morto.

E il cuore della mamma si è fermato.
Tutta la mia vita si è fermata in quel momento.

Qual è stata la cosa alla quale ha pensato immediatamente?
L’hanno ammazzato.

Casa De Simone si trasforma in pochissimi minuti in uno scenario d’orrore. Patrizia urla. Si dispera. Chiama al telefono il marito Maurizio e urla, urla: “E’ morto. E’ morto. E’ morto“. Come se la scultura di Michelangelo Buonarroti prendesse forma e plasticità, Patrizia prova a “staccare” suo figlio da quel laccio e lo abbraccia, lo accarezza rievocando quella <Pietà> di una madre alla quale viene strappato il bene più grande e profondo, un figlio. A casa De Simone arrivano in sequenza gli altri due figli di Patrizia e poi papà Maurizio.

La Polizia piomba subito in quella piccola casa costruita con amore dai De Simone. A seguire arriva anche il personale del 118. I momenti sono concitati. E tutto sembra correre veloce ma lento allo stesso tempo.

Cosa ha fatto quanto ha avuto suo figlio, morto, tra le braccia?
L’ho abbracciato. L’ho abbracciato forte e gli ho dato tanti baci. E poi? Poi mi hanno spostata per lasciare spazio al medico ed al personale del 118 che ha tentato di rianimare Angelo attraverso il defibrillatore ma niente. Angelo era morto.

Da quel giorno Patrizia è un’altra persona. Cos’è cambiato nella sua vita?
Tutto. La mia vita, quella di mio marito e quella dei miei figli è completamente stravolta.

Quando rientra casa, qual è il ricordo più dolce che le torna in mente di suo figlio Angelo?

Mio figlio che rientrava in casa facendo casino. Angelo era un casinista. Ricordo quando iniziava ad urlare a squarcia gola i cori dello stadio. Certe volte non lo sopportavo ed adesso? Adesso pagherei per riascoltare quei cori del Siracusa. Anzi, se potesse servire a farlo tornare indietro li urlerei anche io. Andrei anche allo stadio nonostante a me il calcio non piace per niente.

Lei come mamma e tutta la famiglia, purtroppo, oltre al dolore per la scomparsa di Angelo avete dovuto sopportare anche qualche cattiveria gratuita…
Si, certo. Quelle non mancano mai. Ma sai che ti dico? Il fango sul pulito scivola. Non raccolgo e non raccoglierò mai nessun tipo di provocazione in quanto credo fermamente che l’ignoranza non vada mai alimentata ma fermata.

Angelo riesce a ricordarlo sempre come quel figlio casinista che le rivoluzionava la vita, o purtroppo prevale l’ultima immagine che ha avuto di lui?
Purtroppo prevale l’ultima immagine che ho di Angelo, soprattutto la notte quando il cielo diventa scuro. Quando cala il buio non riesco ad uscire in giardino. Prima, invece, stendevo la biancheria anche la notte in quei pochi metri quadrati dove mio figlio ha trovato la morte.

Quando Patrizia va a trovare Angelo al cimitero parla con suo figlio e gli chiede darle un segno, di farle trovare la giusta strada verso la verità – “ed il segno me l’ha anche dato, secondo me. La notizia che qualcuno ha creduto nel fatto che Angelo non si fosse suicidato ma che fosse stato ucciso da qualcuno, spingendo alla riapertura del caso, è arrivata proprio nel primo anniversario della morte di mio figlio ad un’ora prima dalla messa in suo ricordo” – dice Patrizia.

Quando Angelo è stato trovato morto, la casa era in fase di ristrutturazione ed lui non aveva ancora una vera e propria stanza. Ma era comunque la sua. Quella con le sue cose. Quella stanza adesso ha quasi sempre la porta chiusa, ci racconta mamma Patrizia. Lei entra in quella stanza ma vuole che la porta resti chiusa. Non riesce a guardarla quella porta. Non riesce a guardare quello che è rimasto a fermo immagine nei suoi occhi. Gli indumenti sul letto. La televisione accesa. E il telefonino sul mobile insieme agli occhiali.

Patrizia non ha nessuna parola non detta. Con lui, con Angelo c’era uno splendido rapporto. Io e Angelo ci differivamo di quasi vent’anni, non dico che eravamo come fratello e sorella ma mi sarei accorta se mio figlio avesse mostrato qualche segno di depressione, come si supponeva all’inizio. Non mi poteva nascondere niente, come non può nascondermi niente nessuno dei miei figli. Sono una madre e per capire i miei figli mi basta solo guardargli negli occhi.

Mamma Patrizia muove nervosamente le mani tra i capelli. E ci confessa che ha dormito poco la notte passata. Ha dormito poco perché ha trascorso parte delle ore notturne a piangere ed urlare. Purtroppo noi della stampa l’abbiamo inconsapevolmente ferita con dei dettagli sull’autopsia di cui Patrizia era a conoscenza solo marginalmente. Ha pianto Patrizia perché quando le hanno dato il fascicolo da consegnare l’ha consegnato senza aprirlo. Perché il cuore di Patrizia. Il cuore della mamma non voleva vedere tutto.

Ho avuto una crisi di nervi. Ho urlato: <non ce la faccio>. Qualcosa la sapevo ma leggere alcuni dettagli mi ha fatto ancora più male. Ho pensato tutta la notte al fatto che qualcuno abbia fatto del male a mio figlio e questo non lo accetto, per una mamma è pesante.

Patrizia ha accettato il fatto che Angelo non tornerà più a casa. Nonostante ciò, però, e nonostante sia “finalmente finito” – dice Patrizia, sento il profumo di Angelo. Quel profumo che le piaceva tanto e che le ricorda inequivocabilmente suo figlio.

Sopravviviamo – dice Patrizia – la nostra non è più vita nonostante la famiglia sia rimasta unita anche davanti ad un dolore così grande. Sopravviviamo grazie al fatto che abbiamo cambiato anche le nostre abitudini. Dal giardino abbiamo levato il tavolo dove ci piaceva sederci quando facevamo le nostre grigliate di famiglia ed il barbecue ha fatto le ragnatele. Fuori esco solo perché devo stendere il bucato e per controllare il nostro cane.

Il cane che…

Il cane che ha visto tutto quella maledetta sera. Il cane che se solo potesse parlare racconterebbe tutta la verità. La verità che ha sicuramente visto. Lo stesso cane che per più di quindici giorni dopo la morte di Angelo non è più voluto uscire in giardino nonostante ci viva quotidianamente.

Abbiamo rubato troppo tempo a mamma Patrizia, e ci auguriamo che questa non sia l’ultima chiacchierata. Prima di salutarla e lasciarla da sola con il suo Angelo, le rivolgiamo solo un’ultima domanda. Una domanda forse forte. Una domanda che non possiamo evitare di porle, nonostante conosciamo già la sua risposta. Conosciamo la risposta di una giovane mamma che sogna spesso suo figlio. Lo sogna mentre le sorride. E per lei quei sogni dove Angelo sorride, oggi hanno un senso diverso che potrebbe condurla, magari, verso la verità su quanto accaduto quel tardo pomeriggio del 16 febbraio 2016.

Angelo si è ucciso o è stato ammazzato?
Angelo è stato sicuramente ammazzato.

 Alessia Zeferino