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MICHELE MARCHESE: SIAMO UNA CITTA’ IN COMA, DOBBIAMO LOTTARE TUTTI INSIEME

Da quando il mio medico curante mi ha consigliato di camminare un’ora al giorno e bere due litri di acqua, sempre al giorno, e così non mi avrebbe prescritto alcun medicinale, ho preso il consiglio come l’undicesimo comandamento. Giro la città, spesso preferisco andare e tornare a piedi dalla zona San Giovanni a Ortigia, riscopro viale Cadorna e il suo ex “vallone”, via Archia, il corso Umberto. Sì, riscopro visto che spostandomi in macchina, specie alla guida, ho avuto poco da osservare.
E così, quasi a fine della settimana ora conclusasi, dopo avere percorso la parte iniziale di via San Sebastiano, scendendo da San Giovanni al viale Teocrito, ho notato a sinistra ben nove saracinesche abbassate, cinque delle quali con “affittasi” diventati vecchi e mi è venuto di guardare a destra dove il palazzo prima sede della Polizia di Stato e poi dell’Asl è tutto chiuso, con le varie porte sbarrate e con i segnali specifici di un quasi abbandono. Con la speranza che si tratti di un caso isolato, mi sono spostato verso il viale Cadorna e, sempre passeggiando, ho notato diecine e diecine di bassi commerciali, fino a poco tempo prima sedi di avviate attività economiche, chiusi con il segno dell’abbandono, e non solo nella parte che arriva all’angolo di via Sofocle, ma anche scendendo e da qui tanti bassi sbarrati anche sulla destra.
Giunto a destinazione e dopo una breve sosta in via Duca degli Abruzzi, ho deciso di ritornare, passeggiando, al viale Teocrito e quindi, dopo via XX settembre, con i suoi scavi non certo spazi che attirino i turisti, piazza Pancali, il ponte Umbertino e quindi il “rettifilo” camminando sulla banchina lato destro verso il “pozzo ingegnere”. E’ bastato arrivare all’altezza di via Palermo e notare al suo angolo con corso Umberto tutta una serie di saracinesche abbassate, di vetrine coperte con fogli di giornali, e questo in ambi i lati del corso. E “passeggiando” mi è venuto in mente il pensiero di un cammino in una città morente. Addirittura subito dopo il Palazzo della Provincia (continuerà a chiamarsi così?), per la potatura degli alberi il percorso è limitato per le auto e sconsigliato per i pedoni.
Continuo per via Catania, corso Gelone… La mia impressione non cambia visto che anche in quello che dovrebbe essere il centro commerciale per eccellenza si nota qualche negozio chiuso. Però non mi sfugge di notare l’aumento del costo del tagliando di sosta e gli spazi liberi; un passante mi fa notare la impossibilità a sostare anche al Molo S. Antonio, al Passeggio Talete, ovunque e senza parlare delle soste in Ortigia riservate ai residenti che non ci sono e alle tante multe, anche a non siracusani, che non notano “riservato ai residenti in Ortigia”. Due considerazioni: 1) è possibile che ogni residente dispone di due auto e forse più? 2) Chi ci amministra ha deciso di fare morire l’economia siracusana e di soffocare Ortigia con la sua via “delle Maestranza” diventata anch’essa regina dell’abbandono?
Una città morta o quasi?, mi sono chiesto.
Tutto è perduto? Siamo anche vittime dell’euro e degli accordi europei con paesi del Mediterraneo che dopo avere riempito le nostre città di loro abitanti e portato alla morte le nostre economie, con in primo luogo l’agricoltura, ci spingeranno ad emigrare verso nuove aree, nuovi continenti? No! Il mio spirito di sopravvivenza mi fa dire: Torniamo alla repubblica del 1945, quella che ricostruì l’Italia distrutta e senza industrie, senza strada, senza porti, quella dei De Gasperi, Togliatti, Nenni, Saragat, Malagodi, Reale, Berlinguer, Moro, torniamo ad autogovernarci, prendiamo esempio di altre nazioni come l’Irlanda, eleggiamo i nostri amministratori. Convinciamo le nuove generazioni che non li abbandoniamo, invitiamoli a fare tesoro delle nostre esperienze, di rimproverarci eventuali errori ma di non credere ai falsi profeti al servizio delle lobby che vogliono governare senza il voto democratico del popolo.
La speranza, come sempre, deve essere l’ultima a morire.

Michele Marchese