Politica

FECE L’AMORE COL GIARDINIERE, LA MISERO IN MANICOMIO, NON USCI’ PIU’

Era una donna. Di quelle inghiottite dalla discarica sociale chiamata manicomio e mai più da lì uscite. Ne racconto qualche scampolo, venuto alla mente dopo la nota su Rosanna Benzi. Era la figlia più giovane d’una famiglia di notabili catanesi (questa fu la sua rovina). Aveva sedici anni, due in più di Rosanna. Entrambe scomparvero dal mondo per restare per il loro rimanente tempo da viventi l’una in manicomio, l’altra dentro un cilindro metallico che per lei respirava. Scomparse dalla scena, i loro destini si divaricarono. Di Rosanna ho detto. Adesso tocca a Perla. Quando la conobbi, allora con il mio collettivo mi occupavo dei manicomi prima della 180, aveva un’età indefinita. Lei non si ricordava bene. Direi dai cinquanta ai sessanta. Sformata, grassa, di quella forma che dosi massicce di psicofarmaci (niente a che vedere con le generazioni attuali di questi medicinali) inattività, totale passività, sporcizia ( mancanza di cura di se) imprimono al corpo. Il clima del manicomio di Siracusa era cambiato. Il nuovo direttore, forse anche con la nostra sponda, aveva cambiato molte cose. Sì, c’era ancora l’albero degli impiccati ed i letti di contenzione, il reparto degli incurabili ( mi pare il sesto); ma non c’erano più esperimenti medici, sì avete capito bene, che inutilmente avevo denunciato, e tutto il resto. Ogni carnevale altri volontari scout organizzavano una festa da ballo. Ed io ci portavo i miei alunni (alcuni di loro mi leggeranno, e c’erano). A loro serviva come bagno di realismo ed a conoscere, nella sofferenza, la capacità di apprezzare ciò che avevano. Ai degenti per fare festa, non sentirsi sempre spazzatura, ma persone. La cosa più bella fu “la festa degli aquiloni”. Allora insegnavo ad Avola. Portai non solo i mei alunni ma anche i bambini d’un circolo didattico. Ognuno doveva costruirsi un aquilone. Ed i “degenti” dovevano costruire i propri, il direttore in persona partecipò ed anche alcuni giovani psichiatri. Alcuni di loro possono leggermi, se credono. Era una bella giornata ed, all’aperto si incontrarono le voci di vita dei bambini di Avola, colorate dagli aquiloni, ed i silenzi curiosi dei degenti che parteciparono, Si andava ormai verso la 180. Perla, dicevo aveva 16 anni e fece l’amore con il giardiniere. La famiglia per soffocare lo scandalo fece ricorso ad un mezzo allora possibile, bastava che il medico di famiglia fosse compiacente. Fu dichiarata pazza. Ed internata. Aveva 16 anni e non ne uscì più . Quando la conoscemmo a volte ce la portavamo fuori, nei locali del consultorio AIED che avevo aperto in città. Stava con noi. Niente di che. Non piangeva mai raccontando la sua storia. Non aveva nemmeno rabbia. La rassegnazione l’aveva fatta sopravvivere. Faceva parte del nostro gruppo anche un magistrato con il quale mettemmo insieme le nostre battaglie civili. Nacque la prima cooperativa (Tempi Nuovi) che dava lavoro ad un gruppi di “ degenti”. Quella cooperativa esiste ancora. Fra gli animatori-custodi della stessa c’era un mio ex alunno, (la cui moglie mi può leggere perché è fra i contatti). Se ne occupò per dieci anni e forse di più. Poi Perla fu inghiottita dal silenzio definitivo .
Perché raccontare questo? Solo per cercare di far capire cosa era il manicomio, come ci si finisse, come nessuno ne uscisse e cosa ha rappresentato la legge 180 e quel faticoso cammino che, insieme, ci ha portato verso un Paese più civile e progredito. Un paese le cui indubitabile grandi conquiste dobbiamo sempre difendere da chi ci vorrebbe riportarci indietro. E sono molti.

Elio Tocco