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EMILIO ZUCCARINI CI RACCONTA LE BELLEZZE DI SIRACUSA, UN GIOIELLO LACERO E VILIPESO

LA MARINA
Ho fatto una passeggiata al Foro Vittorio Emanuele II o Foro Italico, la cosiddetta passeggiata pensile della marina dei siracusani, banchina alberata realizzata nel 1836 che è delimitata fra il mare e i bastioni spagnoli sui quali decorre, dalla porta marina realizzata nel 1599, il Passeggio Adorno (o Passeggio Aretusa) creato nel 1865 che dall’alto domina la banchina.
Il 7 maggio 2016, nell’ambito dei lavori di ristrutturazione del porto grande per cui sono stati stanziati complessivamente 28 milioni di euro è stata inaugurata la ristrutturazione della suddetta banchina del 1836, alla presenza di illustri esponenti politici della Regione Sicilia e del Comune di Siracusa ed essendo il governo regionale e il Consiglio Comunale di Siracusa di centro-sinistra gli onori, e gli oneri, di casa spettavano, di diritto, principalmente al deputato regionale del PD Bruno Marziano assessore regionale alla Formazione e Pubblica Istruzione e al sindaco di Siracusa, sempre del PD, Giancarlo Garozzo che ha materialmente inaugurato, con il taglio del nastro, il restyling della banchina Foro Vittorio Emanuele II o Foro Italico. Banchina ristrutturata in maniera moderna per accogliere imbarcazioni di grande stazza e progettata per resistere all’azione del mare. Talmente moderna, infatti, anche nell’estetica in quanto nulla delle nuove attrezzature contemporanee applicate ricorda gli antichi splendori della banchina nata nel 1836. La banchina si caratterizza per la presenza di lampioni e di panchine cubiche in cemento armato di stile recente per cui della banchina del 1836, che anticipa i bastioni spagnoli ed il predominante Passeggio Adorno del 1865 protetto sul ciglio di tali bastioni da una lunga ringhiera in ferro battuto non è stato richiamato nulla del periodo di nascita. Lampioni e panchine forse più adatte ad illuminare e fare da cornice alla pista ciclabile di Siracusa o delle banchine di un porto di più moderna costruzione o di un porto commerciale non certamente per il restauro di una banchina storica del 1836 che ha la prevalente funzione di un porto turistico. Ritengo, a mio modesto avviso, che dei lampioni eleganti e delle panchine in ferro battuto ed un mosaico lungo il rettangolo della banchina avrebbero in modo meglio attinente alla storia di Siracusa celebrato tale sito storico. Le stesse bitte avrebbero potuto richiamare esteticamente quel periodo e le colonne attrezzate per l’erogazione dell’energia elettrica e dell’acqua per le imbarcazioni potevano essere oggetto di un camouflage d’epoca.
IL PONTE UMBERTINO
Nulla che ricordi anche il Ponte Umberto I, classificato fra i 30 ponti più belli d’Italia, che unisce l’isola di Ortigia a Siracusa con il proseguente Corso Umberto I; ponte in muratura intercluso fra due ali di fine ottocento con presenza di adeguati lampioni d’epoca in ferro battuto a due e tre braccia con sistema di illuminazione sferica, che sostituì il precedente ponte ligneo, i cui lavori, sorvegliati dall’ingegnere Mazzarella e dal suo assistente l’ingegnere Di Chiara, su un progetto proposto dall’ingegnere Rosano, hanno avuto corso tra l’1 ottobre 1867 ed il 1870. Ponte che successivamente è stato in più occasioni oggetto, anche fino a pochi anni fa, di opere di restyling. Un altro bell’esempio dei caratteristici sistemi di illuminazione dell’isola di Ortigia con base al suolo sono presenti nel Palazzo Giovanni Vermexio, detto anche Palazzo del Senato, realizzato trai il 1629 e il 1633, dallo stesso Giovanni Vermexio, ultimo architetto di una famiglia di architetti spagnoli insediatasi in quel periodo a Siracusa. Storico palazzo che è, attualmente, la sede del Municipio della Città di Siracusa e degli uffici del Sindaco. Proprio ai lati dell’ingresso di questo splendido edificio vi sono due meravigliosi lampioni in ferro battuto a cinque braccia con sistema di illuminazione sferica che ricordano quelli collocati ai lati del ponte Umberto I.
Ed esattamente di fronte al palazzo Vermexio, a pochi metri di distanza, c’è il Palazzo Beneventano del Bosco un palazzo ottocentesco, considerato uno dei palazzi più belli della città, opera dell’architetto siracusano Luciano Alì, il cui ingresso è contraddistinto da una pavimentazione con uno splendido mosaico e l’ingresso illuminato da un lampadario a lanterna in ferro battuto (foto numero 4) che avrebbe potuto essere d’ispirazione per l’ipotetico mosaico da applicare al rettangolo del Foro Italico-Vittorio Emanuele II, un dolce gioco geometrico che ravviverebbe il paesaggio con una differente visuale osservata dai passeggiatori della banchina, quelli del sovrastante Passeggio Adorno e dei diportisti che attraccano nella nostra banchina.
IL TRAFORO
Ho proseguito, la mia passeggiata, attraversando il traforo (Corso Vittorio Emanuele II) che si trova ai piedi del punto più alto dei bastioni spagnoli; corso-traforo famoso per accogliere un giardino secolare illuminato da coerenti lampioni d’epoca a con un solo braccio con sistema di illuminazione a lanterna sempre in ferro battuto in cui sono presenti l’edificio della Guardia Costiera e l’ingresso dell’acquario tropicale di Siracusa la cui uscita sbocca all’interno della Fonte Aretusa. Pertanto, nel breve percorso dalla banchina del Foro Italico-Vittorio Emanuele II al Traforo-Corso Vittorio Emanuele II c’è un disarmonico passaggio da un aspetto in parte moderno ad un coerente aspetto integralmente attinente all’epoca di nascita. Dal Traforo-Corso ho percorso la via di competenza demaniale e non comunale, che lambisce il mare e la Fonte Aretusa.
E proprio in prossimità dei cosiddetti sette scogli il demanio ha affidato ad un privato una concessione immateriale per l’applicazione di una terrazza solarium che ben si inserisce nel contesto paesaggistico. Concessione che riprende le modalità di quelle autorizzate fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo d.C., per consentire ai siracusani di andare al mare considerato che con i sistemi di trasporto di quei tempi era alquanto difficoltoso, se non impossibile, raggiungere le attuali Arenella e Fontane Bianche.
IL TEATRO
Quindi ho prolungato la mia passeggiata fino ad arrivare in Piazza Duomo, attraverso l’adiacente Piazza Minerva mi sono introdotto in via Roma di cui in una suggestiva via collaterale, la via del Crocifisso il comune ha concesso a ristoratori locali di mettere dei tavolini all’aperto che danno un aspetto molto caratteristico e piacevole a questa via curvilinea; fermo restando che i vicoli di Ortigia non possono essere esclusivamente luogo di apertura di appendici di ristorazione ma è necessario individuare vicoli dedicati all’apertura di appendici culturali come ad esempio gallerie d’Arte dove lì si che è possibile dare vita anche a manifestazioni d’arte moderna, manifestazioni che possono comunque esprimersi anche in spazi aperti. Ma avanzando sempre per via Roma arrivo in prossimità del Teatro Massimo Comunale di Siracusa la cui costruzione, avvenuta sui resti di edifici ecclesiastici distrutti dal terremoto del 1693, iniziata nel 1871 ed affidata dall’architetto Antonio Breda si è conclusa nel 1887 con la conduzione dei lavori affidata all’Ingegnere Giuseppe Damiani Almeyda.
Il teatro ha un prospetto architettonico maestoso e raffinato in stile classico neorinascimentale il cui ingresso per le allora carrozze è illuminato da lampioni in ferro battuto a tre braccia con sistema di illuminazione sferica richiamano quelli del Palazzo Vermexio e del Ponte Umberto I e i lati sono uniti da una facciata, unica nel suo genere, posta ad angolo di 45° coronata da un timpano recante un’aquila dalle ali spiegate antico simbolo della nostra città. Facciata oggetto di concessione immateriale per un esercizio commerciale di ristorazione di cui i classici arredamenti costituiti da vasi con piante, ombrelloni tavolini con sedie di cui uno inserito in una cavità architettonica della facciata ne occupano e ne ostruiscono la visuale. Un teatro comunale in stile neo-rinascimentale, o in altro stile, è un luogo sacro, una sacralità laica e culturale, un luogo intoccabile la cui facciata storica non può essere oggetto di concessioni immateriali per fini commerciali privati la cui rendita per le casse comunali, oltretutto, è di modesta entità. Concessione impossibile da autorizzare anche a cifre superiori.
LE NOSTRE RICCHEZZE
Siracusa, che è stata la capitale della Magna Grecia è una città che possiede:
– il 40% del Patrimonio Siciliano dell’Unesco con 3 siti: Siracusa, la Necropoli di Pantalica, le Città tardo-barocche della Val di Noto fra cui Noto e Palazzolo Acreide e la Val di Noto.
– 5 siti archeologici nella città di Siracusa che corrisponde al maggior numero di siti archeologici per singola città della Sicilia;
– 18 siti archeologici della Provincia di Siracusa che corrisponde al maggior numero di siti archeologici per singola Provincia della Sicilia, per un totale, quindi, di 23 siti archeologici.
In questo contesto l’isola di Ortigia la cui superficie è inferiore ad un km quadrato è un concentrato di siti storici che vanno dall’ VIII secolo a.C. agli albori del XX secolo d.C. per cui ogni angolo o zona rappresenta un’epoca che ricopre questo arco di tempo.
Attraverso Ortigia la cultura e la democrazia greca sono arrivate in Italia, in Europa e nel Mondo Occidentale. Attraverso Ortigia San Pietro, arrivato da Malta, ha portato il Cristianesimo in Italia, in Europa e nel Mondo Occidentale. Nulla che sia estraneo a questo contesto storico può fare parte di Ortigia. La modernità deve appartenere alle infrastrutture che devono mettere in sicurezza o recuperare le componenti urbanistiche secondo le norme vigenti, non nell’aspetto esteriore. Siracusa ha le competenze culturali, che conoscono perfettamente ogni pietra, via o edificio di Ortigia, per realizzare tutto ciò. Ciononostante quella parte di cultura che riesce ad inserirsi fra gli scranni del Palazzo Vermexio deve interagire con diversificate logiche politiche. Logiche che consentono, ancora oggi, dove Siracusa è protesa a diventare un importante polo turistico, a lingue e strutture di cemento, perimetri di asfalto ed improponibili strutture architettoniche moderne, di insediarsi in questa isola unica al mondo di cui l’esempio più lampante è il Parcheggio Talete intitolato al filoso greco del VII secolo a.C. il cui nome è stato accomunato ad una enorme struttura in cemento armato, paesaggisticamente e culturalmente non sostenibile, collocata sulla costa a pochi metri dal mare che non ha nulla di attinente con l’illustre vita di Talete e l’illustre storia di Ortigia. Proprio di fronte a tale parcheggio sul Lungomare di Levante Elio Vittorini, che, in questa zona, ha perso la sua principale funzione toponomastica di lungomare in quanto il mare non si vede più perché c’è il Parcheggio Talete sono presenti, in prossimità di rovine archeologiche, una sequela di lampioni in ferro battuto a 3 braccia con sistema di illuminazione a lanterna simili a quelli del giardino del Corso-Traforo Vittorio Emanuele II. Ecco il sistema di illuminazione che avrebbe dovuto essere preso in considerazione per illuminare la banchina del Foro Italico, sistema che si sarebbe armonicamente coniugato con quello conseguente del Giardino del Corso-Traforo Vittorio Emanuele II. Originariamente la banchina era illuminata, infatti, proprio da lampioni in ferro battuto.
NIENTE MODERNITA’ IN ORTIGIA
Ortigia, pertanto, deve essere ricondotta ad una restitutio ad integrum di tutti i suoi antichi valori e splendori ed ancor più perfezionata, in alcuni casi, come quello della banchina del Foro Italico, seguendo gli schemi dell’epoca di riferimento.
L’unica struttura moderna tollerabile che attesti la presenza del XXI secolo, è, esclusivamente dal punto di vista funzionale, il ponte di Santa Lucia realizzato in stile moderno ed inaugurato definitivamente nel 2004, in stile moderno, in previsione dell’abbattimento del ponte dei Calatafari. Ponte di Santa Lucia il cui decorso parallelo al Ponte Umberto I provoca una dissonante visione fra un ponte ottocentesco e un ponte che in un simile stile avrebbe dovuto essere realizzato.
Il terzo ponte di Ortigia, il ponte dei Calafatari, infatti, è stato recentemente demolito perché pericolante (è la tesi dei demolitori non condivisa da altri tecnici ndr) e tutta l’area circostante sarà bonificata e pare sia stato già deciso che prenderà tutto un altro aspetto. Tutto ciò che ha una sembianza differente da ciò che Ortigia o altri siti storici di Siracusa dovrebbero in realtà avere è ben percepito dagli osservatori esterni il cui giudizio può decretare il successo o meno di un determinato settore turistico. Gli aspetti innovativi o futuristici vano riservati ad altri siti da costituire ex-novo o soggetti ad opere di restyling come i siti sportivi o il viadotto della Targia.
Emilio Zuccarini