Politica

ORTIGIA E’ UN GIOIELLO, MA NON BASTA IL MITO SE C’E’ IL DISDORO

Ortigia, gioiello solitario nel  Mediterraneo. Fra incanto e sogno, nel mezzo la realtà.

L’isola di Ortigia, gioiello nel Mediterraneo, anima superba e  mirabile, galeotta di storie e leggende,  diva indiscussa del mondo antico,  quest’estate non si incornicerà di vacanzieri incapricciati dalle blandizie eterne ed imperiture del nostro patrimonio culturale, non si immortaleranno in foto e filmini per ricordare e rendere unici e mirabili i loro momenti di villeggiatura. I numi, con i siracusani, non sono stati avari. La classicità greca e romana ci ha lasciato un tesoro immenso, inestimabile, eroico, tanto da essere ricordato in testate giornalistiche internazionali, quali il Times e il The Guardian. Chapeau! Ma dietro a cotanta bellezza, nei meandri, non tanto nascosti, si  vedono  anche i ratti che indisturbati fanno capolino tra rifiuti dei cassonetti stracolmi, si vedono le auto che, a turno, si fermano incontrollabili in doppia fila, si vedono, anzi è il caso di dire non si vedono, i vicoli storici e caratteristici illuminati da una fioca luce, alla mercé di occasionali borseggiatori. E poi ci sono loro, le deiezioni canine. In realtà, in giro per la città di Siracusa ce ne sono tante che spuntano all’improvviso a contrassegnare l’opera di triviali padroni che li  lasciano lì, in bella mostra, visibili a tutti, calpestabili da tutti, a squalificare un territorio, incuranti dell’igiene e del decoro collettivo, nonostante un’ordinanza comunale che sanziona coloro che sporcano. A ciò, oggi si aggiunge un problema ancor più grave. Mascherine e guanti abbandonati violentemente e volontariamente per terra, disprezzanti di una ipotetica trasmissione di virus, soprattutto in questo momento dove l‘emergenza sanitaria Covid-19 continua a imperare. E dietro alla mitica Ortigia, dietro una storia che il mondo ci invidia,  c’è anche questa Siracusa. Occorrono regole ben chiare, più precise per governare, ma sembra che ogni amministrazione di turno sembra sorda e atona a un reale, concreto comune cambiamento. E allora, facciano gli amministratori uno sforzo congruo, significativo e tangibile, una condivisione di impegni reali,  che diano un segnale, una risposta al mondo intero, in modo che Siracusa torni ad essere nel mondo, che parli al mondo e che sia ricordata per la sua bellezza eterna. Nessuno vuole una città sporca, depauperata della sua vetusta e secolare classicità, ma una Siracusa che parli  con un linguaggio aulico dell’arte e della cultura. Non c’è un momento giusto per cambiare: ogni momento è quello giusto. Dipende da ciascuno, da una responsabilità collettiva, da una res publica  unanime a perseguire un unico obiettivo, quello sociale e generale, mettendo da parte campanilismi e sciovinismi. Occorre re interpretare il presente,  per poter  costruire un futuro libero in una libera società. Sarà utopia?                          Graziella Fortuna