Politica

CALOGERO RIZZUTO: IL TEATRO GRECO DEVE AVERE IL RISPETTO DEI SUOI 2.400 ANNI

L’intervento del dottor Rizzuto, direttore del parco archeologico di Siracusa, sull’utilizzo del Teatro Greco, ha avuto l’effetto di fare chiarezza soprattutto sulla tutela di un monumento che il mondo intero invidia. E non basta davvero l’impegno una tantum di un archeologo come non basta dire chi paga o chi ha pagato per le pulizie, molto parziali per la verità, dell’area attorno allo stesso Teatro Greco, per raggiungere l’obiettivo. Il punto resta la tutela del monumento e un utilizzo parco, è proprio il caso di dire, dello stesso. Per fortuna c’è il buon senso e la cultura del governatore Musumeci a dirimere una questione che sembra nata per qualche risicata visibilità di politici sulla strada del tramonto. A chi ci legge proponiamo lo scritto del direttore del Parco, uno scritto dove tutto è chiaro ed è evidente l’interesse comunque primario per la tutela del Teatro Greco e la tutela dei turisti che vengono a vederlo da ogni parte del mondo. Ecco il testo:

È uscito sulla stampa un articolo che sintetizza, in maniera limitata, un tema delicato, quello dell’utilizzo del Teatro Greco di Siracusa da parte della Fondazione Inda, di importanza fondamentale per il futuro di una città patrimonio Unesco, una città che fonda la propria ricchezza in primo luogo sul proprio patrimonio archeologico, paesaggistico e naturalistico. Sappiamo, ma dimentichiamo, che questo patrimonio per dare ricchezza, futuro alla città, per “fare economia” insomma, deve essere curato, restaurato, coccolato, affinché una città (questa città) sia eccellenza e possa vivere di turismo 365 giorni l’anno e non due mesi l’anno. L’aspetto divertente, ma che provoca un sorriso amaro in chi ha questo sogno, in chi fa tutela e valorizzazione del patrimonio siciliano da tanti anni, è che in questa cronaca parziale, in cui documenti riservati sono stati pubblicati e analizzati solo dalla parte di uno degli “antagonisti”, è che tutto viene trattato seguendo un unico leitmotiv, quello pecuniario. Nessun accenno al malessere di cui da anni il teatro soffre, nessun riferimento agli allegati che dovranno far parte integrante della Convenzione, ovvero quelli che preservano il più importante monumento della civiltà di Occidente dallo stress che le complesse “macchine teatrali” determinano, la mai attuata Carta di Siracusa. Il tempio di Athena, oggi cattedrale a Siracusa, ha compiuto gli anni di recente, tanti anni, eppure rimane ancora oggi nella sua bellezza, presente, con le sue massicce colonne inglobate nella trasformazione medievale e barocca. Il tempio, affascinante connubio di pagano e cristiano, è ancora lì in quella meravigliosa piazza in Ortigia. Ne hanno riprodotto con uno spettacolo di colori le trasformazioni nel corso dei secoli, dal V a. C. ad oggi. Io ho pensato a quella città in cui pressappoco nello stesso periodo un architetto progettava un teatro, il nostro Teatro. Era scavato nella pietra, non nella forma di oggi, ma c’era e lì in quella roccia naturale, calcarea il popolo andava, con il porto, il paesaggio, l’alveo naturale che questa città affacciata sul mare ha. E ho immaginato pure una città che rischia anno dopo anno di perdere questo lavoro sulla roccia dell’uomo. Perché il nostro teatro soffre e si sgretola. Ne sono coscienti i lettori? Ne sono consapevoli i cittadini? Sono a conoscenza che dallo scorso settembre non è più calpestabile la cavea del TEATRO GRECO di Siracusa? Un provvedimento che, a mio parere, non ha nulla di eccezionale, perché siamo un sito Unesco con un patrimonio archeologico che il mondo ci invidia: non calpestare i monumenti è regola civile, come regola civile è tutelare la nostra storia. Ma di questo pochi parlano… Veniamo poi alla vecchia convenzione: risale al 2011, la Fondazione Inda pagava un canone forfettario di 50.000 euro, oltre ad una quota dello 0,50% sugli introiti da versare a fine stagione teatrale, parliamo di meno di 50 centesimi per ogni biglietto venduto. Questa percentuale e questo canone irrisorio, è il caso di dirlo, si basava su un assioma che definisco scandaloso, l’identificazione di un capolavoro dell’architettura greca come un’“area archeologica non attrezzata”. In poche parole nemmeno la dignità di avere il nome di “teatro antico”… È a conoscenza il ministro Franceschini, che una Fondazione emanazione del ministero che tutela i Beni Culturali, cassa una norma della Convenzione proposta dal Parco che ne prevede la sospensione per motivi di salvaguardia dell’area archeologica, sostituendola con “In caso di urgenza il Parco potrà richiedere la sospensione temporanea, a condizione di non compromettere lo svolgimento della Stagione in corso”? Che crolli il teatro, dunque, but the show must go on… Non ha mai sfiorato minimamente il mio pensiero l’idea di impedire gli spettacoli classici a Siracusa, sarebbe da folli, sarebbe da stupidi soprattutto, ma nel 2011 la Fondazione concludeva la stagione il 26 giugno e i nostri turisti, il nostro petrolio (ricordiamolo!), avevano la possibilità di vedere ciò per cui avevano affrontato il viaggio: il teatro. Oggi la Fondazione Inda chiude la sua stagione teatrale a luglio inoltrato, lo scorso anno i lavori di smontaggio delle coperture sono terminati il 31 agosto. Evito di trascrivere le innumerevoli lamentele dei viaggiatori, le richieste di riduzione del biglietto di ingresso al monumento che riceviamo. Un altro punto che mi preme chiarire è il richiamo che viene fatto sull’attuazione di alcuni lavori di pulitura e manutenzione dell’area della Neapolis effettuati a spese dell’Inda. Nessuno ha scritto che questi lavori non fanno parte degli articoli della Convenzione e che non saranno più a carico dell’Inda; il Parco non ne ha bisogno, perché il Parco, a differenza della Fondazione che in parte è sovvenzionata da fondi pubblici, ben 1.500 milioni di euro, si autofinanzia. Ed infine l’accostamento del Teatro Greco di Siracusa ai teatri di prosa moderni, al Bellini di Catania, alla Scala di Milano… che cosa dovrei dire se non consigliare a chi “promuove la cultura classica” di aprire un libro di storia e leggerlo, cosa se non invitarli a sentire la pietra del teatro, il respiro della storia che attrae ogni anno 700.000 persone, ad ascoltare i racconti della roccia. Dobbiamo forse spiegare agli oltre 350.000 visitatori che tra marzo e luglio visitano il Teatro Greco, che questo capolavoro della genialità e del lavoro dei Sicelioti non è storia, non ha il rispetto dei suoi 2.400 anni, non è un bene da tutelare e preservare? Dovremmo forse dirottarli altrove, lì dove la storia è visibile e non camuffata con coperture moderne?

Calogero Rizzuto

Direttore del Parco Archeologico di Siracusa, Eloro e villa del Tellaro