IL GRANDE ANDREA ESCE DI SCENA, MA RESTA UN UOMO DI SUBLIMATA IMMORTALITA’
Se vogliamo ricordare Camilleri, diciamocela tutta: nun ci scassati i cabbasisi. Una asserzione che ha reso lo scrittore un custode della sicilianita’, un cultore della storia, un grande uomo istrionico che, con il suo Montalbano, ha reso immortale un luogo, la fantomatica “Vigata”, rendendolo noto al mondo e noi, siciliani vanitosi, ne siamo lieti e ne parliamo con orgoglio e fierezza, leggendo i suoi libri e vedendo le sue fiction. Con perizia di particolari ha saputo colorare e colorire i suoi romanzi, immaginando situazioni raccapriccianti, intriganti, sorprendenti e con un pizzico di sensualità che lascia il lettore a disquisire e a discettare su personaggi criptici, dal sapore amaro, ma velati da quel pizzico di sfottò di cui noi siciliani siamo bravi ad esercitare. Un grande vuoto, quello che lascia Camilleri che difficilmente sarà colmato. Una grave perdita nel mondo letterario e teatrale perché mente feconda e callida. Rimarrà ricordo nei tanti libri scritti con copiosità di dettagli, ricchi di fascinosa fantasia che solo una persona dall’animo profondo può osare trasmettere, pur rimanendo ancorato nella sua semplicità. Siracusa conserva particolare memoria dello scrittore quando, al Teatro Greco di Siracusa, fra le eterne pietre, ha recitato magistralmente “Conversazioni su Tiresia”, l’indovino reso cieco da Giunone, affrontando mirabilmente un pubblico di quattromila persone, proprio come Eschilo ed Euripide. Così si conclude la storia di Andrea Camilleri, un uomo di sublimata immortalità, al di là di ogni considerazione che rimane del tutto personale, ma non finirà la bramosia di leggere le sue righe, nelle cui trame si ritrova il senso più recondito di una schietta immaginazione.
Graziella Fortuna
la foto di Camilleri con Andò al Teatro Greco di Siracusa è di Franca Centaro