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BENITO APRILE RACCONTA IL RESTAURO DEL 1982 SUL SIMULACRO DI SANTA LUCIA AD OPERA DEL MAESTRO ORAFO RAFFAELE BRUNO

Un restauro difficile e importante, nel simulacro di santa Lucia, fu eseguito nel settembre del 1982 e portato a termine nel novembre dello stesso anno, dal maestro orafo Raffaele Bruno. Un lavoro intenso che durò circa due mesi. Oggi, sia per negligenza, incoerenza e incapacità delle Deputazioni: attuali ed in parte in quelle precedenti, i lavori di restauro saranno affidati a maestranze non più siracusane.

Purtroppo dopo il maestro Raffaele Bruno, si è creato un profondo abisso, il risultato lo stiamo vedendo. Su questo ci sarebbe da discutere in un capitolo a parte. Ma di Ciò, forse, ne riparleremo più in avanti.

Riprendo il discorso.

Dopo alcuni segnali manifestatasi nel Simulacro e dopo un’attenta verifica la Deputazione decise di fare eseguire un intervento urgente.

Furono smontati: tutto il braccio destro che regge la tazza con la fiamma e gli occhi, la tazza stessa con ciò che nell’assieme è composta, la testa del Simulacro, la corona, la palma, i gigli, il fiocchetto posto sulla mano sinistra, il pugnale realizzato nel 1776, data incisa sulla lama, e donato successivamente nel 1784, come risulta da una relazione del prof. Giuseppe Agnello, la fibula con i due famosi cammei, la croce di Cavaliere del Sovrano Ordine di Malta, offerta dal nobile Giovanni Maria Borgia del Casale nel 1861, oltre a tanti altri gioielli che adornano il Simulacro, come anelli, collane e una croce.

Un intervento fu anche eseguito sulle foglie della palma, che furono stirate e in parte rinsaldate.

La corona, che non era prevista dal piano originario, fu donata assieme alla tazza e il pugnale, dal popolo siracusano a santa Lucia, come commosso omaggio alla Santa che l’aveva liberati dalla peste, e poi, il 6 gennaio 1784, dall’inondazione cagionata da uno spaventoso maremoto.

Oltre al consolidamento dell’attaccatura del collo al petto, fu consolidato il braccio destro che con la mano sorregge la tazza; fu ristretta “la ferita del collo”, che a causa delle sollecitazione che subisce durante le processioni, che la tende ad allargarsi, e ritoccato il colore della stessa e delle mani.

Le quattro aquile che stanno alla base del Simulacro furono consolidare in alcune parti con delle saldature, e successivamente ancorate alla base con un miglior fissaggio.

La parte superiore della cornice che orna la sottocassa fu rimossa per eliminare la ammaccature, nel contempo furono praticate delle saldature ove ne fu necessario, e la sostituzione della cornice in legno, ridotta male, con una realizzata con legno pregiato.

Fu rafforzato il plinto ove si poggia e sostiene la statua.

Anche l’impianto dei fiori in argento, realizzato in tempi recenti, per alloggiarvi le lampade per l’illuminazione, fu sistemato.

A completamento dell’immenso lavoro, furono tolte tutte le ossidazioni che dettero brillantezza alla statua, assieme alle spighe che le fu rifatta una dovuta doratura.

Alla fine, questo immenso restauro fece ritornare il simulacro all’antico splendore.

A proposito di spighe, desidero ricordare che, tra la fine degli anni 40 e i primi degli anni 50, del secolo scorso, furono rimesse a nuovo le spighe, con rispettiva doratura – Il lavoro fu eseguito nella bottega del maestro Raffaele Bruno, assieme alla collaborazione dei suoi allievi, che in particolare li ricordo con stima e affetto, essi sono; Renzo Formosa e Lucio Anastasi, s’intende, oltre al sottoscritto. Questi colleghi ormai, da tanto tempo, non ci sono più, perché il Signore li ha chiamati a se. Non posso eludere dal ricordo un altro allievo, che non fece parte del lavoro citato prima, ed è: Adolfo Vita. – Questi allievi, li potete conoscere nella fotografia che ho postato, assieme ad un altro grande orafo palermitano, specializzato in incisione e incastonatura di pietre preziose,  che nel suo genere, era un orafo completo, lo ammiravo con profonda partecipazione, quando incideva il metallo o incastonava le pietre, vedevo il suo bulino muoversi e scorrere tra le mani, come la penna di un calligrafo.

Ormai le persone citate, illustrate nelle fotografie, non ci sono più, sono rimasto solo io, forse per poterle ricordare ancora una volta, essi sono stati amici e colleghi, degni di lode, di stima e di affetto.

Al lavoro svolto fecero parte, oltre al maestro Raffaele Bruno: il pittore Pippo Betta, per la parte pittorica, nativo di Ispica (RG), e operante a Siracusa, ove lavorava presso la Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientale e per il rifacimento della parte lignea, il signor Antonio Maugeri,

Benito Aprile

Siracusa 09 marzo 2019