Politica

PIPPO CASCIO (PRESIDENTE AGIRT): RIDIAMO DIGNITA’ ALLA CATEGORIA, BASTA GIORNALISMO ABUSIVO

La deregulation ormai regna sovrana, abusivismo, lavoro nero, regole contrattuali calpestate, dignità professionale sempre più a rischio: è la fotografia dell’attuale crisi che attraversa il mondo del giornalismo nell’era dei new media. E ’un contesto in cui il Sud Est della Sicilia vive una realtà particolarmente drammatica, con insopportabili pressioni su un’informazione che fa sempre più fatica a mantenere la propria autonomia. In momenti così difficile resta in campo l’Associazione Giornalisti Radiotelevisivi e Telematici (Agirt), che tenta di far fronte ai tanti problemi dei colleghi impegnati sul fronte incandescente delle radio, delle televisioni e del web. Ne parliamo con Pippo Cascio, che da diversi anni è presidente delll’Agirt, da quando il congresso Nazionale di Bari, della Federazione Nazionale della Stampa, approvò un ordine del giorno in cui si riconosceva la necessità di creare un gruppo di specializzazione su radiotelevisione e web all’interno del sindacato dei giornalisti.

 

Due casi di censura a muso duro in pochi giorni in provincia di Siracusa, Massimo Ciccarello che scompare dal web dopo avere pubblicato un pezzo ritenuto scomodo per la politica di Augusta e, ad Avola, Paolo Borrometi oscurato mentre va in onda, con una intervista, in diretta su una radio locale, per parlare del suo ultimo libro “Un morto al giorno”. Che sta succedendo?

“Semplicemente, la crisi sta presentando il conto. Anni di abbandono del terreno di lotta hanno dato spazio ad un abusivismo della professione che è ormai padrone del campo. Un problema che fa comodo alla politica, perché è più facile avere a che fare con dilettanti allo sbaraglio o faccendieri senza scrupoli, piuttosto che con professionisti strutturati che conosco bene diritti e doveri del giornalista. Il problema della fake news nasce proprio dalla continua campagna di delegittimazione di cui sono vittime i giornalisti. I casi di Augusta ed Avola sono la cartina al tornasole di questa situazione, per questo l’Agirt ha reagito tempestivamente e con durezza. Si deve comprendere che la censura subita da un giornalista crea una reazione a catena che moltiplica all’infinito la notizia che si voleva nascondere. Ovviamente per raggiungere quest’obiettivo è necessaria una categoria compatta e solidale. Sul caso Ciccarello abbiamo, comunque, dimostrato che i giornalisti radiotelevisivi e telematici sono davvero compatti”.

Ma come e perché nasce una fake news?

“Le notizie false ma verosimili sono figlie di un sistema di informazione “fai da te” che il web incentiva ogni giorno di più. Alla base c’è quasi sempre la tutela di interessi economici o di strategie inconfessabili ai danni della comunità locale. Nascono attraverso la manipolazione della verità con una realtà alternativa che può, in ogni caso. essere credibile”

Come combatterle?

“Le si possono combattere in un solo modo: facendo buona informazione in grado di conquistare il pubblico, distogliendolo, così, dalle sirene della falsa informazione. I giornalisti devono riappropriarsi del mestiere per diventare quel faro (che secondo Weber rappresenta il dovere principe di tutte le professioni) in grado di guidare le comunità locali sul cammino del bene comune. Ovviamente, per ottenere ciò occorre cambiare radicalmente la maniera di fare giornalismo. Si devono studiare bene metodologie e tecniche dei social, utilizzarli integrandoli ai media tradizionali per comunicare emozioni, creare un ponte con il proprio territorio (ascoltando e prendendo in considerazione i feed back), comunicare messaggi che siano di pubblica utilità. In questa maniera si fidelizza l’utenza, dandogli gli strumenti per distinguere tra buona informazione e fake news”.

Ma tutto questo adesso viene fatto?

“Assolutamente no!!! La categoria dei giornalisti si è trasformata in un esercito di addetti stampa che sfornano comunicati a sostegno di amministrazioni ed Enti di provenienza e che trovano acritico spazio sui media, in una gara di “copia-incolla” in cui il primato non si misura più sulla qualità della notizia, ma sulla velocità con la quale va in rete. In un simile contesto è sparito il giornalismo d’inchiesta, per esempio. Così, quando viene pubblicato un libro come quello di Paolo Borrometi o va in rete un articolo di Massimo Ciccarello, la censura ha facile gioco”.

Un quadro a tinte fosche…

“Sì, ma non si tratta di una realtà irreversibile. Qualche caso di giornalismo vivo e d’inchiesta, on line e sulla carta stampata, ancora esiste. Dobbiamo moltiplicare questi esempi. Tutti i giornalisti, per il semplice fatto di essere iscritti ad un Ordine professionale che impone l’impegno per il bene comune, devono tornare a fare il proprio mestiere. Questo vuol dire mettere da parte le montagne di comunicati stampa che ogni giorno arrivano nelle redazioni (ormai materiale archeologico), per riscoprire il gusto della verifica delle notizie, il piacere di tornare tra la gente sporcandosi le scarpe del fango di quartiere (così come i sociologi dell’università di Chicago raccomandavano ai propri ricercatori). Ma anche molti addetti stampa devono smettere di confondere l’informazione istituzionale con l’informazione politica. E’ deprimente, ad esempio, vedere un Comune con tre addetti stampa che si limitano a scrivere comunicati. Senza alcuna incidenza nell’organizzazione generale dell’Urp, alcun contributo alla comunicazione sociale (peraltro inesistente) dell’Ente. Eppure, con simili risorse si potrebbe fare ricerca e documentazione, creare back office al servizio dei giornalisti sul campo, promuovere campagne di sviluppo sociale”.

Quali sono gli attuali obiettivi dell’Agirt?

“Ridare dignità alla categoria attraverso due grandi iniziative contro l’esercizio abusivo della professione e l’aggiornamento professionale della categoria. Perché giornalisti più competenti sono più credibili e possono conquistare maggiore spazio di mercato, mentre bloccare i falsi giornalisti vuol dire togliere ossigeno al mercato delle fake news. Abbiamo assistito, in questi giorni, in tv locali, a trasmissioni condotte da abusivi con commentatori non iscritti all’Ordine, una specie di bingo della disinformazione. Ma il fatto che colpisce di più e che nessuno si è indignato, è passato un messaggio di “normalità” del fenomeno che fa enormi danni alla categoria. Ovviamente, su queste basi di dignità calpestata, chiunque può permettersi di interrompere una trasmissione in diretta oppure oscurare sul web una notizia non gradita. Ed è su questo terreno che il sindacato deve tornare a tenere alta la guardia, per non diventare il notaio dell’annientamento della professione. Una lotta per la dignità professionale, però, non può prescindere dal giusto compenso, ma questa è una battaglia di categoria che si combatte anche su fronti singoli. Nessuno deve accettare di lavorare gratis o per pochi spiccioli. Bisogna trovare il coraggio di denunciare e di sostenere chi denuncia, perché solo facendo diventare più forti i giornalisti si rafforza l’intera società civile”