TUTTI I LIDI E IL FESTIVAL ERANO FARINA DEL SACCO DI DON SEVERINO
Nel campo dell’artigianato locale è stato un personaggio molto popolare Don Severino per la Siracusa del secolo scorso. Piccolo ma attivissimo imprenditore, a lui si devono, tra l’altro, gli stabilimenti balneari estivi della città: il “Nettuno” sulla scogliera del Belvedere S. Giacomo in fondo a via Maestranza, il lido “Sacramento” o lido “Azzurro” in contrada Isola all’interno del Porto grande, il lido “Arenella” nella zona omonima. Luoghi frequentatissimi dai siracusani che vi trascorrevano mattinate e pomeriggi portando da casa pasta al forno, bevande, uova sode, cotolette, angurie, accorrendo all’appuntamento estivo quando Don Severino montava le cabine in legno su palafitte che, alla fine dell’estate, venivano smontate e riposte per l’anno successivo. Ma Don Severino aveva anche aperto una frequentatissima “sala di bigliardo” in via Roma, che tenne per lunghissimo tempo, dove sono cresciute parecchie generazioni, con ingresso in un portone accanto allo studio fotografico di Tinè. La sala era sempre occupata (anche la mattina per chi “caliàva” la scuola) da giovani impegnati in sfide a carambola, all’americana, all’italiana, a boccette, mentre in uno spazio accanto si giocava a ping-pong. E lui, con l’occhio vigile, assieme alla moglie seduta alla cassa, a sorvegliare che nessuno azzardasse con la stecca colpi malandrini che potessero danneggiare il panno verde, oppure lasciarsi andare a comportamenti irriguardosi verso gli altri. Non c’erano liti o scorrettezze, chi giocava pagava regolarmente la modica somma stabilita per l’uso del bigliardo: con Don Severino c’era sempre un rapporto di correttezza che egli sapeva mantenere con atteggiamento fermo ma senza ostilità. Capitava qualche volta che qualcuno fosse a secco di soldi, ma bastava dirlo prima e spesso Don Severino autorizzava una partita gratis.
Per le strade della città si muoveva, tracagnotto e grassoccio che era, a bordo di una Vespa con una andatura molto moderata e, per soprammercato di prudenza, strisciando il piede sinistro sul selciato. Aveva certamente il bernoccolo degli affari, ma non ha mai fatto il passo più lungo della gamba. Imprenditore attento e morigerato, con una operosità a tempo pieno, vigile e previgente, ha avuto un’esistenza laboriosa tutta esercitata nel binomio “lavoro e famiglia”. Nella rarissima fotografia che lo ritrae assieme alla moglie (alla sua sinistra) c’è tutta la sua discendenza: otto figli a scala, ai quali non faceva mai mancare niente anche senza lussi e senza sfarzi.
Uomo d’altri tempi, Don Severino. Ha vissuto una vita modesta con dignità e sacrificio, senza lagnarsi mai, sempre attento a realizzare iniziative meditate evitando l’azzardo, con la elementare ragionevolezza istintiva dell’uomo intelligente e perspicace che basava il proprio avvenire e quello della famiglia sul lavoro e sulle proprie capacità. Non si è mai dato delle arie, nè ha cambiato il tenore di vita lasciandosi prendere la mano dai guadagni, né ha mai cercato di aggirare gli ostacoli con sotterfugi e furberie.
Uomo d’altri tempi, Don Severino. Che non si sentiva quel grand’uomo che comunque era, e per il quale le apparenze rientravano nella connaturata “semplicità” di una diuturna fatica e lontano da ambizioni smodate. Era sicuramente consapevole di possedere quelle che oggi si definiscono “qualità manageriali”, ma non si montava mai la testa badando invece a che tutte le sue iniziative (tra cui “u festivallu” in Piazza della Posta per Carnevale) filassero sui binari della regolarità.
Queste brevi note, sicuramente non esaustive per delineare nella sua più adeguata completezza il profilo di Don Severino, vogliono soltanto rendere un omaggio, ancorché postumo, ad un artigiano che ha vissuto la propria straordinarietà con una modestia che ignorava la supponenza, che ha vissuto lavorando con le qualità che la Natura gli aveva fornito, e che non ha mai avuto riconoscimenti ufficiali né tantomeno favoritismi. In queste nostre calamitose giornate il ricordo di Don Severino Di Mauro appartiene ad un altro modo di vivere la vita, ad una Siracusa che non c’è più. Don Severino è così un personaggio al quale si deve ammirazione e rispetto. E che oggi gli avremmo rivolto questo meritato plauso, lui allora non lo avrebbe mai pensato.
Aldo Formosa