QUANDO IL SINDACO FAUSTO SPAGNA S’INCONTRO’ CON CARLO E DIANA
Il sindaco di Siracusa era Fausto Spagna, era il 1985 e l’amministrazione comunale aveva rilanciato dopo tanti anni di degrado il centro storico di Ortigia. Era ripartita alla grande anche la cultura con i grandi spettacoli di danza al Teatro Greco, diretti da Maurice Bejart e Siracusa lanciava un’avanguardia pittorica che avrebbe fatto storia in Italia e nel mondo. Parliamo della mostra Mater Dulcissima alla chiesa dei cavalieri di Malta con la presenza di Paladino, Pistoletto e altri mostri sacri della post avanguardia, al tempo praticamente conosciuti solo dagli addetti ai lavori. Un nuovo rinascimento quello della Giunta Spagna che culminò con la visita di Carlo e Diana.
SIRACUSA – “Princess, a kiss… un bacio, un bacio, principessa”, implorano assillanti i fotografi. Applaudendo e gridando, migliaia di persone si accalcano sulla terrazza che si spalanca sul Teatro Greco. Sterminato successo di pubblico, come mai prima, in questa tournèe italiana, per i due principi di Galles, turisti eccellenti e misteriosi ipnotizzatori di folle. File di macchine lunghe chilometri, Siracusa paralizzata da ingorghi titanici, scene di delirio al porto, transenne abbattute, svenimenti, lacrime, pianti, tafferugli, persino un fotografo ferito per la giornata siciliana di Carlo e Diana. Ma anche scene di delusione: perchè la macchina della principessa non è scoperta, perchè la futura regina non si ferma lungo il percorso, perchè non fa in tempo ad accettare le decine e decine di mazzi di fiori che bambini congestionati e tremanti le scaraventano fra le mani. E poi cori di proteste per il rigore spietato del servizio d’ ordine: migliaia di uomini, tutti gli agenti e i carabinieri e i vigili urbani di Sicilia e Calabria mobilitati per la grande psicosi dell’ attentato. I poliziotti in borghese sono ovunque, assieme ai sospettosissimi funzionari di Scotland Yard, e sulla darsena sta per essere arrestato un giovanotto dal braccio ingessato la cui fasciatura mette in agitazione un agente del servizio d’ ordine: “Sembrava proprio che avesse una pistola”. Perquisiti i mazzi di fiori, quasi passato ai raggi X il quadro dipinto da un giovane handicappato che ha voluto donarlo alla “regina”, come ormai tutti qui in Sicilia chiamano questa ragazza flebile e sorridente nata nel 1961. Il programma, in una gloriosa giornata di sole e di vento africano, è massacrante. I reali arrivano all’ aeroporto di Catania su un aereo della “Queen’ s flight” a mezzogiorno e mezzo. Poi un rapido pic-nic nella vicina tenuta-modello “Cardinale”, proprietà dell’ ospitalissimo Mario Ciancio, direttore-editore del quotidiano “La Sicilia”. Quindi di corsa in macchina, fra ali di folla, a Siracusa, dove alla fonda scintilla di bianco e di blu il Britannia. Un’ ora di “rest” sul panfilo reale, giusto il tempo per cambiarsi d’ abito, e alle quattro e tre quarti di nuovo in mezzo alla gente per una visita turistica alle Latomie, alla Grotta dei Cordari, all’ Orecchio di Dionisio, dove i principi giocano con l’ eco. Infine una scenografica passeggiata al Teatro Greco, quasi una scena da film “Amore tra le rovine” con la folla che grida: “Diana, sei bella come la Madonna”. Lei è in bianco e nero, singolarmente chic; lui in perfetta tenuta da yachtman, con pantaloni bianchi e blazer blu dai bottoni d’ oro.
Alle sei e un quarto del pomeriggio Carlo e Diana tornano sul Britannia; un’ ora più tardi il panfilo reale leva le ancore e dirige verso Bari. Tutta la giornata di oggi trascorrerà in navigazione: finalmente un po’ di riposo, soprattutto per la principessa, provata, si dice, soprattutto da quello che va scrivendo la stampa britannica: la famosa storia degli spaghetti afrodisiaci, del sole italiano e dei mandolini e del fatto che tutti giurano che Diana è incinta, o che presto lo sarà, insomma, che da questo così perfetto viaggio in Italia non potrà non nascere il terzo erede. Per il dèjeuner sur l’ herbe (che poi è stato al chiuso) la prima dama della corte di San Giacomo, prediligendo i caramellosi colori della tenerezza aveva optato per un romantico tailleur rosa confetto: rosa la gonna a mille pieghe che ammorbidiscono i fianchi, rosa la giacca a maniche corte e gonfie, rosa la blusa, rosa il cappello di panama con la falda trattenuta da una piuma nella foggia degli anni Venti. E rosa anche la sottoveste, che con poca regalità la principessa lascia intravedere generosamente. Appena scesi dalla loro sontuosa automobile, i principi fanno una passeggiata tra gli agrumeti: lei con le sue bianche scarpette decolletè tra le zolle di terra, lui con un fazzoletto premuto sul naso e sulla bocca a proteggersi dagli afrori dei diserbanti. Carlo, come al solito, si è preparato alla visita con diligenza, producendosi in numerose domande sempre pertinenti, sorprendendo i padroni di casa con una spettacolare esibizione di nozioni botaniche, riconoscendo tutte le piante e chiamandole con i loro nomi latini. La principessa, nei suoi rosati colori da film di Walt Disney, si limita ad incantarsi soavemente davanti alle piante di aranci e di limoni, arrossendo di giovinezza quando un operaio in tuta blu stacca per lei da un albero un ramo di profumatissime zagare e gliele porge baciandole la diafana e regale manina. Ma perchè è stata scelta la tenuta “Cardinale”, e non un’ altra? Perchè era di strada, spiegano i funzionari del cerimoniale: la “Ducea” di Nelson, a Bronte, sarebbe stata di enorme prestigio storico ma era troppo lontana; quanto agli agrumeti della “Costantina”, il loro proprietario, il cavaliere Mario Rendo, di questi tempi “è un po’ troppo chiacchierato”. Dopo la passeggiata i principi entrano nella villa, ammirano le preziose stampe settecentesche dell’ Etna, prendono l’ aperitivo davanti al grande camino di pietra ricavato dal finestrone di una chiesa in demolizione, osservano le magnifiche ceramiche di Caltagirone e poi si lasciano sfuggire un “oh” di sorpresa e di meraviglia entrando nello spazio enorme e un po’ onirico del “palmento” di cui Mario Ciancio va giustamente orgoglioso, l’ antico capannone settecentesco in cui i contadini pigiavano l’ uva. La colazione, per trenta persone, è servita fra i ballatoi e le pedane di pietra lavica, accanto all’ enorme torchio e al frantoio per l’ olio, con centritavola di ginestre e limoni. I principi assaggiano di tutto: i maccheroni con le sarde, con l’ erba di finocchio riccio, con i pinoli e con l’ uva passa, la pasta “alla Norma” con melanzane e pomodoro fresco; gli involtini di falsomagro in foglie di limone; il pesce spada alla griglia; le verdure miste siciliane. “Meno male, è la prima volta da quando siamo in Italia che non ci danno asparagi”, si rallegra Carlo. Molto apprezzati anche i dolci: la cassata siciliana con canditi, i cannoli, le arance e i limoni svuotati e riempiti di gelato.
Durante la colazione lady D si è comportata da signora-in-visita, parlando esclusivamente di bambini e di ricette, evitando argomenti di politica, non pronunciando mai la parola mafia, informandosi presso la padrona di casa se la tenuta, oltre a duecento vagoni di tarocchi l’ anno, non produca per caso anche del miele di zagara. “Certo che lo produciamo – le dicono -. E’ molto pregiato, è quello che costa di più”. “Credo proprio di potermelo permettere – sussurra la disarmante principessa – vorrei comprarne un po’ “.
Inutile dire che la dama di compagnia di Sua Grazia, una sorta di Mary Poppins, brutta copia della principessa, è stata zavorrata di miele alla zagara. Altri doni all’ augusta coppia: per lui un librone sulla cattedrale di Monreale, per lei un bracciale di corallo sbalzato con un Cupido dai molti cuori, e per tutti e due uno splendido vaso attico del 470 avanti Cristo.
Laura Laurenzi
inviata di Repubblica