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L’ULTIMO EREMITA DI GROTTASANTA. LA SUA STORIA E LE SUE PROFEZIE

Oggi andiamo a trovare i Servi di Maria della Parrocchia dell’Addolorata.

Ma non per visitarne la chiesetta, che non offre nulla di interessante dal punto di vista storico o artistico, nella sua modesta costruzione, se non un antico grande crocefisso davanti al quale si tramanda che pregasse l’eremita.

Andiamo a chiedere a P. Enrico Gibilisco, o a P. Paolo Pasqua, o P. Gabriele Pannuzzo che officiano la chiesa di accompagnarci a visitare la grotta sottostante che ospitò l’ultimo eremita per cui è divenuta un suggestivo luogo sacro, un santuario sia pur modesto, ma molto caro a

i Siracusani, le cui giovani coppie che celebrano il loro matrimonio o anche i coniugi che festeggiano le loro nozze d’argento o le loro nozze d’oro, in numero sempre più consistente decidono di farlo nel sacello, nella piccola chiesa ricavata nella grotta.

Persino il Premio Cultura e Socialità, il più longevo e il più siracusano in quanto segnala esclusivamente i Megghiu, i migliori personaggi, artisti, professionisti, docenti, studenti, operatori nelle varie branche dell’attività culturale e sociale concittadini o che risiedano da 10 anni a Siracusa, nacque all’inizio con la denominazione di Premio Grottasanta e venne consegnato nella sacra grotta annualmente.

Pochi sono, tuttavia, coloro che conoscono la storia di questa grotta e del venerabile eremita che l’abitò!

Per raccontarla farò ricorso ad un oratorio sacro che scrissi e musicai molti anni addietro per una delle prime edizioni, elaborazione delle poche ma interessanti note storiche che sull’argomento ebbe a scrivere circa 50 anni addietro monsignor Cannarella.

Chi fu, dunque, l’eremita di Grottasanta?

Lo descrive nell’oratorio la nobildonna Margherita De Grandi che si dice avesse avuto per lui una particolare venerazione e spesso, accompagnata dal nipote, il cavaliere Giuseppe Di Grande, si partiva da Ortigia, il centro storico di Siracusa, e in carrozza si recava dal vegliardo per offrirgli un canestro di alimenti.

 

Chi era il venerabile Giuseppe Veneziano

 

“ Falegname come il padre Putativo / di Cristo, ne porta il nome degnamente; / oriundo da Venezia, era nato / a Megara a metà del Cinquecento ( qui precisiamo che nacque il 1548 e morì

quasi centenario nel 1647 ) ma presto a Siracusa era immigrato /

con la famiglia. Aveva sposato / Margherita Galesi e una dozzina / di figli aveva avuto,

tutti savi / eccetto uno che purtroppo è stato / la sua spina acuta, che ognor / l’ha nel profondo del cuore tormentato…/ Onesto sempre, fino a restituire / l’oro che più volte gli accadde di trovare./ Dopo la morte della pia consorte/ che, inferma e cieca, gli ultimi

suoi anni / a dura prova gli mise la pazienza, / –

quanto Giobbe ne mostrò servendola/

amabilmente in nome del Signore…./ Al servizio di Dio s’è consacrato / in quest’orrido antro rimanendo/ stimandosi il più duro peccatore / e facendo con cilicio penitenza, /

spesso digiuno e sempre / in serafica, vivissima preghiera…”

Del venerabile eremita si narrano molti episodi che rasenterebbero i limiti della credibilità se non fossimo convinti che certi fenomeni ( come affermano tanti scienziati anche cattolici, il cui parere condivido perfettamente nel mio libro “Due al dì 14 pillole di parapsicologia” ) che ancora vengono considerati miracolosi ( telepatia, auto ed etero

ipnosi, catalessi, suggestione, presagio, ricetrasmissione del pensiero attraverso le cosiddette onde elettrocerebrali, addirittura la bilocazione, facoltà straordinaria che si dice  avesse anche Padre Pio da Pietralcina…. ) sarebbero dell’ordine delle leggi fisiche che il Padre Eterno pose nella Natura fin dall’inizio della creazione, di cui ancora sono sconosciute le cause e la dinamica ma che nessuno può negare che avvengano e che scattano quando uno riesce a sintonizzarsi con esse.

 

Un caso di telepatia

nella presa di Candia

 

L’eremita che si era ritirato assieme ad altri confratelli con cui conduceva una vita tutta dedita al servizio del Signore nell’umida inospitale e solitaria spelonca, che appunto dalla santità con cui visse venne detta Grotta Santa, si dice che avesse ricevuto dal Signore il privilegio di essere veggente, telepatico e taumaturgo.

Un eccezionale caso di telepatia si narra fosse avvenuto alla presenza della suaccennata nobildonna Margherita Di Grande, del nipote Giuseppe Di Grande e di due loro paggi, un giorno che erano andati a portare, come usavano fare di frequente, un canestro di viveri

e un orciolo di vino al frate.

Il venerando vegliardo stava ringraziando i generosi benefattori, quando, all’improvviso si alza, si trasforma stranamente nel volto, fissa lontano con i suoi occhi divenuti lampeggianti, verso il mare, solleva e mani ed indicando un punto invisibile ed esclama come se effettivamente lo vedesse:

“ Ed oggi ancor più acerbo è il dolore, figli! Non sapete ciò che avviene,

in questo istante, là oltre l’Ionio?…

Misera Candia!… Ecco i Saraceni,

i crudeli infedeli, stanno assalendo

all’improvviso l’isola cristiana

e a sacco e a fuoco /

– orribile a vedersi!…-

la pongono, con efferata ira!

I pargoletti vedo, appesi al seno

delle madri; essi li van strappando…

A fiotti il sangue dei figli

e delle madri va scorrendo:

è un massacro orribile, tremendo!

Ogni segno di Cristo è cancellato!”

Dopodiché cadde prostrato a terra, esanime per il dolore. E’ ovvio che i testimoni dello straordinario fenomeno di telepatia non si resero conto di ciò che era successo al frate Veneziano: non si resero conto di ciò che diceva e di ciò che aveva visto: la strage che i Saraceni proprio in quel momento stavano facendo assalendo l’isola di Candia o Creta; lo capirono solo quando misero a confronto la notizia che dopo alcuni giorni giunse a Siracusa.

Ed è ancor più ovvio che gli scettici come ci sono oggi c’erano anche allora: persino la nobile benefattrice, Margherita, non capì che si era stata testimone di un fenomeno eccezionale e credette, lì per lì, che l’eremita avesse addirittura perduto il ben dell’intelletto per la fame…..

 

La profezia del terremoto

e della carestia a Siracusa

Ma quello, nel pieno delle sue facoltà mentali le rispose in tono piuttosto risentito:

“ Donna, che dici mai?

Folle ti sembro perchè il Signore

mi concede occhi lunghi

e mi rende presente una visione

che lontano accade?”

E fu a questo punto che il venerabile eremita diede prova di un’altra sua mirabolante facoltà: la profezia. La diede quando accettando in quella circostanza solo un sorso d’acqua per il

quotidiano sostentamento, annunziò che non prendeva cibo per fare penitenza e invitò gli altri a farla, perchè:

“ ….tempi duri si annunciano a Ortigia!…”

E la tradizione vuole che avesse rivelato i particolari di quella profezia, cioè dei vari

episodi ( il terremoto, la peste, la carestia ) che avrebbero funestato Siracusa, nonché

quando essi sarebbero accaduti:

“ Il sisma non vi deve far paura

ché ancora mezzo secolo ci vuole

prima che scocchi il più freddo mese

del terribile milleseicentonovantatrè!

Quello sarà il più fatale giorno,

che oltre centomila morti ci saranno…

Due scosse orrende si susseguiranno,

nella Sicilia orientale e del Sud!”

Quindi così predisse la carestia che vi sarebbe stata a Siracusa:

“ La terra nostra sarà derelitta…. /

Non produrrà quasi nessun raccolto…. / Aridi i campi, nubi senza pioggia / presto si caleranno a Siracusa…./ Deperiranno armenti senza un fil d’erba; / le sorgive a stento scorreranno / i cittadini patiran la fame….”

E predisse anche quando essa s

arebbe accaduta :

“ Appena dopo il tramontar di qualche luna: / somma le unità rappreserntate / dalle ci fre dell’anno che viene,

/ Milleseicentoquarantasei

/ e il numero verrà della disgrazia

/ il diciassette!.. Ortigia sarà afflitta / da una calamità mai prima vista, / che solo il successivo sisma, / fra cinquant’anni esatti, uguaglierà!…”

Ed alla perplessità degli astanti, si tramanda che egli abbia aggiunto:

Santa Lucia pregate, la gran santa / nostra concittadina protettrice! Già vedo! / Vedo, figli, l’equipaggio / che al porto grande l’ancora depone, / a due passi da Fonte Aretusa…”

Così la sua visione profetica anticipò il miracolo delle quaglie. Numerosi sono poi gli episodi che si narrano di lui come prodigioso guaritore: tra i tanti pellegrini che venivano al religioso antro a chiedere l’intercessione del venerabile servo di Dio, si tramanda che vi fosse andata la Madre di Gaetano Zummo o Zumbo (zumbare vuol dire infatti saltellare e si vuole che il più grande cerista zombasse, cioè saltellasse perchè claudicante) proprio in quel periodo andasse a chiedere la grazia della guarigione del figlio all’eremita e che l’avesse ottenuta!

Anche se oggi, purtroppo, impallidisce sempre di più e si va perdendo l’eco di ciò che la tradizione riferisce sull’eremita che diede alla grotta un alone di sacralità, come su tanti altri episodi delle nostre radici storiche, la Grotta Santa rimane un angolo caratteristico da visitare e ricordare.

Arturo Messina