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BIANCA-STRUMMER: SONO BASTATE POCHE ORE PER RIAMARE GENOVA, POCHI PASSI PER I VICOLI DE ANDRE’

 

Poche ore a Genova, pochi passi per i vicoli di De Andrè, poche immagini del tramonto sul porto, pochi momenti per respirare quell’aria un po così e fare quella faccia un po così, pochissimo tempo, ma più che sufficiente a riaccendere il mio amore mai sopito per questa città bellissima. Mi piace l’anima di Genova, mi piacciono le sue facce, la sua espressione sorniona, i suoi bellissimi palazzi nascosti dentro vie strette che negano la prospettiva ed esaltano la sorpresa, mi piace questo suo essere ripiegata sul mare, quasi dovesse precipitarci dentro da un momento all’altro, quasi si prendesse gioco di lui in quel suo, apparentemente confuso, rotolare verso il porto.
Forse – lo scrivevo in giugno dopo un giorno a Marsiglia – c’è un comune denominatore fra le grandi città di mare (da Genova a Barcellona, da Palermo a Malaga, da Venezia a Beirut, da Marsiglia a Istanbul, da Napoli a Salonicco, da Trieste a Smirne), un temperamento mediterraneo condiviso, fatto di antica multiculturalità, di sedimentata tolleranza, di pazienza e di ironia. Un’elica del DNA che condividiamo noi nati nelle città di questo mare caldo e che ci fa sentire a casa in ogni antico porto, sempre un po’ sporco, sempre un po’ ambiguo, sempre meravigliosamente umano. Un comune denominatore anche architettonico, fatto di aristocratiche dimore, di panorami urbani con quinte quasi teatrali, azzurre e struggenti, e di quartieri “dove il sole del buon dio non da i suoi raggi” come cantava il Faber ispirandosi a versi di Prevert. 
E probabilmente la Via del Campo di oggi è molto diversa da quella raccontata cinquanta anni fa dal divino Fabrizio. Non credo che ai tempi della bambina “con le labbra color rugiada” la strada fosse quella sorta di succursale del gran bazar in cui si fatica a trovare un passante apparentemente italiano che ho visto io stasera. Ma questo forse significa solo che la via ha conservato la sua autenticità, restando rifugio di persone che “se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo”.
Amo Genova, la sua musica, la sua luce e le sue ombre, la sua salsedine, la sua parlata, la sua gente. Poche ore sono bastate a riempirmi ancora una volta gli occhi e il cuore.

 

Joe Insonne Strummer