Comunicati

ZAPPULLA CHIEDE CHE ANCHE LA PENSIONE ITALIANA VENGA ADEGUATA A QUELLE EUROPEE

“Essere europei anche nei diritti dei lavoratori, non solo nei doveri contabili del deficit”.

E’ il commento di Pippo Zappulla, deputato nazionale di Articolouno, sulla risoluzione parlamentare per impedire il brusco innalzamento dell’età pensionabile previsto dalla legge Fornero.

L’onorevole siracusano è stato promotore del testo presentato dal gruppo Mdp, in discussione alla Commissione Lavoro della Camera, che prevede di adeguare il limite anagrafico alla media delle altre nazioni europee, sensibilmente inferiore a quello italiano

La norma, se approvata, vincolerebbe inoltre il governo a correggere gli effetti perversi dell’adeguamento automatico fra età pensionabile e aspettativa di vita accertata dall’Istat, che nel giro di qualche anno farebbe schizzare il diritto alla pensione verso la vecchiaia avanzata.

“Innanzitutto, io e i miei colleghi, chiediamo di bloccare subito l’adeguamento con decorrenza 1 gennaio 2019, che a termini di legge deve essere stabilito entro il 31 dicembre di quest’anno”, ha spiegato Zappulla.

Nella risoluzione alla discussione in Commissione si sottolinea che “l’attuale sistema di incremento periodico del requisito anagrafico denota un’evidente carenza di gradualità, se a questo si aggiunge un meccanismo di calcolo della pensione esclusivamente basato sui contributi versati, il risultato prodotto è un sistema previdenziale particolarmente penalizzante nei confronti delle lavoratrici donne che, avendo in media carriere contributive che non superano i 25 anni, contro le carriere contributive dei lavoratori uomini che in media si attestano sui 39 anni, hanno come unica via di accesso alla pensione l’opzione della pensione di vecchiaia”.

Siracusa, 18-7-2017

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

La Commissione XI:

Premesso che

Nel sistema previdenziale italiano, con due successivi interventi normativi effettuati nel 2009 e nel 2010, è stato introdotto un meccanismo permanente di adeguamento dei requisiti pensionistici, agganciando il requisito anagrafico all’incremento della speranza di vita accertato dall’Istat;

La riforma attuata con il decreto legge 201/2011 ha radicalmente e drasticamente modificato il sistema previdenziale. Il conseguimento dell’obiettivo del contenimento della spesa e dell’impatto di questa sui conti pubblici è stato ritenuto dal governo dell’epoca prioritario rispetto alle rilevanti conseguenze sociali prodotte;

La riforma così detta Fornero, tra l’altro, ha prodotto un considerevole aumento dell’età richiesta alle lavoratrici private per accedere alla pensione di vecchiaia; E’ inoltre intervenuta a modificare la normativa vigente in materia di adeguamento del requisito anagrafico alla speranza di vita, accelerandone la cadenza dell’aggiornamento, trasformandola da triennale a biennale;

In applicazione della normativa vigente sono già stati operati due adeguamenti dell’età pensionabile, rispettivamente con decorrenza dall’1 gennaio 2013 e 1 gennaio 2016, che hanno prodotto in totale un elevamento di 7 mesi dell’età anagrafica richiesta per accedere alla pensione di vecchia.

Se si effettua un’analisi comparata dell’età di pensionamento tra l’Italia e gli altri paesi europei emerge il dato che vede in Italia già oggi prevista l’età più alta per accedere alla pensione. I 66 anni e 7 mesi per i lavoratori del settore pubblico e privato e i 65 anni e 7 mesi per le lavoratrici del settore privato sono ben al di sopra della media UE che è di 64 anni 4 mesi per i lavoratori e i 63 anni e 4 mesi per le lavoratrici. Il divario con i requisiti anagrafici richiesti in Italia risulta evidente anche se ci si limita a confrontarli con quelli di alcuni dei principali paesi europei quali la Francia, il Regno Unito o la Germania (ove rispettivamente sono richiesti per i lavoratori e le lavoratrici 62 anni per entrambe, 65 anni e 62 anni e 4 mesi, 65,4 anni per entrambe);

L’attuale sistema di incremento periodico del requisito anagrafico denota un’evidente carenza di gradualità, se a questo si aggiunge un meccanismo di calcolo della pensione esclusivamente basato sui contributi versati, il risultato prodotto è un sistema previdenziale particolarmente penalizzante nei confronti delle lavoratrici donne che, avendo in media carriere contributive che non superano i 25 anni, contro le carriere contributive dei lavoratori uomini che in media si attestano sui 39 anni, hanno come unica via di accesso alla pensione l’opzione della pensione di vecchiaia;

Poiché il nuovo adeguamento dell’età pensionabile, con l’elevamento di questa a 67 anni per i lavoratori e a 66 per le lavoratrici, dovrà avere decorrenza dal 1 gennaio 2019 ed in base alle norme vigenti, perché ciò accada, è previsto che il decreto direttoriale del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sia adottato almeno un anno prima del termine di decorrenza, entro il prossimo 31 dicembre dovrà essere varato il provvedimento che disporrà un ulteriore incremento dell’età pensionabile;

Impegna il governo

Ad intervenire quanto prima, individuando ogni strumento utile, al fine di neutralizzare l’adeguamento dell’età pensionabile previsto con decorrenza dal 1 gennaio 2019;

Ad aumentare la gradualità del sistema di adeguamento dell’età pensionabile all’incremento della speranza di vita, anche valutando di armonizzare il requisito anagrafico richiesto in Italia per l’accesso alla pensione con il requisito della media UE;

Martelli, Giorgio Piccolo, Zappulla