Politica

ALDO FORMOSA: MI RISERVO IL DIRITTO DI DISSENTIRE

A proposito del mattoncino che Benanti ha pubblicato la settimana scorsa a piè della prima pagina di questo giornale, a mia firma, in cui ironizzavo riguardo al versante politico, voglio ribadire che davvero e soltanto di pura satira si trattava. Di una battuta, cioè, che sarebbe  stata verosimile in qualunque altra città.

Non è una marcia indietro, questa. Perchè da giornalista non allineato e non asservito ad alcuna fazione, rivendico il diritto di fare satira se mi va. Anche quando, come in questo  caso, esco fuori dal seminato giacché mi occupo di ben altro di cui ho competenza specifica da molti anni.

Ora è accaduto che qualcuno, che tra l’altro conosco appena di vista e di cui non ricordo nemmeno come si chiama, si è preso la briga di confidarmi (taci-maci e sua sponte) che qualcun altro, più su, si è risentito.

Dappertutto, è notorio, chi è politicamente alla ribalta è conseguenzialmente personaggio pubblico e come tale è esposto anche agli strali della satira. Prendiamo Berlusconi, per non  andare troppo lontano.

Certo: può essere irritante, occupando certe poltrone, il sospetto che la satira o magari un  semplice commento ironico possano, alla Camilleri, avere la funzione di rompere i cabbasìsi proprio a lui o a loro.

Niente di più falso. Non mi occupo professionalmente di politica. Ho le mie idee, che esercito su concetti basilari come democrazia, libertà di espressione, diritti e doveri, e rispetto.

Dunque per principio io rispetto le persone, ma fatta salva la correttezza, mi riservo il diritto, ova occorra, di dissentire. Queste considerazioni investono uno spazio molto più ampio dell’argomento in questione. Tanto per capirci, insomma.

Perciò, se mi va, il diritto di fare satira lo esercito attraverso un giornale: proprio in nome della libertà cui ho accennato, ma fatto salvo il dovere di cui sopra, e cioè il rispetto per le persone. A qualcuno potrebbe apparire paradossalmente un controsenso, ma basta riflettere per capire che non lo è.

Garozzo, Italia, Foti, Giuliano, Granata, Marziano, Gentile, Bandiera, Zappalà, Di Marco,  Zappulla, e tutti quelli che gestiscono, oppure no, il Palazzo. Persone, appunto, che ricoprono determinati ruoli nella gestione della cosa pubblica oppure all’opposizione.

Persone. E, nel mio piccolo, stando alle cronache io posso, come cittadino qualunque, applaudire o dissentire. Senza la sciocca presunzione di essere nel giusto, d’altronde.

La satira, dunque. Eviterò qui di fare raffronti con nomi altisonanti che hanno esemplificato la funzione catartica della satira e dell’ironia. E mentre sto scrivendomi sorge il sospetto che  questa tirata, tutto sommato, sfonda una  porta  aperta, anche  perché  non  vuole insegnare  niente a nessuno. È soltanto che mi infastidisce sentirmi dire che, faziosamente, ho voluto schierarmi contro  qualcuno. È una malevolenza che non mi appartiene. Ed è così che ho voluto far sapere, a chi cerca di attizzare malevolenze, che non abbocco a certi pettegolezzi. Che puzzano anche di capziosità. Rifiuto di essere tirato per i capelli in situazioni partigiane. I mestatori dì  zizzania, si sa, allignano dappertutto: con la loro miseria morale sguazzano nel fango della maldicenza. Cercare di spiegare loro il significato anche allegorico della parola satira, sarebbe come voler lavare la testa all’asino. E penso che, in buona sostanza, lo spazio di un giornale merita ben altri argomenti.

Aldo Formosa