LA STORIA DEI “SETTE SANTI FONDATORI” E DELLE TRADIZIONI NEL RIONE GROTTASANTA
Chi degli Ortigiani e dei Burgarioti, che hanno superato la sessantina, ha perduto la memoria di quel minuscolo gigantesco religioso tutto pepe che ci accoglieva con tanta bontà nella piccola chiesa e soprattutto nel piccolo teatro ricavato allora dentro la Grotta? Lo chiamavamo scherzosamente Padre Pappatutto perchè con la sua vivacità, la sua arguzia, pari alla sua bontà, con quei suoi ingenti occhi, eccessivi per la minuscola taglia fisica, sembrava divorare qualsiasi cosa, qualsiasi persona gli stesse davanti: in effetti si chiamava semplicemente Padre Agostino Pappalardo; era un’istituzione autentica di quello che ancora non si poteva definire quartiere, giacchè si trattava solamente di qualche villetta sparsa qua e là tra il verde qua selvaggio, là curato e signorile.
-Andiamo a fargli visita a Grottasanta?-ci dicevamo tanti di coloro che abitavamo alla punta estrema dello scoglio ( Nunzio Bonnici, Giovanni Grimaldi, i fratelli gemelli, Ianuzzo e Lino Caraffa, Popol alias Paolo Di Grano, Enzo Bottiglieri e tanti, tanti altri, molti dei quali non ci sono più…) -E partivamo a piedi, rincorrendoci a volte per la lunga strada, raccogliendo nel frattempo qualche altro amico che per caso incontravamo, giacchè allora non vi erano telefoni e tantomeno i cellulari e non potevamo certo comunicare tra noi facilmente, se non dandoci l’appuntamento la domenica da un altro religioso, Padre Ciacera, alla Chiesa del Collegio, dove gli amici mi tiravano i mantici, Lino Puglisi eseguiva i canti liturgici con la sua stupenda voce che si sentiva da tutto lo scoglio e io lo accompagnavo all’organo… Tempi felici, indimenticabili quelli!….Già allora, dalla fine degli anni Quaranta, la festa dell’ultima domenica di settembre era la festa strapaesana unica, seconda per solennità solo a quella della santa Patrona: i Servi di Maria, cui P. Agostino apparteneva, essendo quasi tutti di Palazzolo proprio perchè li aveva attirati all’Ordine quel minuscolo dinamico religioso dal suo paese, erano abituati ad organizzare feste religiose, processioni, cori, comitati, spettacoli pirotecnici e d’ogni altra specie… E il successo è stato sempre garantito: alla festa si è sempre riversata tutta Siracusa, sia per devozione sia per… distrazione!
Ma chi sono i Servi di Maria? Sono quelli che appartengono all’Ordine dei Sette Santi Fondatori fiorentini. Succintamente lo racconta l’inno che ne scrissi allora:“ I primi sette Magnifici / furono i Sette Santo Fondatori! / Eran giovani signori / della città dei fior…/ Lasciaron tutto, ricchezze e onori / al dolce invito della Madre dei dolori; / e fu lassù, Monte Senario / ad accoglierli in preghier!/Fra odi e lotte, / vendette e lutti, / versava il mondo e la barca di Pietro…/ Ma i Sette Santi, / in fervor tutti quanti, / con i lor compagni / nel segno di pace e d’amore, / di pa-ce e d’amore rifulsero allor!/Eran padroni e si fecero servi / pensando a quello ch’è detto nel Vangelo: / “ Per la cruna d’un ago / passa un cammello / prima che un ricco va in ciel !”I nostri Sette, magnifici Sette, / che fan corona a Maria nel paradiso, / a noi volgano un sorriso, / ci proteggan da ogni mal….”Essi vissero nel secolo decimoterzo, in uno dei periodi più gloriosi negli annali della Chiesa e della civiltà cristiana, all’epoca in cui il papa Innocenzo III aveva portato il pontificato al colmo della sua potenza, soprattutto per la incrollabile fermezza con cui aveva contrastato la prepotenza sfrenata dei re; ma fu anche il Papa che diede la regola a S. Domenico per l’Ordine dei Frati Predicatori per eccellenza e protesse i Frati Minori di San Francesco, come scrisse il divino poeta ( Paradiso, XI):“ Ma regalmente sua dura intenzione / ad Innocenzo aperse, e da lui ebbe / primo sigillo a sua religione.” Generalmente si parla di questi due ordini religiosi solamente e pochi conoscono il ter-zo che fu appunto quello fondato nello stesso periodo ( anno 1233 ) dai sette nobili fiorentini. Anche a Siracusa, nei pressi del mercato di Piazza Cesare Battisti c’è una stradina dedicata ad un religioso di quest’Ordine, Paolo Sarpi, che fu il celebre storico del Concilio di Trento; ma quanti dei siracusani lo sanno? Come si chiamavano i 7 e di che famiglia erano:1) Manetto Monaldi, apparteneva alla nobilissima famiglia dei Monaldi, detti poi Monaldeschi, era di parte ghibellina ed aveva per emblema un pavone d’argento andante in campo rosso, per cui la via dov’era il loro palazzo si chiamava Via Porta Rossa, non lontano dal palazzo detto oggi dello Strozzino per distinguerlo dal magnifico palazzo Strozzi, lì vicino.2) Bonagiunta Manetti. Se i Monaldi erano ghibellini, I Manetti, cui apparteneva il se-condo dei Sette, erano guelfi neried erano pure di grande stima, tanto chela loro fami-glia vantò ben 5 Priori : ciò sta a dimostrare che sebbene essi fossero di vari schieramenti politici, invitati dalla Madonna mentre pregavano nel piccolo oratorio di Santa Reparata, lasciarono gli odi di parte e si unirono in vita comune monastica, ritirandosi a far vita di preghiera e penitenza nelle grotte di Monte Senario, a sei miglia da Firenze.3) Manetto Dell’Antella era… borgarioto, cioè i suoi provenivano dalla periferia di Firenze trasferitisi in città nel secolo precedente nei pressi di Piazza Santa Croce ed erano tra i più ricchi cambiatori, cioè banchieri.4) Amideo degli Amidei era di uno dei più nobili casato, il cui palazzo era vicino a Ponte Vecchio. Furono quelli cheiniziarono la rivalità fra le famiglie fiorentine quando il giovane Buondelmonte dei Buontelmonti, nel 1215 ruppe il fidanzamento con la figlia di Lambertuccio degli Amidei per sposare una Donati: gli Amidei nel 1258 furono tra i ghibellini che dovettero andare in esilio da Firenze.5) Uguccione degli Uguccioni era il rampollo di un’altra nobilissima famiglia, quella dei Lippi che poi vennero chiamati Uguccioni, dal nome di Uguccione Lippi che fu console nel 1186, di parte guelfa.6) Sostegno dei Sostegni era compagno inseparabile di Uguccione. La sua antica e no-bile famiglia proveniva forse da Fiesole; altri dicono dal Mugello.7) Alessio Falconieri proveniva da una delle più antiche famiglie fiesolane , la quale si trasferì sulle sponde dell’Arno ai primi del Mille ed ebbe uomini illustri, come Folco Falconieri che fu il primo dei Priori nel 1282. Di questa famiglia fu anche Giuliana Falconieri che fondò il Terz’Ordine Femminile dei Servi di Maria e fu proclamata anch’essa santa dalla Chiesa.
I Sette erano, dunque il fior fiore delle famiglie fiorentine, quasi coetanei, tra i venticinque e i trentacinque anni, ardenti anch’essi delle passioni politiche di cui tutti erano infiammati in quel periodo, quando improvvisamente furono chiamati da Maria Santissima apparsa loro mentre il giorno dell’Assunzione, il 15 agosto del 1233 pregavano, appartenenti tutti alla Compagnia Maggiore dei Laudesi della Beata Vergine Maria nel piccolo oratorio che sorgeva dove ora sorge la torre di Giotto o forse faceva parte dello stesso duomo. I Monumenta Ordiniscosì narrano:“ Volgeva quel giorno a sera; gli altri confratelli avevano ormai lasciato quel luogo d’orazione quando i nostri Sette, pieni l’anima d’infinita dolcezza, continuavano a con-templare, rapiti in spirito, la bellezza di quel glorioso mistero, che risparmiò Maria dalla morte terrena e la tradusse in cielo. Ed ecco la celeste Signora d’un tratto darsi a cono-scere a ciascuno di essi con ammirabile apparizione. D’improvviso Bonfiglio Monaldi sentesi come tocco di grande fervore di devozione, ed i cieli si aprono e gli lasciano contemplare, assisa su magnifico trono di luce, la Regina del Paradiso, circondata da angeliche schiere, e tutta raggiante di vivi splendori. La Donna dei cieli, tutta benignità in suo sembiante e tutto sorriso d’amore, si rivolgeva a Bonfiglio, si rivolgeva a ciascuno di quei fortunati, e con accenti soavissimi diceva: -Lasciate tutto; lasciate parenti, 38famiglie, sostanze, e interamente sia pronti, voi miei devoti, ad eseguire ogni mia volontà.
In quel momento cessa quell’estasi di paradiso, che nessuna penna saprà mai degnamente descrivere: ed essi, ignorando che il prodigio era stato a tutti comune, con le lacrime agli occhi, per filo e per segno raccontano tutti, ad uno ad uno, e per primo Bonfiglio, la dolce visione. Nessuno potrà mai immaginarsi lo stupore di quei sette mirabili servi di Dio, Coloro che ci narrano questi singolari momenti ci dicono pure che intimamente commossi a quella narrazione reciproca, i Sette Laudesi si abbracciarono l’un l’altro e ringraziarono l’infinita bontà di Dio che per grazia di Maria li aveva degnati di tanto favore. Essi riferirono l’episodio a un giovane sacerdote: Giacomo Poggibonsi che accettò volentieri di far da loro guida. Immaginiamo la sorpresa e il rammarico delle loro famiglie, quando essi rivelarono la loro decisione di lasciare tutte lepompe, le lusinghe del mondo, per andare a fare vita da eremiti !Il loro primo luogo di rifugio fu villa Camarzia, che dovrebbe corrispondere oggi a campo Marzio, tra la chiesa di Santa Croce fino ai Lungarni. E proprio lì vicino c’era una casetta assai appartata e modesta : fu lì che si radunarono l’8 settembre del 1233. E’ umano il supporre che quel distacco da amati congiunti, da giovani spose, da teneri figli non fosse senza lacrime, e che dovettero sentire in cuore tutta l’amarezza di quella separazione, quando il reverendo Giacomo Poggibonsi, come aveva concordato con il Vescovo Ardingo, li vestì dell’abito eremitico, cioè di una tunica di ruvida lana stretta da una cintura di cuoio. Ma l’invito era stato così allettante: -diverrete operai della mia vigna!-aveva detto la dolce signora in gramaglie nere.- Ed essi furono un sol cuore ed una sola volontà per tutta la vita. Racconta il loro primo biografo, Fra Pietro da Todi: -Ogni loro affetto, tutte le aspirazioni del loro animo miravano unicamente a Dio ed alla Sua Vergine Madre Addolorata. Da ricchi e potenti divennero i Servi, i Servi di Maria, titolo che venne loro confermato dal Vescovo Ardingo Trotto, della nobile e antica famiglia fiorentina dei Foraboschi. Se a Siracusa abbiamo il piccolo santuario nella grotta santa, sotto la chiesa dell’Addolorata, è ben piccola cosa in confronto al Santuario della Santissima Annun-ziata di Firenze, che è la chiesa più antica che costruirono i nostri Sette Santi Fondatori. Si narra che esso sorse nella costruzione della chiesa e del primo convento dei Servi nella città fiorentina, nei pressi del duomo, in un sito detto Cafaggio, dove già c’era un oratorio e un ospizio. Non fu certo la bellissima chiesa con il convento che vediamo og-gi…. I lavori durarono appena due anni. Finita la chiesa, il primo pensiero del superiore, il primo dei Sette, Bonfiglio Monaldi, fu quello di farvi dipingere una Madonna. E fu scelto il soggetto : l’episodio dell’Annunciazione, in cui la Vergine Maria si dichiarò serva di Dio ( “ Fiat voluntas Dei!” ) come loro erano servi; difficile trovare però il pittore. Firenze non aveva – per quel che dicono i biografi del tempo—ancora una scuola sua propria. Vi erano certamente dei pittori ma la maggior parte seguiva l’angusta e magra scuola bizantina, che non era gradita ai nostri padri. Venne scelto, comunque, un pio pit-tore, tale Bartolomeo, profondamente religioso e al tempo stesso d’un gusto puro e delicato. Bartolomeo non ebbe difficoltà alcuna ad accettare e dopo di essersi confessato e comunicato si mise all’opera. Cominciò da ciò che era più facile: l’angelo, nunzio del divino messaggio, maestoso e insieme modesto; l’Eterno Padre, da lontano, con il tratto pieno di calma e di gravità; lo Spirito santo che si slancia verso Colei che doveva divi-namente fecondare; la figura della Vergine che si delineava già nella sua posa naturale e graziosa… Una sola cosa mancava, la più importante e difficile: il volto della Madonna. Il povero Bartolomeo non sapeva come fare, ma si dice che ci pensò un angelo a dipingerlo: un giorno che egli, mentre davanti alla sua opera incompleta rimase a meditare come avrebbe l’avrebbe dipinto, si assopì. Ed ecco che al suo risveglio nel riprendere il pennello si avvide che già l’opera era stata miracolosamente compiuta da una mano in-visibile che aveva realizzato il volto divino, soavissimo, meraviglioso si bellezza e di grazia tanto che a riguardare l’anima imparadisa….Tutta la città accorse a constatare il prodigio. E ancora oggi tanti visitatori-e a Firenze ne vengono a migliaia quotidianamente… -vengono ad ammirarlo e ne rimangono estasiati. Certo anche la nostra Grottasanta ha il suo antico suggestivo crocifisso davanti al quale l’eremita Giuseppe Veneziano pregava: è meraviglioso nella sua drammatica semplicità. Ma la Santissima Annunziata di Firenze … è ben altra cosa!
Arturo Messina