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L’8 MARZO E’ UNA FESTA MASCHILISTA. NICOLA DARK: UNA CELEBRAZIONE DISCUTIBILE E SIMULATRICE CHE PARTE DA PRESUPPOSTI STORICI FALSI

L’8 marzo è una festa maschilista visto che rende evidente la separazione delle donne dal potere: si celebra il femminile evidenziandone la sua posizione prona. Viene confermata la narrazione tradizionale che sistematicamente cerca di ridurre le donne a bambole, ancelle, angeli del focolare. Per la cultura italiana, le donne anche a 70 anni possono essere trattate come soprammobili: sempre un po’ mamme, nonne o zie anche se sconosciute, la festa delle donne le abbraccia tutte come idoli recintati nel presepe dell’ipocrisia. Durante l’8 marzo, le nostre madonnine in libera uscita vengono celebrate rimarcando la loro estraneità a una quotidianità fatta di uomini che lavorano (meglio), guadagnano (di più) e gestiscono il potere. Quegli uomini che l’8 marzo – se si ricordano – hanno la straordinaria possibilità di omaggiare le donne della loro vita, ringraziandole per i loro servigi.

Certo, siamo nel 2019 e molte cose sono cambiate. Sono in tanti a non porsi nemmeno il problema, la parità la ritengono acquisita, a tutti i livelli. In ogni caso i tanti di cui prima ritengono anche che non ci sia niente da festeggiare l’8 marzo, in questo 8 marzo commerciale e senza anima. Condividiamo per intero quello che al riguardo scrive la scrittrice Nicole Dark. Leggiamo: 

 Ci hanno fatto credere che “l’8 marzo 1908 un gruppo di donne si riunirono nella filanda tessile Cotton di New York per dichiararsi in sciopero. Il padrone le chiuse a chiave e l’edificio prese fuoco: morirono 129 donne”. Nulla di tutto ciò è mai accaduto. Nessuna fabbrica prese fuoco e nessuna donna morì bruciata l’8 marzo 1908. Quando la verità storica emerse, si tentò di retrodatare l’origine della festa all’8 marzo 1857. Anche questo è risultato essere un falso storico. Quindi, ad una carica della polizia contro donne in sciopero l’8 marzo 1848. Anche questo è risultato essere un falso storico.

Nella realtà la festa dell’8 marzo è stata imposta dal comunista Vlamidir Lenin e dalla femminista Alexandra Kollontai per far credere alle lavoratrici di essere state liberate dalla schiavitù capitalistico-patriarcale. La festa venne poi ufficializzata dal Soviet Supremo “per commemorare i meriti delle donne Sovietiche nella costruzione del Comunismo”. In Italia, la festa venne introdotta nel 1922 dal Partito Comunista che pubblicò sul periodico “Compagna” un articolo secondo il quale Lenin proclamava l’8 marzo come “Giornata Internazionale della Donna”. La festa cadde in disuso, e venne reintrodotta l’8 marzo 1945 dall’UDI, una organizzazione composta da donne appartenenti al PCI e ad altri partiti di sinistra. Fu nel dopoguerra che venne fatta circolare la falsa storia delle donne bruciate. In Italia il simbolo è la mimosa; in paesi con climi più freddi il simbolo è un nastro viola, in quanto è stato fatto credere che le inesistenti lavoratrici bruciate producevano panni viola. Nella realtà storica, esiste una vera violenza contro donne ed un vero incendio accaduti l’8 marzo. Del 2000, quando un gruppo di femministe coperte da passamontagna diedero fuoco a croci in una Chiesa, vandalizzandone le mura e l’altare con graffiti che proclamavano “No Dio, no padroni” e con assorbenti sporchi e con preservativi, distruggendo inni e testi sacri, buttando giù altre donne anziane colpevoli di essere contrarie all’aborto…

L’8 marzo di Oriana Fallaci, sarebbe un giorno ormai decaduto, estinto, spento. Perché ora, non è altro che una data che nel tempo ha perduto il suo antico originale senso. E con la sua irreprensibilità e coerenza, Oriana non avrebbe mai potuto accogliere a sé nessun genere di strumentalizzazione, aerante e simulatrice, com’è diventata, appunto, questa discutibile celebrazione dell’8 marzo.

Nicole Dark