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STORIE SIRACUSANE / DON CRISPINO USCI’ DI CASA E SCOMPARVE NEL NULLA

Un giallo irrisolto. Uscì di casa come una delle solite volte, fatta colazione, dicendo alla moglie che sarebbe tornato presto.

Un pensionato qualunque, abitante con l’anziana moglie in una casetta qualunque di una viuzza qualunque, di una parte di periferia qualunque, in un giorno qualunque, anche se la settimana prima era stata la ricorrenza, del resto non festeggiata, del santo di cui portava il nome: Crispino.

Si chiamava, infatti, Crispino Di Natale; ma a quale Di Natale appartenesse non si sapeva, essendocene diverse famiglie nella città, di rango elevato e di rango modesto.

Alcune volte, la mattina, dopo aver fatto una breve colazione, il signor Crispino si recava alla scogliera vicina ai due scogli, detti “I du’ frati”, da un’antica leggenda, per farsi una pescatina. Non che fosse un grande pescatore di cimetta, ma gli piaceva stare un paio d’ore con la canna in mano, più che in attesa che qualche pesce abboccasse all’amo, per contemplare il mare che lì aveva un fascino straordinario per la sua chiarezza e soprattutto quei due scogli, verso cui aveva una particolare affezione.

Ma che quella mattina non sarebbe andato a pescare lo sapeva l’anziana sua moglie, la quale non gli aveva visto prendere né canna con pezzetti di calamaro per esca, né gli stivali di gomma, per cui non gli aveva raccomandato, come faceva ogni volta lo vedeva “armato” per la pesca, mentre gli porgeva il secchio, che don Crispino regolarmente dimenticava, chissà perchè:

– Nun t’arricogghiri tardu, Crispu! Pi niautri dui suli, picca n’abbàstunu e

n’assupèrchiunu! –

Prestu tornu, nun ti prioccupari!

Così soleva risponderle regolarmente, anche se poi, specialmente quando la giornata gli si prestava e i pesci abboccavano, preso dalla voga, non guardava nemmeno l’orologio per vedere che ora era e si ritirava che già la moglie aveva mangiato da sola, a base di mezza pagnotta e una fetta di tumazzu, recitando tutte le giaculatorie e le litanie che sapeva contro il marito e prendendolo per svanito, per “mezza testa”. Per cui, quando si ritirava con mezzo secchio di pesce di ogni razza, dalle lampane alle spigole, alle aguglie, secondo la stagione e la sorte della giornata, tanti da distribuirli ai vicini di casa, quella lo accoglieva in malo modo dicendogli:

“Stunatu! Chi ti li frju ora? Va’, cuccamini, ca ju haju già mangiatu!

Ma quella volta non si ritirò, né tardi, nè mai! Prima la moglie recitò le giaculatorie e litanie di dispetto che sbraitava tutte le volte che  don Crispino ritardava; poi pranzò con la solita mezza pagnotta e tumazzu, e inviperita più del solito stava per mettersi a letto, quando sentì bussare:

– Cummari, ’u purtau ’u pisci ’u cumpari? –

Ma quali! Stamatina a piscari nun ci ha’ jiutu!

E allura? Unn’è c’ha jutu ‘’u cumpari?

E mica m’ha dittu unni jeva, lu stròlucu?

Nun v’ha dittu unni jeva e nun s’ha ritiratu ancora? E vui, cummari, sìti frisca comu li rosi?

Era stato allora che la signora Di Natale, aveva chiesto alla comare che ora fossero esattamente. Quella le aveva risposto: L’ura di preoccuparivi, cummari!

S’erano fatte le quattro pomeridiane, ma la signora Di Natale, lontano mille miglia dal doversi preoccupare, ma pensando, piuttosto che il marito se ne fosse andato al Centro Geriatrico Diurno, a farsi una “scopata” a carte, o un terziglio con i coetanei più senzapensiero di lui, biascicò ancora un’altra frasaccia contro don Crispino e giurò che gli avrebbe fatto la più solenne paternale appena avesse messo piede dentro casa. Ma don Crispino piede dentro casa non ne mise più.

Quando però cominciò ad imbrunire, al posto del dispetto e della rabbia, cominciò ad infiltrarlesi nel cervello la tarma del sospetto, che gli fosse venuto in testa di andare a trovare quel rimbambito di suo cugino che abitava alla punta estrema della periferia, a più di tre chilometri dalla loro abitazione? Ogni tanto l’aveva fatto; ma ogni volta, prima di uscire, a sua moglie non si era mai dimenticato di dire:

Vidi ca staju jennu a truvari Turuzzu. Havi assai ca nun lu vidu. Nun m’aspittari, mancia e cùrchiti, ca tardu viegnu!

Altro che tardi! Non tornò più a casa. Intanto per le strade si accendevano i lampioni, già si andavano chiudendo i negozi e don Crispino non tornava ancora. Fu allora che la signora Di Natale cominciò a preoccuparsi seriamente e a domandarsi:

Ma unni si ni jiu? Chi fa si scurdau ca havi casa?

E andava ripetendo quella frase girando per la stanza come una trottola, sempre più preoccupata, allarmata; poi aggiunse:

E chi fazzu? Unni ‘’u vaju a cercu?

Chiamò la comare, quella del pesce, quella della porta appresso, che appena si

sentì chiamare, prima ancora di affacciarsi alla porta domandò:

Chi fici, turnau?

Ma quali!

Chi fici, telefunau?

Ma quannu! Morta sugnu, cummari! Ora sì ca mi staju scantannu!

Zoccu cosa c’è successu, allura! ’nu firriamentu ’i testa, ’na botta ’i sancu, zocc<dunus’’ ha ammattutu sutta ’na machina?

Chi sacciu!

Telefunamu o’ spitali, o’ prontu soccorsu!

Telefonarono, o meglio fecero il numero svariate volte prima di trovare libera la linea: si sa che certi Pronti Soccorsi non sono pronti a intervenire non diciamo con

l’autoambulanza, ma nemmeno con il telefono…Ma nessuno lì ne sapeva niente del signor Crispino; anzi ci fu il centralinista che volle fare persino lo spiritoso:

Le crispelle le cerchi per san Martino, signora, non di questi tempi!

Telefonamu o’ 113, a’ Questua, anzi o’ 112,

Ê carrabbinieri, ca chissi arrispunnunu prima!

E veramente i carabinieri risposero quasi subito e saputo di cosa si trattava, le dissero di esporre denuncia, che si sarebbero messi alla sua ricerca. Così fu. La notizia che era uscito di casa, di nome così e così, vestito così e così, il giorno così e così, le ore così e cosà…Tutti i particolari per poterlo rintracciare furono diramati in tutta Italia. Ne parlò persino la rubrica televisiva nazionale “Chi l’ha visto?”.

Si fecero mille supposizioni: che fosse caduto in mare, che fosse stato arrotato da una macchina pirata e poi gettato cadavere in qualche burrone, che fosse caduto sotto i colpi della lupara mafiosa: ma chi aveva intenzione di fare sparire uno che non contava niente?

Fu sospettata qualche estorsione: ma cosa dovevano estorcere a un povero pensionato ex operaio della zona industriale che non sapeva come sbarcare il lunario se non andando a pescare qualche mezzo chilo di pesce?

Mistero, mistero assoluto! Un giallo che più giallo non si può, perché i gialli hanno sempre una soluzione, mentre questo non ne ha avuto alcuna.

( I fatti sono puramente…autentici).

Arturo Messina