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TSUNAMI SIRACUSA: ARRESTATI AVVOCATI, UN MAGISTRATO, COMMERCIALISTI, IMPRENDITORI E UN GIORNALISTA

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Tsunami Siracusa. Arresti eccellenti eseguiti nella scorsa notte dai militari della Guardia di finanza di Roma e Messina, arresti che riguardano avvocati, un magistrato, commercialisti, imprenditori ed un giornalista. Quindici le persone raggiunte da ordinanze di custodia cautelare per due associazioni a delinquere dedite alla frode fiscale, reati contro la pubblica amministrazione e corruzione in atti giudiziari. In carcere quindi Giancarlo Longo, ex pm della Procura di Siracusa, l’avvocato di Augusta Piero Amara, da tempo trasferito a Roma e gli imprenditore Fabrizio Centofanti e Enzo Bigotti, quest’ultimo già coinvolto nel caso Consip. In una nota congiunta le due Procure scrivono che le “indagini hanno preso le mosse da distinti input investigativi convergendo sull’operatività dei due sodalizi criminali, consentendo la ricostruzione di ipotesi di bancarotta fraudolenta da parte di soggetti non riconducibili alla struttura delle organizzazioni”. In particolare il gip di Roma ha emesso misure cautelari personali oltre che per Amara, Centofanti e Bigotti anche per Luciano Caruso. Alcuni nomi, in particolare quello di Amara e Centofanti, compaiono anche nell’ordinanza emessa dal gip di Messina che ha disposto il carcere per Longo chiedendo l’applicazione di misure cautelari anche per Alessandro Ferraro, il giornalista Giuseppe Guastella, Davide Venezia, Mauro Verace, Salvatore Maria Pace, Gianluca De Micheli, Vincenzo Naso, il commercialista Francesco Corrado Perricone e Sebastiano Miano. L’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, arrestato oggi dalla Finanza, è accusato di associazione a delinquere, corruzione e falso. Il magistrato da qualche mese ha chiesto il trasferimento al tribunale di Napoli. “In qualità di pubblico ufficiale svendeva la propria funzione”, si legge nella misura cautelare emessa a suo carico. L’ordinanza di custodia cautelare ha pure raggiunto l’avvocato di Flordia, Giuseppe Calafiore. TSLa richiesta di misura non detentiva nei confronti di Virgilio Riccardo, già presidente di sezione del CDS, oggi in pensione, per il reato di corruzione in atti giudiziari contestato in concorso con Amara e Calafiore, è stata respinta per assenza di ragioni cautelari. (b) Ordinanza di applicazione delle misure cautelari personali nr. 4179/15 R.G.N.R. e nr. 544/16 R.G. G.I.P., emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, nei confronti di: 2 – AMARA Piero cl.69 (carcere), per i reati di cui agli artt. 416 cc 1 e 3 c.p., artt. 81 cpv, 110, 319 ter, 321 c.p., 479 c.p., 56 c.p., 319 quater c.p.; – CALAFIORE Giuseppe cl.79 (carcere- attualmente all’Estero) per i reati di cui agli artt. 416 cc 1 e 3 c.p., artt. 81 cpv, 110, 319 ter, 321 c.p., 479 c.p., 56 c.p., 476 c.p., 56 c.p. , 319 quater c.p., 336 c.p.

REPUBBLICA
…Quindici arresti in Sicilia, chiesti e ottenuti dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, guidata da Maurizio de Lucia. Oltre ad Amara, in carcere come il socio e collega Giuseppe Calafiore, sono finiti agli arresti domiciliari il magistrato Giancarlo Longo, fino a qualche mese fa pm alla procura di Siracusa e poi trasferito dal Csm, per motivi disciplinari, al tribunale civile di Napoli, il professore universitario della Sapienza di Roma Vincenzo Naso, il dirigente regionale Mauro Verace, il giornalista siracusano Giuseppe Guastella. Gli altri arrestati sono Fabrizio Centofanti, Alessandro Ferraro, Davide Venezia, Salvatore Maria Pace, Gianluca De Micheli, Francesco Perricone e Sebastiano Miano. Tra gli indagati l’ex presidente del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio.
Associazione per delinquere, corruzione, falso, intralcio alla giustizia: ecco la sfilza di reati a vario titolo contestati agli indagati che, negli ultimi cinque anni, avrebbero pesantemente condizionato l’azione della giustizia sia in sede civile che penale. Di particolare gravità la posizione del giudice Longo, secondo le indagini a libro paga di Amara e del suo socio Calafiore. Ottantottomila euro in contanti più vacanze offerte a lui e a tutta la sua famiglia a Dubai e un Capodanno a Caserta: questo il prezzo della corruzione del magistrato che, nella sua veste di pm a Siracusa, avrebbe servito gli interessi di Amara mettendo su un sofisticato meccanismo di procedimenti giudiziari “specchio” che, pur senza averne titolo, gli avrebbe consentito di venire a conoscenza di indagini di altri colleghi e di tentare di inquinare importanti inchieste. A cominciare da quella, aperta alla procura di Milano, che vedeva indagato l’amministratore delegato di Eni Claudio De Scalzi, proprio un mese fa rinviato a giudizio per una tangente da 1,3 miliardi di euro per lo sfruttamento di un giacimento petrolifero in Nigeria.
IL FATTO QUOTIDIANO
I metodi usati da Longo erano tre: creazione di fascicoli “specchio”, che il magistrato “si auto-assegnava – spiegano i pm che hanno condotto l’inchiesta – al solo scopo di monitorare ulteriori fascicoli di indagine assegnati ad altri colleghi (e di potenziale interesse per alcuni clienti rilevanti degli avvocati Calafiore e Amara), legittimando così la richiesta di copia di atti altrui, o di riunione di procedimenti; fascicoli “minaccia”, in cui “finivano per essere iscritti – con chiara finalità concussiva – soggetti ‘ostili’ agli interessi di alcuni clienti di Calafiore; e fascicoli “sponda”, che venivano tenuti in vita “al solo scopo di creare una mera legittimazione formale al conferimento di incarichi consulenziali (spesso, radicalmente inconducenti rispetto a quello che dovrebbe essere l’oggetto dell’indagine), il cui reale scopo era servire gli interessi dei clienti di Calafiore a Amara”.
“La gravità delle condotte da lui poste in essere in qualità di pubblico ufficiale che – prosegue l’ordinanza riguardo a Longo – concorreva alla redazione di atti pubblici ideologicamente falsi, si faceva corruttore di altri pubblici ufficiali, con piena accettazione da parte degli stessi, che venivano per giunta da lui remunerati con soldi pubblici, intratteneva una rete di rapporti dall’origine oscura e privi di apparente ragion di essere oltre che, in certi casi, contraria ai più elementari principi di opportunità, depone nel senso della assoluta insufficienza a contenere il pericolo di reiterazioni criminosa attraverso misure diverse e meno afflittive della custodia cautelare in carcere”.