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ELENA CALIGIORE: SUI RANDAGI TUTTI DEBBONO RISPETTARE LE LEGGI, I SINDACI IN PRIMIS

Se è ancora valido nel nostro Paese  il principio  che il Diritto è un insieme ordinato di norme – il c.d.  Ordinamento Giuridico – deve essere  quindi ancora valido il ‘principio di non contraddizione’, cioè le norme non devono essere incompatibili tra di loro. Soprattutto, quindi non può che essere ancora valido  il principio  della gerarchia delle norme. La Legge N. 281 del 1991, ‘Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo’, è stata recepita dalle regioni più o meno in ritardo. La Regione Sicilia l’ha recepita nel 2000, con la legge n. 15,  ‘ Istituzione dell’anagrafe canina e norme per la tutela degli animali d’affezione e la prevenzione del randagismo’. A seguire,  nel 2007   con Decreto Presidenziale è stato approvato  il  Regolamento  Esecutivo dell’art.  4  della Legge Regionale suddetta.  E’ indiscutibile quindi  che la Legge  quadro N. 281  del 1991  contiene principi ben chiari a tutela degli animali da compagnia e  che le Leggi Regionali  le hanno recepite ed in moltissimi casi anche applicate. Ci chiediamo quindi in base a quale ‘nuova e sconosciuta’ norma i Comuni siciliani (vedi Ragusa, Palermo, Termine Imerese, Castellammare del Golfo  ed altri) con bandi  di gara  illegali possano  decidere di  liberarsi di centinaia  e  forse anche migliaia di randagi – nati a causa della loro assoluta inattività nel contrasto al randagismo –   affidandoli ad associazioni ed a strutture  di altre Regioni  non iscritte all’Albo Regionale  della Sicilia come previsto dalla legge. Soprattutto come hanno potuto  concordare che dopo un tot di mesi dopo l’affidamento, i randagi passino di proprietà di coloro che si sono aggiudicati la gara?  L’art. 11  della Legge N. 15/2000 al p. 4 recita: “Qualora non siano disponibili  idonei rifugi sanitari pubblici o quando la capacità ricettiva di quelli esistenti non sia sufficiente, i comuni singoli o associati, possono  incaricare della custodia dei cani catturati associazioni protezionistiche o animaliste, iscritte all’Albo di cui all’art. 19 che gestiscono rifugi privati per cani”. E l’art. 19, ‘Albo Regionale’, detta  le modalità ed i requisiti  che devono rispettare  le associazioni per l’iscrizione all’Albo. Quindi  vi  sono  garanzie ben chiare  richieste  per poter affidare a queste associazioni  i randagi. Affidandoli ad associazioni  in strutture fuori  della nostra regione e quindi Associazioni  non iscritte all’Albo della Regione Sicilia, non solo si disattende la legge ma si violano  i principi generali che sono alla base  della  Legge  quadro N. 281 del 1991, Art. 1 “Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente”. A nostro parere  affidare i randagi  ad associazioni in strutture  persino discusse  e che contengono un numero elevatissimo di animali (violando la normativa) e che operano in regioni dove il randagismo è  endemico,  significa   non solo violare la legge  dello Stato e quella Regionale ma mettere in serio pericolo la sopravvivenza  di quelle creature. Lo stesso  trasferimento di proprietà dopo qualche mese, da un Ente Pubblico  quale è il Comune ad un soggetto privato (associazione  temporanea d’impresa o altro)  che non è tenuto a rispettare la normativa della Regione Sicilia (visto che  opera in altra Regione), è un atto  illegale che prefigura reati previsti dal Codice Penale. In uno STATO di DIRITTO, anche chi rappresenta legalmente un ente pubblico non può sottrarsi al rispetto della Legge. Il Sindaco Pentastellato di Ragusa ed il Sindaco Pidiessino di Palermo e  gli altri sindaci che stanno deportando i randagi verso la Campania e la Calabria pensano di essere  non punibili? Si invitano le Associazioni animaliste vere, quelle che  non hanno interessi precostituiti,  a sporgere formale denuncia verso questi sindaci che  stanno palesemente violando la legge dello Stato e quella Regionale a tutela degli animali da compagnia.

Elena Caligiore