Politica

PREGHIERA COLLETTIVA A SAN METODIO CON DON FORTUNATO DI NOTO

Ci sono momenti di grande intensità, come quello della preghiera collettiva di stasera con don Fortunato di Noto (qui accanto in una foto di repertorio). Più esattamente, si è trattato di un rosario recitato da circa 120 persone nella Chiesa di San Metodio, a Siracusa, come atto di riparazione per i tanti peccati commessi in questi tempi bui. Dall’aborto all’eutanasia, agli abusi sessuali su minori alle sconcertanti pratiche dell’utero in affitto, tutto o fortunatamente non proprio tutto, oggi rimanda alla cultura della Morte e del peccato, che è comunque, cristianamente parlando, una morte dell’anima. Si può mai vivere da cristiani, debolmente e con fede tiepida? “Vivete intensamente”, esorta don Fortunato. “Lui è vivo e vero ed è qui con noi. Chiediamogli il discernimento, saper riconoscere la via del bene e del male”. Ed ancora:”Oggi il male è anche non sapere studiare, non leggere. Restiamo attaccati ai social sperando nel consenso dei “mi piace” ma la vita vera è oltre l’effimero, si fonda su valori veri ed importanti. E Lui è vivo e vero stasera. Amiamolo come Lui ama noi”. Non è mancata l’amarezza verso una società depressa e schizofrenica, con marcate ingiustizie e povertà diffusa, precariato, dipendenze, come la ludopatia, femminicidi ed uominicidi, comunque omicidi, ha affermato don Fortunato. E di fronte a tanta crisi, soprattutto morale, don Fortunato ha esortato a restare fermi sui principi in cui crediamo, mentre il mondo pare andare a rotoli con fenomeni sempre più estesi ed inquietanti, l’adulterio praticamente la regola tra le numerose coppie aperte e nessuno pare più scandalizzarsi, la nudità diffusa senza apparente vergogna. Come non bastasse, spuntano i “pedofili virtuosi”, una delle tante, troppe espressioni senza senso, vedi “guerra giusta” e simulari. Uno sfacelo, un baratro, un annichilimento ed impoverimento non solo materiale ma delle anime, del sentire. L’arma più potente, oggi come ieri, è nelle nostre mani: la preghiera.

Carmen Perricone