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GIANNI BONINA: LA GRANDIOSA SIRACUSA RIDOTTA A RINCORRERE MONETINE CON CAMPANILI DI TERRA GREZZA

La Siracusa dei soliti noti, dei sapidi notabili e dei crassi notisti giubila e leva auspici perché la città sia insignita del titolo di “capitale italiana della cultura”. E parla già di alto riconoscimento e di meritato omaggio quando non sarebbe che un atto dovuto tributato con scandaloso ritardo (dopo città come Ravenna, Brescia, Perugia, Cagliari, Bergamo, Procida, Palermo: tutti villaggi sperduti o inesistenti al tempo della grande Siracusa) e tale da apparire una penalizzazione in aggiunta a una mortificazione, perché nascerebbe da una candidatura, cioè da una richiesta avanzata in concorrenza con altre, come se fosse discutibile la sua piena legittimità a rivestire una carica che in realtà le è connaturata: Siracusa è capitala italiana, europea e mediterranea della cultura per volontà della Storia e da sempre, al di là della deliberazione di sette soloni ministeriali. Concederle un titolo peraltro senza grande valore, essendo stato istituito solo nel 2015, è come offrire una piccola onorificenza a una regina preferita a candidate del popolo o come vedere i tifosi della Juventus festeggiare per aver vinto il campionato di Eccellenza.

Siracusa è così grande, anzi grandiosa, che anche il maggiore premio la sminuirebbe. Proprio per svilirla la storiografia greco-romana e poi quella medievale ha voluto comprenderla insieme con tutta la Sicilia nella cosiddetta “Magna Grecia” accanto alle piccole cittadine calabre, lucane e pugliesi, mentre essa è stata non una propaggine della Grecia ma una potenza ad essa opposta e rivale. Epperò, per una speciale sindrome di Stoccolma, è stato proprio a Siracusa che si è affermata l’idea di capitale della Magna Grecia, quale un depliant celebrativo voluto dall’attuale sindaco la definiva anni fa, contribuendo a ridurla oggi tra le ultime dieci città italiane per qualità della vita. E’ stata allora la consapevolezza dell’attuale stato di miseria a spingere il notabilato siracusano a partecipare a una gara a premi in competizione con rivali che si chiamano Ascoli Piceno, Chioggia, Sestri Levante, Mesagne: località che bene rispondono allo spirito del bando(“mettere in mostra, per il periodo di un anno,i propri caratteri originalie i fattori che ne determinano lo sviluppo culturale, inteso come motore di crescita dell’intera comunità”) ma che davvero nulla hanno da spartire con Siracusa, che è in mostra da quasi tremila anni e i cui caratteri originali formano da secoli una civiltà senza confronti. Il suo deficit è invece un altro: l’assoluta incapacità di porre lo sviluppo culturale al servizio della comunità, ciò per colpa esclusiva di amministratori politici, attuali e passati, inetti e irresponsabili, gli ultimi dei quai sono apparsi pietosi nell’audizione in streaming davanti alla commissione, quasi supplici imploranti comprensione e considerazione.

Siracusa che rivaleggia con Grosseto, Vicenza e Viareggio per un alloro che probabilmente è ghiotto per la misera dotazione di un milione che promette è la città degli Italia e dei Granata che, dopo i Garozzo delle “Supplìci” e delle “Ifigenia in Aulìde”, intendono la cultura come un Piano pluriennale di sviluppo, un mezzo finanziario e non un patrimonio che serva a distinguersi per essere migliori e diversi. Non capiranno mai che la cultura di cui Siracusa abbonda deve servire non già a presentare progetti al ministero per avere finanziamenti ma perché gli studenti delle scuole siracusane possano studiare come propria, accanto a quella di Roma, anche la storia di Siracusa, così da maturare e preservare un’identità che è un bene culturale anche sociale. La cultura soprattutto a Siracusa non è quella che si vede nel repertorio architettonico ma quella immateriale custodita nella sua storia. Che nessuno legge. Che pochi conoscono.

Così ecco Siracusa, la nobile decaduta, rincorrere le monetine litigando con campanili di terra grezza, mettendosi alla loro pari con la proposizione di un video che sembra un catalogo non di belle cose ma di buone intenzioni. A stare alle geremiadi pronunciate da giovani imprenditori e vecchi maneggioni, la commissione ministeriale ne avrà certamente tratto motivo per supporre che Siracusa ha bisogno di risorse per risalire qualche posizione in classifica e si sarà chiesta se il titolo di capitale della cultura non sia stato confuso per un Pnrr di diversa cotta cui accedere presentando progetti di ripresa e resilienza.

E magari si sarà chiesta perché spendere soldi in un altro video quando sarebbe bastato proporre quello andato in onda qualche settimana fa sulla Rai, decisamente migliore e con parte degli stessi banditori. Un video che comincia con la capziosa teoria del sindaco Italia del contemporaneo con il quale leggere le gesta passate, tanto per accendersi da solo un cero, e termina con l’analogo tema della modernità legato all’antichità professato da Granata scomodando anche Goethe, ma nel quale mancano il santuario, Palazzo Bellomo con l’Annunciazione di Antonello, Il Seppellimento di Santa Lucia, il papiro, l’entourage come il Cyane e Pantalica. Ci sono invece le declamazioni e le decantazioni di enti pubblici e privati sciorinate in una passerella di volti visti e rivisti entro una sarabanda di cose dette e ridette, inutili e ruffiane. Eppure Siracusa è la sola città d’arte del Centro-Sud che possa permettersi di realizzare un video promozionale con le sole citazioni degli autori di tutti i tempi: sarebbe bastato a dire cos’è una capitale della cultura senza dovere chiedere di esserlo.

Gianni Bonina