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PRIMA L’OMAGGIO AI MORTI ERA FESTA NAZIONALE, OGGI CHI DIRIGE LE SCUOLE PREFERISCE “ALLOUIN”

Un bellissimo sole, oggi, giorno 2 Novembre, illumina e riscalda la Sicilia, insperato e perfino magico, dopo le piogge incessanti ed il ciclone che ha investito l’Isola dell’ultima settimana. Non molto tempo fa, molti di noi lo ricorderanno perfettamente, questa giornata, al pari di Ognissanti, era considerata festa nazionale. Un bellissimo ponte, con annessa festa dei morticeddi (allora in Italia non era in voga festeggiare Halloween e non se ne sentiva granché la mancanza, diciamolo pure). Da festivo che era, il 2 Novembre è diventato feriale, quasi un giorno come tutti gli altri. E questo, al di là della normativa scolastica, non è una cosa buona. Perché il 2 novembre era principalmente un momento da vivere in famiglia, per rendere omaggio ai Morti, riscoprire la continuità del sangue e dell’affetto che, quando forti, vincono perfino la morte fisica. In sintesi, un momento per rinsaldare le radici. Trovo assurdo che a scuola, da un lato, c’è una palese tolleranza, più o meno dichiarata, per una festa non nostra, vacua, posticcia e perfino dannosa come “Allouin”, oggetto di abbondanti ricreazioni e festicciole a tema di mostri, diavoli e schifezze varie, in classe o perfino in Istituto. Dall’altro, nel volgere di qualche anno, abbiamo assistito inermi alla cancellazione di una delle feste tradizionali, non solo in Sicilia ma in varie parti del mondo. Questa festa, di cui scrisse diffusamente Andrea Camilleri, era fortemente sentita da parte dei bambini che, per lo meno in Sicilia, la aspettavano felici per tutti i dolcetti ed i regali portati dai morticeddi e per la visita con tutta la famiglia a posare un fiore sulla tomba di cari parenti, di cui avevano sentito parlare e magari mai conosciuto. Ed ecco che i ricordi e le storie sui parenti morti assumevano le sembianze e le immagini di una data foto, nella data tomba, di cui si finiva per conoscere a memoria il percorso. “Chi era, mamma?”. “Era la zia Elena, morì di parto”. E nella foto una ragazza giovane, sorridente ed ignara, uno sguardo che ricordiamo ancora, tanto ci colpì. Certo, una visita al cimitero si può fare comunque, ma qualcuno ha voluto abbassare il tono di questa festa, renderla un giorno normale, feriale o diremmo seriale. Perché? Per non perdere 5 o 6 ore di lezione? Quando, tra riunioni sindacali, assenteismo dei prof, scioperi o malattia, se ne perdono a fiumi? Perché mai? Era una bella occasione per rinsaldare i rapporti, familiari e sociali, nell’ottica della continuità tra la vita e la morte, tra i vivi nell’aldilà e quelli dell’aldiqua’. Educare non è solo svolgere materie scolastiche, “ex ducere” significa trarre fuori, far emergere il potenziale umano. Questa lezione non si apprende solo sui libri ma si compone di tante sfaccettature. Non mi dilungo sull’importanza del legame con i morti, basterebbe rispolverare l’opera Dei sepolcri di Ugo Foscolo. Le preghiere per i nostri morti sono delle eggregore positive, che fanno stare bene sia chi li fa sia chi le riceve. Le radici ci danno forza e consapevolezza. Un genitore o un insegnante attento lo sanno perfettamente. “Conosci te stesso” era inciso sul frontone del Tempio di Apollo a Delfi. Significava conosci tutto di te, potenzialità e limiti, partendo dall’anamnesi, dalla storia iniziale, personale e familiare, individuale e collettiva. Freud diceva che quello del genitore e dell’insegnante sono “i due mestieri impossibili”. Compito dello Stato è, secondo me, agevolare queste relazioni, rendendo un pochino più “possibili” gli apprendimenti, base stessa dello sviluppo del bambino, futuro adulto della società che, insieme, stiamo per costruire. Carmen Perricone