Politica

SANTI LUIGI AGNELLO, PIONIERE ILLUMINATO DELL’ARCHEOLOGIA CRISTIANA IN SICILIA

Ancora del 1953 è la pubblicazione di Santi Agnello sulla scoperta di una piccola catacomba presso Portopalo, con lo scopo evidentemente provocatorio di segnalare l’esistenza del complesso catacombale quasi dimenticato (di cui portava a conoscenza la struttura della tomba ed i corredi in essa contenuti) ed ora riscoperto non già grazie ad una ricognizione mirata, ma in seguito allo scoppio casuale di una mina, il 6 novembre 1952. Del 1954 è invece un suo articolo sulle catacombe di S. Lucia(32), complesso per la cui salvaguardia Agnello era disposto ad intraprendere una vera battaglia legale. Sul complesso catacombale sorgeva una cattedrale del ‘600 che lo aveva obliterato; per individuarlo Agnello si servì, con particolare attenzione, dei documenti dei viaggiatori e degli eruditi che avevano visitato Siracusa prima del XVII secolo. La scoperta casuale si era avuta in seguito agli sterri dei rifugi antiaerei, che avevano dato il via a dei veri e propri scempi. Nonostante gli interventi della Soprintendenza(33), gli Uffici tecnici provinciali diedero l’autorizzazione nel 1944 per i lavori dell’UNPA, cui venne data la precedenza, mentre i primi scavi sistematici ebbero luogo solo nel 1953 ad opera della Pontificia Commissione, ma l’evidenza del piano di calpestio della catacomba era ormai irreparabilmente compromesso, a causa di una «… deplorevole e deforme mentalità di guerra»(34). Agnello quindi portò avanti l’esame e la descrizione dello stato delle catacombe, delle menomazioni antiche e moderne dell’impianto e delle evidenze superstiti. Il suo studio sul sarcofago di Adelfia(35) (ritrovato nelle catacombe di S. Giovanni) rappresenta forse uno dei momenti più alti della sua carriera: lo studio di Agnello fronteggia il monumento da molti punti di vista e, come sua abitudine, secondo discipline diverse: all’analisi topografica della rotonda in cui fu rinvenuto il sarcofago, si accompagna l’esame storico onomastico della defunta committente; alla lettura stilistica e alla valutazione cronologica, Agnello associa una profonda considerazione iconologica; egli affronta la questione della scena raffigurata nel coperchio, confutando una lettura apocrifa per proporre un’interpretazione storica ed autobiografica delle immagini relative alla defunta, studiando l’iconografia cristiana da un punto di vista oggettivo e non religioso(36). Questa pubblicazione di Agnello risulta così un lavoro compiutamente articolato, frutto di un metodo di ricerca realizzato integrando lo studio delle epigrafi cristiane ritrovate nelle catacombe di Siracusa. Infatti, in quegli anni ebbero luogo anche gli scavi nelle catacombe di Vigna Cassia (iniziati nel maggio 1954 e conclusi nell’ottobre dello stesso anno), i quali furono finanziati dalla P.C.A.S.(37) e dalla Segreteria del I Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana. Lo scavo interessò particolarmente la zona dell’ipogeo “M”, la cosiddetta “rotonda di Eraclia”, scoperta da Paolo Orsi nel 1894, in cui fu recuperato un corredo di pitture giudicate le più ricche e vistose tra quelle fino ad allora offerte dalle catacombe di Siracusa(38). Siracusa. Castello di Maniace.

In seguito ad un crollo di terra avvenuto a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, l’accesso all’ipogeo fu precluso e questo fu il motivo che spinse ai nuovi interventi di scavo: creare un nuovo accesso possibilmente coincidente con l’antico. Una volta stabilito il raccordo con l’interno dell’ipogeo, venne subito ravvisata da Agnello la necessità di creare una scala di collegamento, tra esso ed il piano di campagna, che facesse raggiungere agevolmente la rotonda. Inoltre Agnello intuì, da una serie di tagli nella roccia, che l’attuale situazione era quella originaria, ma che l’ambiente doveva svilupparsi, in una fase precedente, con andamento rettilineo per una lunghezza non valutabile senza uno scavo.

Vennero così alla luce nuovi ipogei e gallerie comunicanti tra loro. La galleria principale era in relazione con una fossa, forse una thysia per il riempimento composto da antiche figulinae (39); al di sopra della banchina, Agnello identificò inoltre un’altra tomba integra, di fase successiva, che per la sua ubicazione non fu possibile conservare, e poco prima della porta d’accesso dell’ipogeo “M”, un’altra sepoltura sempre integra: purtroppo nessuna delle due restituì alcun corredo. È evidente, da questi brevi cenni, la portata della scoperta degli scavi condotti da Agnello, e maggiormente si può rendersene conto leggendo i diversi contributi che l’archeologo pubblicò per documentare lo scavo: la sua relazione è talmente accurata che basta a rivelare la sorta di affetto che lo studioso nutriva nei riguardi del complesso di Vigna Cassia, com’è naturale e comprensibile trattandosi di un’eredità di Orsi, che Santi s’impegnò di portare a compimento. In Santi Agnello, la cultura dei monumenti paleocristiani diventa un vero e proprio culto, provocando un livello di attenzione straordinario e rarissimo: il suo era un approccio a tutto campo, che non lasciava scoperto nessun aspetto, che lo collocava nella facies storica e culturale tardoantica, inserita comunque tra gli svolgimenti degli antefatti e degli epiloghi. In quest’ottica, molto importante è il recupero da parte di Agnello, di alcuni taccuini inediti di Paolo Orsi pertinenti alle catacombe di Vigna Cassia, senza i quali la conoscenza di questo monumento sarebbe per noi, oggi, assolutamente limitata. Agnello “rilesse” questi appunti consapevole dell’importanza documentaria che essi ricoprivano, poiché non esiste altra documentazione dello scavo di Orsi nelle catacombe di Vigna Cassia se non un “breve ragguaglio”, come lo definisce Agnello, interessante un congruo numero di iscrizioni ed alcune considerazioni preliminari sulla topografia e la cronologia del cimitero. In questi appunti erano annotate tutte quelle informazioni acquisite durante lo scavo, che non si trovano sulle schede di registrazione (come le “schede U.S.”, per esempio : un sintetico resoconto quotidiano sul progredire del lavoro, osservazioni a proposito dell’area o di materiali ritrovati, speculazioni o ipotesi personali di Orsi; questi appunti sono ancora più importanti se si pensa al suolo come a un documento storico che deve essere interpretato, prima di poter essere utilizzato: a differenza però di quanto accade per un documento cartaceo, lo studio di un sito attraverso lo scavo è un esperimento che non può essere ripetuto(43), perché rappresenta un tipo di indagine distruttiva. Se a queste ultime considerazioni si aggiunge il fatto che spesso gli esiti di uno scavo non vengono pubblicati(44), si comprenderà facilmente l’importanza che i taccuini possono ricoprire. Nel 1958 fu conferita a Santi Agnello la Libera Docenza in Archeologia Cristiana(45); inoltre, nel novembre dello stesso anno, ebbe l’incarico dell’insegnamento della disciplina presso l’Università di Catania, di cui sarebbe divenuto titolare qualche anno più tardi(46): la Commissione aveva così riconosciuto la capacità di Santi Luigi Agnello di cogliere “la continuità tra fase pagana e fase cristiana”(47) nell’indagine storica e monumentale: la sua coerenza e continuità scientifica non può trarsi altrimenti che dalla sua personalità che, come abbiamo già avuto modo di vedere, non distingueva tra l’archeologo, lo storico dell’arte, il politico e il cittadino. Con l’insegnamento di Archeologia Cristiana, Santi Agnello ebbe modo non solo di proseguire la via già segnata dal padre, che aveva esteso il periodo di ricerca dal tardoantico fino alla dominazione araba, ma d’indagare a sua volta un periodo mal studiato e cioè quello della ricostruzione delle origini del cristianesimo in Siracusa: Scorcio del Palazzo Montalto. denunciando in tal modo l’esiguità della conoscenza delle fonti da parte dei moderni. Così Santi Agnello propose una ricostruzione storica del primo cristianesimo siciliano riflettendo sui tempi ed i modi dei viaggi di S. Paolo, ritenuto l’artefice della diffusione del cristianesimo in Sicilia: Agnello ipotizza una diffusione precedente ai viaggi di Paolo determinata da un movimento religioso grecoorientale di matrice indigena(49). Sul cristianesimo in Sicilia Agnello ritornò altre volte(50), forse ancora spinto dall’esperienza del padre (il quale aveva tenuto dal 1949 al 1957 anche l’insegnamento di Storia delle religioni), fino all’ultima affermazione della sua tesi iniziale in una summa dal titolo Storia del cristianesimo(51), del 1993. Le ricerche di Agnello sulla storia del cristianesimo siciliano si rivolsero alla lettura iconografica delle pitture cimiteriali e dei bassorilievi che decoravano i sarcofagi romani: delle pitture cimiteriali diede una lettura basata soprattutto sull’agiografia(52); per quanto riguarda lo studio dei sarcofagi romani, Agnello si rifà agli studi esistenti(53), a volte ampliandone le argomentazioni, altre volte contraddicendole, come per il sarcofago di Adelfia di cui, come già detto, aveva già proposto una lettura iconografica(54). L’indagine di Agnello era sempre supportata da un confronto epigrafico, dapprima in modo sporadico o limitato ai rinvenimenti occasionali (come l’iscrizione di Ulpio Niceforo(55) o il cippo funerario trovato in contrada Stafenna(56)), in seguito in modo sistematico, tanto che è possibile dire che Agnello, di fatto, fu anche un epigrafista.

Nell’ambito della ricerca documentaria, si pone uno dei più importanti contributi di Santi Agnello, rivolto sia alla ricerca archeologica che a quella storico-artistica (oltre che ovviamente archivistica): la raccolta di una bibliografia completa sulla Sicilia paleocristiana e bizantina(58). Lo scopo del lavoro fu quello di raccogliere tutte le pubblicazioni che, nel campo degli studi paleocristiani e bizantini svolti in Sicilia, erano apparse in Italia e all’estero: la Bibliografia è dunque un’opera (articolata in ordine alfabetico per autore) che comprende degli scritti specifici che fanno riferimento alla topografia, ai monumenti o ai rinvenimenti casuali di età paleocristiana e bizantina, dal IV secolo d.C. alla conquista musulmana della Sicilia, escludendo le voci comprese in Dizionari, Enciclopedie e nei Fasti Archeologici. Insieme all’attività scientifica per l’Archeologia Cristiana, Santi Luigi Agnello sviluppò un’intensa attività politico-sociale, sfruttando la sua enorme popolarità e credibilità sia nel settore scientifico sia in ambito locale, tesa soprattutto alla conservazione e alla tutela dei beni monumentali, storico artistici ed anche ambientali di Siracusa. Si ricordano qui, per brevità, le sue principali “battaglie” di tutela: per la salvaguardia di Castello Maniace(59), Palazzo Montalto(60), della Neapolis(61); per l’arresto dell’avanzata cementizia che si estendeva dal Foro Siracusano(62) al Colle Temenite(63) e di là fino al bivio di Scala Greca(64) e dell’Epipoli, che minacciava anche lo stesso teatro greco, l’anfiteatro romano, l’ara di Ierone, la latomia del Paradiso(65); per l’istituzione del Parco del Papiro del fiume Ciane(66). In questo percorso scientifico si può identificare un motivo dominante, che è costituito da Siracusa, città che Agnello conobbe meglio di tutti nell’intero arco del suo sviluppo. La capillare conoscenza della città tardo antica e medievale e della continuità dell’insediamento, nonché le spiccate capacità interpretative, lo resero particolarmente sensibile ad intendere i fenomeni urbanistici, e ad utilizzare la conoscenza della topografia più recente della città per risalire agli impianti della città più antica, di età greca e romana. Da ciò, si ebbe l’approfondimento della sua ipotesi che la rete stradale moderna conservi sostanzialmente il tracciato antico: l’idea che Siracusa fosse divisa anticamente in cinque quartieri (Neapolis, Acradina, Epipole, Tyche ed Ortigia)(67) e la proposta che si trattasse di una ierà odos che passando dall’Athenaion e dal tempio ionico arrivava all’Apollonion(68); l’identificazione del corso del fiume Syrako(69). Ma anche l’elaborazione di una nuova ipotesi sulle mura greche di Ortigia, messe in luce da Paolo Orsi nel 1932(70). Si tratta delle fortificazioni visibili lungo la via XX Settembre: i resti della torre e del tratto di mura addossate alla crepidine del tempio di Apollo, da lui ritenuto risalente all’età bizantina (di muro greco solo un tratto sotto la parte della attuale casa Mauceri )(71). Agnello proseguì gli studi di Orsi, sostenendo che tra questi resti esistesse una continuità di vita Siracusa: Castello di Eurialo. Valentina La Via Colli, Un pioniere dell’Archeologia … S. L. Agnello, www.editorialeagora.it – E-mail: info@editorialeagora.it che precedentemente non era stata ipotizzata: la cinta interna del sistema di difesa di Ortigia d’età bizantina (settore centrale) coinciderebbe in parte con il tracciato delle mura greche del quartiere, opportunamente restaurate e rafforzate; in parte (quelle del settore orientale, presso l’Apollonion) erano state edificate ex novo, mentre il settore occidentale ingloberebbe nuovamente le mura greche rinforzate, sempre in età bizantina, con un pyrgokàstellos che doveva trovarsi proprio sulla riva del porto grande(72), come aveva ipotizzato anche il Cultrera(73). Gli studi condotti da Agnello gli valsero degli importanti riconoscimenti come la nomina di membro del Comitato promotore dei Congressi nazionali di archeologia cristiana. Il 2 gennaio 1972 venne nominato direttore del Museo Civico “Castello Ursino” di Catania, che dirigerà quale titolare sino al 16 maggio 1978. Dal 1972 al 1995 fu ispettore onorario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra per le catacombe di Siracusa; nel 1979 viene nominato socio corrispondente della Ponteficia Accademia Romana di Archeologia. Ancora di più, i suoi studi ebbero anche un riflesso politico ed una ricaduta concreta: infatti, nel 1976 furono presi come punto di riferimento nella relazione illustrativa della legge speciale per la difesa del centro storico di Ortigia, successivamente emanata dalla Regione Sicilia, e per l’istituzione del Parco delle Mura Dionigiane alla fine degli anni ’90(74). Santi Luigi Agnello si è spento a Siracusa il 26 gennaio 2000. * * * L’innovazione dell’apporto scientifico di Santi Agnello come storico dell’arte è certamente da attribuirsi alle sue ricerche sulle personalità artistiche “minori”(75), settore che comprende anche altri due campi di indagine, quali la rivalutazione del documento archivistico e della storia degli studi. Per ciò che riguarda la sua ricerca archivistica, Agnello ebbe l’intuito di rivalutarla ed utilizzarla come fonte imprescindibile sia per la ricerca archeologica sia per quella storico artistica, elemento base dell’indagine conoscitiva. Con Agnello, cambia il metodo della ricerca: dal documento che pone problemi storiografici concreti al problema storiografico che si avvale del documento, escludendo però “il dispotico prevalere del testo”, limite della scuola positivista. Agnello evitò gli schematismi, le sintesi non fondate su ricerche consapevoli e, di conseguenza, rifiutava lo strumento di ricerca, del tutto filologico, che è l’“attribuzionismo”, procedendo con tenacia nella ricerca documentaria, poco importa se rinvenuta in uno scavo o nell’archivio. Egli riusciva a stabilire un collegamento tra il momento conoscitivo e quello conservativo del monumento: non li considerava isolatamente, ma come parte di un’unica e più ampia problematica. Per tale ragione, l’attività scientifica di Agnello fu strettamente connessa con quella politica di tutela che, in definitiva, costituisce la logica finalizzazione e l’autentica sostanza dei suoi studi. Il carattere impetuoso lo spingeva a sottoporre all’attenzione pubblica qualsiasi problematica ritenesse importante: al fine di destare un mondo accademico e scientifico che lui definiva “assopito e sonnacchioso” egli si fece continuatore e nuovo promotore dei Congressi di Archeologia Cristiana, lanciandoli anche a livello internazionale e che, in seguito, preferì considerare nell’ambito più complessivo dell’Archeologia Tardoantica;(76) si prefisse anche, attraverso numerosissimi interventi sugli organi di stampa locali e nazionali, di incentivare anche il singolo cittadino a conoscere la storia della propria città e, quindi, a rispettarla, tutelarla e valorizzarla(77). Santi Agnello auspicava e promuoveva la formazione di archeologi che fossero anche storici dell’arte ed archivisti, che non si specializzassero in un solo periodo dell’antichità, ma che raggiungessero la professionalità per occuparsi di qualsiasi momento storico e, superato il momento conoscitivo, sapessero occuparsi anche del successivo momento conservativo(78). Con questa veloce carrellata – poiché veramente sterminata è la bibliografia di Santi Luigi Agnello, da cui escluso gli interventi per la salvaguardia di Siracusa e dei suoi monumenti, le ricerche in campo storico artistico e archivistico, – si è inteso mettere in evidenza la personalità poliedrica, sia umana che scientifica, di archeologi indimenticati ed indimenticabili per tutti coloro che possono chiamarsi suoi “allievi” e che costituiscono la forza motrice dell’Archeologia Cristiana in Sicilia; per coloro che li hanno conosciuti e per coloro, come me, che avrebbero voluto incontrarli, al di là delle pagine stampate(79). Sembra quindi peraltro opportuno concludere questa nota con le stesse parole di Santi Luigi Agnello, che così sintetizzò il senso dei suoi interventi scientifici e sociali «[…]Cinquantasei anni addietro militai nella Resistenza. Fu un momento duro, che vide contrapposti regimi totalitari a popoli che speravano nella libertà e nella giustizia. Feci quel poco che potei fare sperando in un futuro migliore. Oggi non voglio e non posso perdere quella speranza».

Valentina La Via Colli