BELVEDERE 2 / COSI’ NACQUE LA “NUOVA TERRA”
L’abitato di Belvedere, sorse in un luogo che assommava indubbiamente un insieme di caratteristiche territoriali favorevoli, la vicinanza alle terre da mettere a coltura e all’asse viario principale che collegava il nuovo centro alle terre di Floridia e Siracusa, la possibilità di approvvigionamento idrico dal canale Galermi che l’ambiva l’abitato e la presenza di una grande cava di pietra tufacea posta tra i feudi di Carancino e Monti Climiti. Il Bonanno scelse di ubicare proprio lì Belvedere, in un luogo che culminava con uno sperone roccioso alto circa 200 metri, tale zona fu certamente scelta perché inservibile a fini produttivi. L’antico centro abitato, a partire da un’area che oggi definiremmo “dei servizi”, era delimitato dal palazzo baronale, dalla chiesa, da una grande cisterna e da ostacoli naturali. Delle costruzioni, realizzate nel centro abitato dal fondatore di Belvedere, dopo l’abbattimento negli anni ’70 del palazzo baronale, non rimane che la chiesa parrocchiale di Santa Maria della Consolazione.
Se il popolamento di Belvedere non dava accesso al parlamento siciliano l’investitura di Giuseppe Bonanno a principe di Linguaglossa nel 1633, conferì al feudatario la possibilità di ottenere ciò che gli era stato negato a causa dell’esenzione dai donativi regi dell’università di Siracusa. La terra feudale etnea era, sin dal 1606, in possesso del fratello maggiore del barone di Belvedere Horazio Bonanno Gioeni.
Questi aveva generato con Maria Moncada una figlia di nome Giovanna andata in sposa appena quindicenne a Giovanni Gravina dei Duchi di San Michele. Dall’unione nacque un bambino chiamato Horazio che sopravvisse però solo pochi mesi. La morte del nipote convinse Horazio Bonanno a modificare nel 1628 il suo testamento esortando la figlia ed il marito affinché Linguaglossa non andasse mai fuori dal patrimonio dei Bonanno, indicò quale suo edere Francesco Bonanno Settimo, primogenito del fratello Giuseppe, il giovane don Francesco il 26 febbraio 1633 colpito da improvvisa malattia a credendosi in punto di morte trasferì il titolo al padre, che se ne investì lo stesso anno. Già dal 1628 gli abitanti di Linguaglossa approfittando sicuramente della disputa apertasi alla morte di Horazio Bonanno tra Giovanna Gravina e Giuseppe Bonanno avevano richiesto alla corona che la loro terra entrasse a far parte delle città demaniali. Il contenzioso conclusosi solo nel 1635 con il passaggio di Linguaglossa al demanio e con il riconoscimento per i Bonanno del titolo principesco, di diversi predi e di una rendita annua di 1.900 onze, sancì definitivamente la fine delle pretese parlamentari di Giuseppe Bonanno Gioeni. Il fondatore di Belvedere fu sicuramente una personalità di spicco tra la nobiltà siracusana del suo tempo, ricoprì diverse volte la carica di giurato del senato, e fu anche capitano di giustizia e procuratore di Santa Lucia. Ambizioso aristocratico, intraprendente possidente e spregiudicato uomo politico, affermatasi la fondazione del suo feudo, continuò una lunga battaglia contro le prerogative vantate dal senato siracusano, specie sulla facoltà di esercitare la giurisdizione criminale, e sulla riscossione delle gabelle cittadine. Giuseppe Bonanno Gioeni morì a Siracusa il 4 agosto 1642, il dieci agosto alla presenza del notaio Antonio Mangiaforte fu aperto il suo testamento. Data la morte dei suoi figli maschi il barone di Carancino- Belvedere designò suo erede universale il nipote Domenico Bonanno Grimaldi, figlio del suo secondogenito Vincenzo e di Angela Grimaldi. Don Giuseppe dispose di essere sepolto nel convento di Santa Maria del Monte Carmelo a Siracusa, nel medesimo luogo in cui era già stato tumulato il padre Giovanni Battista Bonanno Platamone. Data la minore età di Domenico Bonanno sua tutrice e procuratrice fu riconosciuta la madre Angela Grimaldi che il 13 maggio 1643 si investì della baronia Carancino-Belvedere. Tra la vedova e la nuova baronessa si aprì un’aspra disputa, la baronessa Grimaldi donna forte ed energica a dispetto delle ultime volontà testamentarie del fondatore di Belvedere, sfrattò in malo
La seconda metà del 600 funestò di rivolte e carestie l’intera Sicilia; nel 1646 la siccità ed il flagello delle cavallette. La situazione giunse a tale estremo per cui anche a Siracusa il popolo diede vita a tumulti e disordini. Solo il provvidenziale ingresso nel porto di alcuni bastimenti carichi di alimenti, considerato un miracolo della patrona Santa Lucia, pose fine ai tumulti. Nel 1671 vi fu una grande carestia, accompagnata fra l’altro da una epidemia che provocò nel territorio di Siracusa quasi 10.000 morti, anche a Belvedere consultando i libri dei defunti della parrocchia si vede che in quell’anno il numero dei morti si triplicò, questo periodo fu chiamato ‘‘la malannata grande’‘. Nella notte tra il 9 ed il 10 gennaio del 1693, un rovinoso terremoto distrusse quasi completamente il Val di Noto. I morti nella sola città di Siracusa furono quasi 4.000, la mortalità nell’aria colpita fu di circa il 30%, gli edifici rasi al suolo superarono il 60% degli esistenti.
Dagli scritti del Capodieci sappiamo che il terremoto causò notevolissimi danni anche a Belvedere: “non n’è rimasta una casa intera, né restò qualche una nel feudo di Longarino e nelli Terecati, e lo resto tutto rovinò, siccome rovinarono i suburbi di Floridia e Belvedere, e li molini”.
Domenico Bonanno Grimaldi barone di Carancino – Belvedere, principe di Linguaglossa e barone di Arcimusa sposò nel 1655 Dorotea Nava Falcone dei Baroni di Bondifé, da cui ebbe: Vincenzo, Giovanni Battista, Mario, Dorotea, Giovanna ed Angela. La principessa Dorotea morì dopo 30 anni di vita coniugale, fu questo il motivo che indusse il signore di Belvedere a rinunciare ai titoli di famiglia ed abbracciare la vita religiosa. Il primogenito Vincenzo Bonanno Nava si investì dei titoli di famiglia il 2 giugno del 1687, ma dopo poco più di due anni il 30 novembre 1689 cessò di vivere anch’egli. Alla morte di Don Vincenzo la vedova Rosa Maria Mugnos e Donna Vittoria Mugnos, sorella della precedente, tutori e curatori del minore Giuseppe Bonanno Mugnos, si investirono dei feudi e dei titoli di famiglia il 30 dicembre 1690. Se il fondatore di Belvedere Giuseppe Bonanno Gioeni, fu una delle maggiori personalità siracusane del 600 altrettanta gloria e prestigio assunse nel 700, il suo discendente Giuseppe Bonanno Mugnos. Nato nel 1689 dal matrimonio tra Vincenzo Bonanno Nava e Maria Rosa Mugnos. Per la morte del padre nello stesso anno, ascese al titolo principesco, ancora in fasce. Ventenne sposò Giulia Filingeri dei principi di Cutò, con cui generò sette figli; Vincenzo, Vittoria, Maria, Costanza e Girolamo. Con questo giovane principe i Bonanno iniziarono a staccarsi progressivamente dalla gestione diretta dei loro interessi a Belvedere. Nel 1712 le terre di Carancino Grande e la masseria del feudo che comprendeva Trappeto, Mulino, e ‘‘posta per la macera della canapa’‘, tutte imprese fin dalla fondazione gestite direttamente dalla famiglia, vennero concesse in gabella triennale. A soli 24 anni il barone di Belvedere ‘‘primario a tutti in Siracusa, ed uno degli antichi titolati del regno’‘ fu scelto per presiedere l’acclamazione del popolo siracusano al nuovo sovrano Vittorio Amedeo II di Savoia insediatosi sul trono siciliano a seguito del trattato di Ultrecht. Giuseppe Bonanno Mugnos morì a Siracusa il 12 febbraio 1730 e fu sepolto a Belvedere. Il principe riconobbe suo erede universale il primogenito Vincenzo Raffaele. Vincenzo Raffaele Bonanno Filingeri nato il 2 novembre 1719 ereditò come il padre, i beni ed i titoli di famiglia ancora in giovane età. Come sua procuratrice, la madre Giulia Filingeri, si investì del principato di Linguaglossa e delle baronie Carancino-Belvedere, Arcimusa e Bulgarano, il 5 maggio del 1731. La tutela della madre andò dal 1730 al 1733, finché l’amministrazione dei beni di famiglia furono affidati al dott. Antonino Crimibella che curò gli interessi del giovane principe dal 1733 al 1738, e dal 1738 al 1748 dal sacerdote Nicolò Nava. Il principe Vincenzo Bonanno insieme ai titoli di famiglia aveva ereditato dal padre tutti i crediti, tra questi uno dei più consistenti era quello nei confronti del principe di Cutò. Girolamo Filingeri, suocero di Giuseppe Mugnos, doveva infatti corrispondere ancora buona parte della dote assicurata alla figlia Giulia per il suo matrimonio nel 1714 ammontante a 2.879 onze, questo credito fu richiesto fin dal 1734 ma solo diversi anni dopo si arrivò ad un accordo, in base al quale i principi di Cutò cedevano al Bonanno ormai maggiorenne, parte del loro palazzo nel quartiere Borgo di Palermo. Il possesso della dimora palermitana, a cui Vincenzo Bonanno aggregò una attigua ‘‘casa grande nelli divisi del monastero del S.S. Salvatore’‘, contribuì certamente a determinare il trasferimento definitivo dei Bonanno a Palermo.
Il 3 giugno 1750 Vincenzo Raffaele Bonanno Filingeri, sposò nella Cattedrale di Monreale, Vittoria Vanni dei Marchesi di San Leonardo. I due sposi generarono sei figli: Giuseppe, Placido, Gaetano, Francesco, Maria, Anna e Giulia. L’allontanamento della famiglia feudataria dal centro principale dei suoi interessi comportò l’inevitabile necessità di dover concedere ad altri la gestione dei propri possedimenti. La stessa terra di Belvedere con i suoi censi, terraggi e gabelle cittadine, venne ceduta in blocco facoltosi gabelloti siracusani.
Il primogenito del principe di Linguaglossa Giuseppe, nato a Palermo il 14 marzo 1751, sposò il primo novembre 1751 Anna Maria Alliata dei duchi di Salaparuta, dalla quale l’anno successivo ebbe un maschio che fu chiamato Vincenzo Raffaele. Stabilitisi a Palermo ormai da tempo i Bonanno segnarono il loro costante avvicinamento alla corte Borbonica con il conseguimento di numerosi incarichi di corte, spesso puramente simbolici, e con una gran mole di titoli onorifici legati ai maggiori ordini cavallereschi. A partire dal 1775 si iniziò il censimento della popolazione di Belvedere, nel 1779 Belvedere contava 470 abitanti di cui 223 maschi e 247 femmine, suddivisi in 153 nuclei familiari. Giuseppe Bonanno Vanni morì appena ventiseienne il 14 aprile 1777, seguito dopo alcuni mesi dal padre che morì il 23 novembre dello stesso anno. Successe così a Vincenzo Raffaele Bonanno Filingeri il nipote omonimo dell’età di sei anni che fu posto sotto la tutela della madre e del sacerdote Giovanni D’Ippolito. Per la rinuncia del sacerdote Vittorio Vanni si investì dei feudi di Carancino-Belvedere, Bulgarano e Arcimusa il 21 gennaio 1778 e di Linguaglossa il 21 luglio 1782. Morta però anch’essa nel 1785, prima del raggiungimento della maggior età del figlio, dispose che fossero riconosciuti procuratori del minore: Placido Bonanno Vanni, Emanuele Bonanno duca di Misilmeri e Pietro Maria Alliata duca di Salaparuta. Il diciannovenne Vincenzo Raffaele Bonanno Alliata sposò nel 1791 Vittoria Naselli dei principi di Aragona di soli dieci anni, con cui generò l’unigenito Giuseppe morto in giovane età. Nel rilevo del 1811 il principe di Linguaglossa, dichiarava di possedere nel territorio di Siracusa ‘‘lo stato di Belvedere e feudo di Carancino’‘ che aveva gabellato con i sui censi, mulini, e tutt’altro al cavaliere Giovanni Borgia per sei anni ad un canone di seicento onze annuali. Abolito il regime feudale dal parlamento siciliano del 1812, il Bonanno richiese che fosse eseguita la collettazione delle terre del suo ex feudo, ottenendo sentenza positiva da parte della deputazione del regno il 30 agosto 1812. Il Senato di Siracusa si oppose però alla decisione dichiarando, in un memoriale redatto da Francesco Paolo Costa, l’appartenenza delle terre di Belvedere al solo territorio siracusano. L’intervento dell’università determinò, il 2 ottobre, un ordine del ministero delle finanze che imponeva al tribunale del Real patrimonio di ‘‘rivedersi la rappresentanza della deputazione del regno per collettare la terra di Belvedere’‘, il 3 ottobre 1812 il tribunale del Real patrimonio sancì definitivamente la collettazione delle terre dell’ex feudo. Vincenzo Raffaele Bonanno Alliata, gentiluomo di camera di re Ferdinando II, cavaliere di San Gennaro e colonnello delle Guardie Reali, riuscì così con dispaccio reale del 15 ottobre 1812 ad ottenere il diploma di collettazione delle terre di Belvedere e sua costituzione in comune autonomo, ed essere riconosciuto pari del regno ottenendo il 124° seggio del braccio baronale del parlamento siciliano. Proprio la fine del regime feudale comportò l’ingresso in parlamento dei baroni di Belvedere, che sin dalla fondazione della loro terra avevano aspirato di raggiungere tale obiettivo.