Politica

A FLORIDA 7 CANDIDATI SINDACO, MA SENZA UN ABILE TESSITORE SI RITORNERA’ A VOTARE

 A Floridia, comune della nostra  provincia in cui, insieme ad Augusta, si andrà al voto il 4 e 5 ottobre prossimo per le elezione del sindaco e del consiglio comunale, la campagna elettorale è entrata nel vivo. Candidature e schieramenti sono ormai definiti.

Sono sette i candidati a contendersi la poltrona di primo cittadino: Salvo Burgio, sostenuto da tre liste, due civiche (Cambiala e Riparti) ed una di riferimento regionale (Ora Sicilia al Centro); Marco Carianni, sostenuto da due liste civiche; Claudia Faraci, sostenuta dal PD e da una lista civica; Cristian Fontana, sostenuto da Fratelli d’Italia e da una lista civica;  Gaetano Gallitto, sostenuto da due liste civiche; l’ex sindaco Gianni Limoli, sostenuto da Forza Italia, dal partito di Musumeci (Diventerà Bellissima) e da una lista civica; infine, Lino Romano, che si presenta con una lista civica.

A una prima analisi delle forze in campo appare evidente come questa tornata elettorale sia caratterizzata da una preponderanza di liste che si collocano nell’ambito del centro-destra. Ben quattro candidati hanno coalizioni riferibili al centro (Burgio, Carianni, Gallitto, Romano) mentre due, Fontana e Limoli, sono ascrivibili alla destra. Il centro-destra conta ben tredici liste. Si può ben comprendere che, in uno scenario siffatto, la coalizione di sinistra, che raggruppa due sole liste, ha poche possibilità di sortire risultati. D’altra parte, il PD locale soffre già la  pesantissima situazione che il partito vive da tempo  a tutti i livelli. A Floridia, se si analizzano le statistiche dei consensi riportati dal PD nelle amministrative degli ultimi anni e se si leggono le cifre degli ultimi tesseramenti, risulta comprensibile perché Scalorino abbia perduto le elezioni del 2017 contro Limoli e perché la candidatura di Claudia Faraci risulti la più fragile, malgrado gli sforzi compiuti dalla candidata di rigenerare il partito dall’interno con iniziative di un certo interesse come la fondazione dell’Urban Center e i risultati  dell’attività amministrativa svolta durante l’amministrazione Scalorino.

Un dato significativo che va colto è l’assenza del movimento Cinque  Stelle, che non presenta alcun candidato malgrado la lusinghiera attività svolta nell’ultima legislatura dalla loro rappresentante al consiglio comunale. Un dato questo, che, se associato alla constatazione del progressivo sgretolamento della sinistra e all’analisi dei consensi delle ultime tornate elettorali, dà l’indicazione di un considerabile  spostamento dell’elettorato floridiano verso la destra sovranista.

Questa campagna elettorale vede anche la fine di uno storico movimento che per oltre un ventennio ha caratterizzato la vita politica e sociale cittadina: mi riferisco a Primavera Floridiana, movimento storico fondato alla fine degli anni Ottanta dall’On. Egidio Ortisi che ha segnato una stagione felice della comunità floridiana intersecando le esaltanti e straordinarie esperienze di movimenti civici degli anni Novanta quali la Rete di Orlando e i Movimenti Democratici.

Quello che è certo, ad una attenta analisi dello scenario che si presenta, è che l’elettorato floridiano sembra seguire il trend nazionale e regionale. Nell’età dell’incertezza e dei rancori la società disorientata si allinea alle tendenze più decisamente marcate della politica rappresentate oggi da neo-populisti e neo-sovranisti, che rappresentano il Giano Bifronte del rigurgito di un pensiero autoritario e totalizzante che non può rappresentare la risposta esclusiva al malessere e allo scoramento diffusi.

Un altro dato che emerge dalla lettura dello scenario che si sta configurando in questi giorni è una involuzione nel linguaggio parlato  e scritto dai candidati rispetto a quello usato nel campagne elettorali dal 1994 al 2012.

Cultura, ironia, rigore analitico associati a semplicità ed immediatezza – caratteristica del parlato medio dei politici dal 1994 al 2012, come si evince da interviste, comizi, documenti ufficiali e comunicati stampa – cedono il passo a un linguaggio incerto tra l’aulico e il dimesso, tra il tecnico e l’informale, tra serio e il sarcastico, con toni che rasentano, in certi casi, l’apostrofe e l’invettiva. È un linguaggio che si trincera nei luoghi comuni e nella nebulosa del “mielismo”, nel tentativo di fare breccia nel cuore degli elettori piuttosto che nel loro intelletto.

La retorica del “noi siamo i puri e duri”, come quella del “noi siamo i primi della classe”, nel linguaggio politico odierno, ormai non rende più. Buonismo, nuovismo e rivincita generazionale sono oggi merce scaduta, valgono un soldo bucato dal punto di vista della comunicazione.

Nella società liquida la nebulosa del consenso, mobile e irrequieta, è governata dal principio heisenberghiano della indeterminazione, per cui ideali e valori non fanno più riferimento a categorie assolute e non negoziabili bensì a interessi soggettivi, individuali, spesso declinati secondo necessità, bisogni o appetiti legati al quotidiano, all’istante, alla vita di un giorno, a quella “dittatura del presente” che non tollera tempi lunghi, prospettive, programmi, progetti e narrazioni destinali.

È necessario, dunque, un processo di filtraggio e di rigenerazione del lessico, che sia compatibile con l’orizzonte di attesa del cittadino, con il suo universo simbolico e semantico. Ma di questo dirò più approfonditamente in altri contesti.

In definitiva, considerate le forze in campo, la partita elettorale sarà una partita a tre, tutta giocata dentro il centro-destra,  in cui i tre candidati più gettonati sono Burgio, Gallitto e Fontana, con l’incognita  della candidatura di Carianni che sembra riscuotere consenso soprattutto tra i giovani.

Il voto di opinione, in questa campagna elettorale, farà la sua parte, come la farà l’astensionismo. Ma, soprattutto, questa campagna si caratterizza già dalle prime battute per  strategie  tattiche che i candidati stanno portando avanti con manovre di copertura e azioni sotterranee caratterizzate da toni pacati e all’insegna della pacificazione, tranne qualche eccezione.

Per quanto riguarda i programmi, che ancora non sono stati resi pubblici ma i cui punti focali si intuiscono dalle interviste e dalle dichiarazioni rese dai candidati, sembrano usciti fuori dalle pagine migliori del libro Cuore: buoni propositi, pensieri zelanti e progetti da Celeste Impero.

La vera partita, in queste elezioni, a mio avviso, si gioca tutta sul versante della coesione sociale e del risanamento delle finanze.

Solo chi riuscirà a convincere  l’elettorato proponendo soluzioni concrete realizzabili a medio termine per risolvere la grave situazione finanziaria dell’ente, per avviare un serio intervento di revisione delle imposte locali e per pianificare un programma di interventi di rigenerazione del territorio potrà spuntarla sugli altri. Il vincitore di questa difficile ed enigmatica competizione  sarà colui che  si farà promotore di una idea di amministrazione meno opaca e più efficiente e auto-riflessiva, in grado di creare le condizioni affinché i cittadini che sono tagliati fuori dai processi decisionali dell’amministrazione tornino ad essere cittadini attivi e partecipativi, in modo da mettere in moto il circolo virtuoso della responsabilizzazione di coloro cui essi hanno conferito il potere di rappresentarli.

Qualora ciò non si verificasse – e che soltanto con la elezione di un abile tessitore, dall’esperienza e dall’influenza consolidate come Salvo Burgio potrà avvenire – inevitabilmente, considerato il quadro frammentato della compagine consiliare  che si prefigura qualsiasi siano gli esiti del voto –  nel giro di qualche anno si tornerà di nuovo a votare.

Salvo Sequenzia