SCOSSA DI TERREMOTO? A SIRACUSA POSSIAMO SOLO PREGARE
Andrea Bisicchia, sei un disaster manager e quindi un esperto di protezione civile. Il 2 luglio scorso abbiamo avuto a Siracusa una forte scossa, ma il Comune non ha fatto praticamente nulla, tranne che dare la notizia con quasi un’ora di ritardo. E poi nulla. Questa forte scossa potrebbe essere un avviso
Sarà banale e ripetitivo ma il Sindaco, Autorità Comunale di Protezione Civile, oltre che di Pubblica Sicurezza e Sanitaria, è individuato dalla normativa come il soggetto che, in caso di calamità, deve assumere la direzione dei servizi di emergenza che insistono sul territorio del comune, nonché il coordinamento delle attività di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e provvedere agli interventi necessari. In caso di TERREMOTO si deve essere in possesso dello studio di microzonazione sismica del territorio comunale; e del Piano Comunale di Protezione Civile. Con la scossa di qualche giorno addietro che si è registrata molto forte in tutta la città in quanto non molto profonda all’interno del territorio, non si è fatto nulla come affermato, i cittadini hanno registrato spavento ma per fortuna non ci sono stati danni. Il Comune avrebbe dovuto immediatamente dopo la scossa, tenere contatti con dipendenti comunali, amministratori, volontari di protezione civile, Carabinieri, Vigili del Fuoco, cittadini per una prima valutazione sommaria degli effetti sul territorio e sulla popolazione. Si sarebbe dovuto effettuare un primo contatto con la Prefettura, la Regione Siciliana e la Provincia. Si doveva attivare un adeguato presidio del centralino telefonico. Si doveva verificare l’eventuale interruzione di pubblici servizi (energia elettrica, gas, acqua, telefono). Contattare i responsabili di strutture pubbliche o private (uffici, negozi, aziende, ambulatori medici ecc.) e con persone che possono risultare in pericolo per far si di provvedere all’evacuazione preventiva (secondo piano di sicurezza) e per la successiva valutazione di eventuali danni alla struttura. Ma tutto ciò non è avvenuto affatto, proprio per la inadeguatezza della nostra struttura comunale di Protezione Civile. Queste sono le attività minime emergenziali al sorgere di qualsiasi fenomeno; insomma uno dei compiti primari del Sindaco è quello di saper garantire in ogni situazione la sicurezza della propria comunità, sia come singoli individui che come collettività; ma quando non ci si è mai esercitati a svolgere tali ruoli si resta così, sempre più paurosi. Il mio percorso accademico presso la sede universitaria di Perugia è costellato da estenuanti esercitazioni in città e nelle varie zone circostanti giusto perché tale meccanismo va oliato costantemente tant’è che la struttura comunale umbra è una delle più efficienti d’Italia e all’interno del percorso universitario si è creato uno staff di specialisti laureati che operano, (come associazione) quando il Dipartimento ci attiva, per intervenire in zone di calamità e ogni anno questi professionisti aumentano man mano che finiscono il percorso di laurea.
Prima ai Pantanelli c’era una struttura comunale di protezione civile. Che fine ha fatto?
E’ vero la Protezione Civile fu allocata nell’area Pantanelli (ex base Agip) in un’area di circa 44mila metri quadrati dove si poteva ben operare per un servizio di tale portata. Personalmente mi sono prodigato affinchè la palazzina, che si trova all’interno dell’area quella posta all’estrema sinistra entrando, fosse ben attrezzata per ospitare un COC in grado di supportare un evento di Protezione civile. Furono spesi dei soldi per fornire dei computer da tavolo per le funzioni di supporto, le scrivanie con cassettiere, qualche portatile armadi sedie e poltroncine e due studi uno per assessore e uno per dirigente e quant’altro. Furono effettuati lavori di consolidamento del prefabbricato dove in qualche punto era ceduto il pavimento, nulla di eccezionale poichè la struttura è composta da capriate che formano il soffitto e da pareti mobili smontabili e poteva sopportare qualche calamità. Tutto questo fino al 2003 nel mentre si era approvato dal Consiglio comunale il regolamento del servizio di Protezione civile e successivamente il regolamento della Consulta della Protezione Civile. Inoltre la prefettura all’epoca, aveva effettuato dei sopralluoghi sulla bontà dei lavori e delle forniture che venivano messe in quella palazzina. Dopo quell’anno la struttura ha avuto un lento degrado, i computer venivano spostati in altri uffici, il portatile non se n’è saputo nulla, le scrivanie sono state dirottate in altri uffici comunali, i sottoservizi cannibalizzati, fino a quando si è arrivati a dichiarare il prefabbricato inagibile con rischio di crollo. In effetti non era così visto che è ancora in piedi, abbandonato e oggetto di scempio da parte di ignoti.
Andrea Bisicchia, come si fa un nuovo piano di protezione civile senza che lo conosca nessuno? E come fa ad approvarlo un commissario che non sa nemmeno dove sono Borgata e Mazzarona? In sintesi, facendo gli scongiuri, se arriva una scossa pesante siamo nelle mani del Signore?
Il commissario ha avuto sicuramente pressioni dall’assessore e dal sindaco per portare qualcosa sul proprio curriculum personale, ma giocando con la pelle dei cittadini, senza appunto sapere cosa vuol dire protezione civile. Non si sa chi fa cosa, come si saranno dislocate le risorse umane, nei quartieri cittadini. La città manca di un impianto video nei punti più nevralgici, manca di sottoservizi alternativi che in un momento di calamità possano essere attivati e mantenere così le normali attività umane. Vi faccio un esempio banale l’area della marina è destinata ad area di attesa dei cittadini, ma vi immaginate i cittadini ammassati li? Viene un’onda anomala e succede una carneficina. Ecco perché insisto su esercitazioni di protezione civile che sono un importante strumento di prevenzione e di verifica dei piani di emergenza, con l’obiettivo di testare il modello di intervento, di aggiornare le conoscenze del territorio e l’adeguatezza delle risorse. Hanno inoltre lo scopo di preparare i soggetti interessati alla gestione dell’emergenza e la popolazione, ai corretti comportamenti da adottare. Aggiungo che in Sicilia solo il 49% dei comuni ha trasmesso dei piani di protezione civile quindi ancora ci sono molte carenze e ritrosie a dotarsi di questo strumento opportuno e necessario, e bisogna verificare se i piani che sono stati presentati sono ben fatti ed efficaci e danno sicurezza ai cittadini amministrati. Insomma, in atto, se una calamità si abbatte su questa città sono solo i santi protettori ci possono aiutare.