PRIMA ERA “LA GROTTA CHE PARLA”, POI IL CARAVAGGIO LO CHIAMO’ “ORECCHIO DI DIONISIO”
L’orecchio di Dionisio deve la sua fama ad un particolare effetto acustico che amplifica notevolmente i rumori e la cui origine è del tutto casuale. Anticamente detta “la grotta che parla” deve il suo nome attuale a Michelagelo Merisi da Caravaggio che visitandola assieme al Mirabella, in una delle sue soste a Siracusa, lo ideò convinto che si trattasse del carcere di Dionigi, ricordato da Cicerone, costruito in quella forma per potere ascoltare ciò che dicessero i prigionieri. Ma l’esperimento fatto dal De Salle, un viaggiatore straniero del XIX secolo ha sfatato questa leggenda dimostrando che dall’incavo esistente nell’alto della grotta, dove si pensava che sedesse Dionisio per ascoltare i prigionieri, non si sente quasi nulla. La grotta è profonda m 70 e alta 23; è larga da 5 a 10 metri. Le sue pareti curvilinee rivelano le tracce dell’escavazione e delle successive destinazioni della grotta che nei secoli XVI e XVII venne adoperata come ricovero di mandrie e poi come taverna, uso attestato da un atto notarile del 1584. Questa destinazione spiegherebbe l’esistenza di alcuni fori nelle pareti.
Anticamente era detta “grotta parlante” e deve il suo attuale nome a Michelangelo Merisi da Caravaggio che, visitandola con Vincenzo Mirabella, in una delle sue soste a Siracusa, lo inventò, convinto che si trattasse del carcere di Dionigi di cui parla Cicerone, costruito in questa forma per poter ascoltare ciò che dicessero i prigionieri. La grotta, ha le pareti levigate e curvilinee, tranne quella di fondo, è lunga m 60, alta m 20 all’inizio e 33 alla fine, è larga da 5 a10 m. L’incavo posto in alto, all’ingresso della grotta è quello in cui si credeva che Dionisio ascoltasse i prigionieri, dopo l’esperimento fatto dal de Salle, un viaggiatore straniero del XIX sec. che si fece sollevare fin lassù, si dimostrò che da lì si sentiva poco e niente. Anche la presenza di 8 anelli all’interno della grotta ha fatto molto discutere, probabilmente servivano per legarvi il bestiame, dato che nei secoli XVI e XVII la grotta venne adoperata prima come ricovero di mandrie e poi come taverna, come risulta da un atto notarile del 1584. La caratteristica della grotta è l’eco che risuona alla più piccola sollecitazione e sulla cui origine si sono fatte molte ipotesi tutte non accettabili. La particolare forma della grotta simile al padiglione di un orecchio è la risultante delle tecnica di scavo di cui abbiamo altri due esemplari nelle latomie dei Cappuccini e del Casale. L’altra ipotesi riguardante l’esistenza della grotta per favorire l’acustica del teatro è inaccettabile perché presumerebbe la conoscenza di leggi scientifiche impensabili per quel periodo.
Lucia Acerra