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SALVO FERLITO: BISOGNA METTERE ORDINE NEL DISORDINE DEI PANTANELLI

Rivedo le carte della proposta di riqualificare la Ex SPERO, in nomen omen, ebbene si potrà sperare tanto, anche se ho il sospetto che non sia lo spero in questione un verbo, ma un acronimo, e il progetto presentato da un pomposo testo che recriminando il diritto del waterfront della città ne propone in sostanza il suo rovescio. Lo stabile di fatto, assieme ad alcuni magazzini, recinti e materiali di risulta blocca l’accesso al fronte marittimo. A Barcellona e nella stessa Catania, dove ho seguito l’opera degli architetti catalani Bohigas e Martorell, senza nessun dubbio di smentita, si cominciava da un progetto urbanistico globale del fronte marittimo, quindi i progettisti avrebbero disposto la rimozione delle barriere al mare (edifici, magazzini, recinti, discariche) si sarebbe creato un lungomare con marciapiedi larghi venti metri e la spiaggia (artificiale) con i servizi annessi. Una volta progettato lo sbocco al mare di tutto il territorio, si sarebbero pensati gli investimenti pubblico-privato per l’edilizia commerciale e abitativa, i porti e centri commerciali. Ma la condizione obbligatoria è che il waterfront sia LIBERO da edifici e dalla cintura ferroviaria; in questo Siracusa è avvantaggiata rispetto Catania, perché a suo tempo, fu spostata la stazione ai Pantanelli liberando chilometri di costa. Per fare tutto ciò ci vuole: un sindaco capace – Maragall ci riuscì a Barcelona in occasione delle Olimpiadi del ‘92; ci provarono Bianco e poi Scapagnini a Catania ma tutto è ancora fermo sulla carta – e vi è bisogno anche di progettisti che vadano a definire un piano su larga scala, dove anche i dettagli siano visibili. A Siracusa si provava ad operare con un metodo che è tutto al contrario: si voleva partire da un edificio che blocca l’accesso al mare, quello della Ex Spero, lo si voleva restaurare in nome di una improbabile archeologia industriale e poi non contenti si volevano interrare 40.000 metri di mare per farne centri commerciali con la patetica giustificazione che:

(…) l’accentuato andamento curvilineo della linea di costa, che in questo punto crea un ansa, avrebbe reso le strutture

portuali pressoché invisibili dal centro storico d’Ortigia e non percepibili dal Parco archeologico della Neapolis, queste ultime “CORE

ZONE” per la UNESCO. (…) Traduciamo dall’inglese maccheronico usato ad arte nel materiale illustrativo di “Marina di Siracusa” per confondere le idee: L’UNESCO tutela la nostra città come Patrimonio dell’Umanità e la struttura in questione per questo dovrebbe essere nascosta dalla visuale d’Ortigia e da quella del Parco archeologico, perché quelle due aree sono interessate dalla tutela pena la cancellazione della nostra città dall’elenco dei siti protetti.

Inoltre l’insediamento che si pensava di creare interrando una parte di porto avrebbe bloccato di fatto l’accesso al mare e il valore dei terreni di proprietà dello Stato dove vi è l’Aviazione Militare, e in caso di vendita, anche se oggi non si parla più di questa cosa, ma in Italia, le sorprese appaiono ad ogni piè sospinto, questi terreni quindi, per un effetto domino, potrebbero essere acquistati a modico prezzo solo da due reali compratori. Non voglio farla lunga dicendovi cose che tutti sapete, Cicerone, Goethe e mille altri hanno scritto sui nostri due porti e la bellezza va conservata e protetta. Altro errore comune a chi ha amministrato la nostra città è quello di non capire che per Siracusa vi è un grande futuro per un turismo colto e consapevole e le prime palle al piede da cui bisogna liberarsi è la zona industriale, argomento complesso per parlarne qui adesso. Poi bisogna evitare una certa classe imprenditoriale troppo legata alla disinvolta gestione dei rapporti con le Istituzioni e poco attenta alla proposta culturale e infine tentare di eliminare questi chioschi a gestione familiare che sono gli Enti Locali.

Infine un Tabù che dovremmo tutti superare è la demonizzazione del concetto della cosiddetta cementificazione: in architettura, come penso nella vita, non bisogna giudicare per canoni fissi, bisogna avere il coraggio di analizzare volta per volta i progetti e alla fine decidere, senza però dimenticare che ogni scelta comporta rischi e che ogni società, alla fine, si prende le responsabilità delle direzioni intraprese. Adesso è chiaro che l’idea d’interramento del porto di Siracusa era una opzione inaccettabile, ma non bisogna chiudere per questo a priori i discorsi con gli imprenditori siracusani. Voglio ricordarvi che la battaglia per il recupero del fronte marittimo di Barcellona è stata la più grande opera di cementificazione della Spagna della fine del secolo passato.  È stata una scelta coraggiosa, un’opera grandiosa, che ha regalato il mare ad una intera città e dato enormi utili alle imprese che hanno realizzato il progetto, consegnando alla società catalana una svolta epocale, in termini di posti di lavoro, prosperità, fruizione del paesaggio e immagine internazionale. Se gli imprenditori siracusani oggi hanno finalmente delle idee diverse che le espongano, evitino di perdere tempo in borse di studio sul tema, si mettano piuttosto in contatto con lo studio di architetti MBM di Barcellona che ha il curriculum perfetto per progettare una opera di tale portata. Lavoriamo tutti perché questo sia possibile, nel pieno rispetto dei vincoli ambientali, archeologici e paesaggistici. Partire da questi vincoli per creare opere di edificazione che ricompongano il volto, sfregiato dal disordine dei Pantanelli, della nostra bella Siracusa.

Bisogna infine puntare su efficienza e celerità amministrativa, sicurezza e pulizia, cose che purtroppo al momento risultano carenti a casa nostra. In poche parole, maggiore trasparenza, legalità e rispetto del vincolo aiutano uno sviluppo graduale ed omogeneo delle attività economiche e del territorio. Cose al momento pare siano impossibili.

Alla fine paghiamo sempre noi, o per meglio dire, le nostre generazioni future.

Salvatore Ferlito