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ECCO COME AGOSTINO E FILIPPO, INGHIOTTITI DALLE ONDE, SI TRASFORMARONO IN DUE SCOGLI

Dalle trifore dell’antico monastero si scorgeva un mare, azzurro, trasparente, cristallino che lambiva una costa incontaminata e il cui paesaggio era talmente suggestivo e fiabesco che chi volgeva lo sguardo all’orizzonte, si perdeva nell’immensita’.

Nell’antico monastero la vita dei fraticelli era regolata  e scandita, quasi come un orologio svizzero, dalle tante attività che freneticamente e giornalmente erano espletate. Ogni frate, ogni mattina all’alba, si svegliava e cominciava  la loro consueta giornata. Ognuno sapeva cosa svolgere: chi badava alle faccende domestiche, chi all’orto, chi alla questua, chi al ricovero dei senza tetto, chi alla cucina.

Proprio la cucina era il regno di fra Filippo, un frate alto, pelato e grasso come un barile, che sapeva cucinare le prelibatezze più buone di tutta la città. Non c’era niente che non sapesse cucinare, altro che Master chef! Un cuoco a sette stelle e lui, di questo, se ne vantava proprio. Era veramente un portento con forchette e coltelli!

Fra’ Filippo era aiutato da fra’ Agostino, un giovincello che diciassette anni prima era stato abbandonato nella ruota e i frati si erano ritrovati ad accudirlo e, loro malgrado, ad allevarlo come un figlio. Agostino quindi aveva tanti padri putativi e tutti ahimè gli ordinavano di fare qualcosa. Agostino fai questo, Agostino fai quello e lui, però, essendo un mangione con i fiocchi, si rinchiudeva in cucina e aiutava fra’ Filippo a preparare marmellate, tisane, sciroppi, conserve e leccornie varie.

Le giornate trascorrevano freneticamente…e dire che alle quattro del mattino erano già tutti in piedi, pronti per le lodi, poi la messa, un’ora di lettura contemplativa e poi,

via…Tutti al lavoro nelle loro postazioni. Precisi e composti.

Ecco che  fra’ Filippo e  fra’ Agostino, ogni mattina, si ritrovavano a lavorare fianco a fianco e, a volte, erano più i battibecchi che le salutari conversazioni. Fra’ Agostino, forse per la sua giovane età, era solito agire di testa sua e non ascoltava i saggi consigli di fra’ Filippo il quale, perdeva facilmente la pazienza e andava subito in collera e allora, giù i ceffoni.

Fra’ Filippo diceva sempre che un ceffone, dato al momento giusto, faceva diventare uomini sani e retti. Boh! Mah! Pensava Agostino che nel frattempo le prendeva di santa ragione e, a tal proposito aveva i suoi dubbi. Ma guai a parlarne…sarebbero arrivati giù altri ceffoni.

A parte questo, Agostino amava cucinare allo stesso modo di fra’Filippo e, ogni mattina, tutto il monastero si svegliava si inondava  di profumi, di odori e di buona fragranza di pane fresco, cornetti appena sfornati, crostate così buone che facevano resuscitare anche una mummia egiziana.

Che bontà! Che delizia! Che soavità! Commentavano i confratelli che mangiavano di gusto e si vedeva pure, dato che ognuno aveva una bella pancetta, nascosta sapientemente  dal saio. C’è da aggiungere che fra’Agostino, quando fra’ Filippo non guardava, ecco che metteva in bocca adesso una fragolina, ora un’olivetta, ora un pezzetto di cacio. Non sapeva proprio resistere! Una vera e propria tentazione a cui

non poteva frenarsi.

Ma quando arrivava la bella stagione, era tutta un’altra storia.

I fraticelli erano soliti risparmiare fino all’osso e, dato che il monastero si trovava vicino al mare e qui i pesci, si sa’ non costano niente, ecco che si facevano scorpacciate di pesci che poi fra Filippo li cucinava nei modi più svariati: alla griglia, fritti, alla matalotta, al forno, persino il sushi preparava!

Così fra’ Agostino, ogni mattina, dopo le preghiere, si muniva di lenza ed esca, scendeva lungo la scogliera, si sceglieva un posticino tranquillo e, dopo aver lanciato il suo vermetto, pazientemente aspettava e aspettava. Pesci, abboccate…perdindirindina! Rimuginava tra se’! E tra un pesciolino e un altro si faceva dormite che erano una

meraviglia, al suono melodioso delle onde che dolcemente si infrangevano negli scogli.

E così ogni mattina d’estate, Agostino ritornava al monastero con due saraghi, uopi, merluzzi, seppioline, pesci re, sardine. Ad attenderlo c’era sempre fra’ Filippo che non era mai soddisfatto di ciò che pescava fra’Agostino e lo rimproverava di non impegnarsi a fondo.  E giù ceffoni.

Non basta questo pesce! Diceva. Devi pescarne di più!

Agostino si disperava e, seduto sul suo scoglio, rimuginava come pescare più pesci. Ma, per quanto si impegnasse, non trovava nessuna soluzione.

Come fu e come non fu, come per magia o per prodigio, dalle chiare, limpide e glauche acque, spuntò una creatura dalle sembianze celestiali, piuttosto che marine, avvolta in un velo trasparente dai riflessi turchesi che disse: Agostino, stai tranquillo… penso io a te. Tu rilassati perché da oggi, con Fra’ Filippo, farai una bella figura.

Agostino, un po’ frastornato e incredulo, tanto per non cambiare abitudine, si addormento’  pensando a quella strana figura che era comparsa dalle acque. Quando si svegliò, trovo’ accanto a se’, ben disposti e allineati tanti di quei pesci che Agostino ebbe difficoltà anche a riporli nella sua sacca. Tutto contento, soddisfatto e orgoglioso, s’incammino’ verso il monastero pensando a ciò che gli avrebbe ciarlato fra’

Filippo di fronte a tutto quel ben di Dio.

Il pranzo, quel giorno, fu una prelibatezza e tutti i fraticelli si riempirono ampiamente la pancia.

Il giorno dopo fra’ Filippo raccomandò ad Agostino di impegnarsi ancora di più e di ritornare con ancora più pesci.

Agostino, come sempre, si posizionò comodamente nel suo scoglio e attendeva che i pesci abboccassero come il giorno prima. In men che non si dica, dalle acque venne fuori la splendida  creatura e, anche questa volta, gli disse di rilassarsi.  Agostino, pigro com’era, ubbidì e come il giorno prima, si addormentò dolcemente facendo sogni, è il caso di dire beati e sereni e, quando si svegliò, trovò tanto di quel

pesce che poteva sfamare un’intera ciurma. E così il giorno successivo e ancora il giorno dopo e ancora, ancora e ancora.

Fra’ Filippo, che tanto scemotto non era, cominciò a pensare che c’era qualcosa che non quadrava. Come mai quel tonto di fra’Agostino, pensava tra se’, riesce a prendere

così tanto pesce? Vuoi vedere che quel furfantello avrà escogitato qualcosa per non faticare? – Domani andrò a controllare di persona- Si disse tra se’!

Il giorno dopo, appena Agostino uscì, fra’ Filippo cominciò a seguire i suoi passi. Intanto il fraticello, arrivato nel suo consueto scoglio, si posizionò e cominciò ad aspettare l’arrivo della strana creatura. Ormai non buttava in mare neanche la lenza, tanto era sicurissimo che la misericordia, anche quel giorno, l’avrebbe arriso.

E così fu. Anche quel giorno la misteriosa creatura sarebbe venuta in suo aiuto. Eccolo lì, farfugliò fra’ Filippo. Adesso ci penso io a quel mascalzone!

Rosso  per la rabbia,  cominciò a scendere rapidamente tra gli scogli,  ma rotondetto com’era, faceva fatica, inciampo’ e cadde in acqua. Aiuto! Aiuto! Gridava freneticamente. Aiuto! Affogo! Annego! Aiuto!

A quelle urla, Agostino si svegliò  di soprassalto e vedendo fra’ Filippo che annaspava nelle acque, senza pensarci due volte, si tuffò in mare per cercare di trarlo in salvo.

Fra’ Filippo si agitava forsennatamente, brancolava, si dibatteva e il povero Agostino faceva una fatica immensa per portarlo a riva. Proprio quel giorno, il mare non era proprio una tavola. C’era un venticello e le onde del mare si susseguivano incalzanti e avvolgenti. E proprio un’onda, un’onda anomala più alta di tutte le altre, sommerse i due che, in men che non si dica, furono inghiottiti e risucchiati nel fondo del mare.

I poverelli, non essendo bravi nuotatori, perirono cercando l’uno di salvare l’altro.

Ma si sa, il mare così come toglie da’, e in loro memoria fece spuntare due grandi scogli…che danno ricordanza di come  il mare tanto generoso è, quanto tradimentoso può diventare!

Graziella Fortuna