Politica

CORRADO GIULIANO: ORTIGIA LUNA PARK E’ PEGGIO DELLA CEMENTIFICAZIONE

La questione Ortigia ed il progetto della città storica, a quasi cinquant’anni dopo la sua salvezza, grazie al vincolo paesaggistico (strappato nel 1969) e quarant’anni dopo la legge speciale (conquistata nel 1976), batte il passo, è vuoto di analisi e prospettive, che non siano quelle indotte dal mercato del consumo turistico al quale il moto inerziale non governato ha asservito l’uso dei suoi habitat, la sua stessa funzione di sito naturalmente urbanizzato per la residenza, il lavoro, il tempo libero, la vita del nostro quotidiano. Una monocultura del Luna Park della finzione identitaria, gli spazi comuni che nella stagione estiva correranno di nuovo il rischio di essere asserviti ai dehors, autorizzati e non, in fondo non fa la differenza, la scelta/non scelta della gestione della città va fortemente in quella direzione, scelta/non scelta che trova ben radicati ed agguerriti interessi nella pratica delle autorizzazioni commerciali, nella pratica di una deregulation incoraggiata, nella cancellazione silenziosa delle testimonianze dell’abitare, con intere strutture edilizie dalla corteccia restaurata e dagli interni asserviti all’incontrastato mercato degli affittacamere. Ortigia è anche vittima di un business familistico diffuso di risposta alla crisi economica ed alla crisi di idee di sviluppo, quello di affidarsi a microeconomie, spesso in nero, che destinano interi edifici della città storica ad una fruizione usa e getta, che non è neppure quell’albergo diffuso dell’accoglienza che significa scambio di culture e di esperienze, faccia nobile del fenomeno, ma è comprare e restaurare pezzi in degrado o convertire spazi della normalità abitativa e residenziale, da tagliare a fette, un vano ed un cesso da affittare, una fuga nelle economie parassitarie dell’affitto senza crescita e senza prospettive ed idee collettive e di strategia, un rischio di irrimediabile perdita di identità dell’abitare non soltanto siracusano ma dell’urbanesimo in generale. Occorre lavorare per disegnare un fronte di investimento e tutela, di opportunità economiche e di rispetto, contrastare questo trend incoraggiato, per “quieto amministrare‟, dai governi cittadini che si sono succeduti, uguali in questa assenza di prospettive forti. Assistiamo ad uno spreco quotidiano della nostra risorsa principale, ogni cantiere aperto rappresenta assai spesso oggi, e voglio sbagliarmi in questo catastrofismo, la morte del vivere ordinario, ed il non governo ne è il maggiore artefice ed alleato. Certo Ortigia è Siracusa, Ortigia dialoga con la Neapolis, con i grandi siti archeologici, ne è un corpo insieme separato ed intimamente connesso, Ortigia si allunga al perimetro delle Mura dionigiane, alle Paludi Lisimelie, al Ciane al Plemmirio, e tuttavia se la rendiamo una quinta vuota, una Disneyland, la perdiamo, la destiniamo irrimediabilmente al consumo a colpi di invasioni paninare, dehors invasivi, esposizioni fitte di paccottiglie per turisti, illegalità diffuse ed autorizzate, la asserviamo a fiancheggiamenti ad economie malavitose che si manifestano in tutta l‟invasione delle parti sensibili della città, per intenderci : fascia da Ponte Umbertino, Porta Marina , Fonte Aretusa Via Alfeo, economie che hanno anche l’inequivocabile segnale della caduta di qualità di offerta di servizi. L’assenza di progetto di questi anni, e la incredibile vicenda del Prof. Liistro, chiamato a disegnare una idea di storica, chiamato ad inseguire assessori, sindaco e funzionari, a subire lo stesso smantellamento dell’Ufficio Ortigia ha reso possibile l’avvio dei segnali di questa deriva, l’allarme dell’Urbanista è di merito, l’analisi dell’Assessore si ferma all’analisi critica degli strumenti, piano particolareggiato / variante al PRG, poco importa, se non ci convinciamo che ancor prima degli strumenti urbanistici, che sono mezzi di realizzazione delle idee di una citta, ci vogliono e forti queste ultime. Qui da anni non si batte un colpo, lo battono soltanto gli interessi di una economia incontrollata e selvaggia, che riesce a divorare i suoi stessi figli. Ritengo che le responsabilità di questa sospensione del decidere ricadano non soltanto sulle amministrazioni che si sono succedute dopo la grande tensione sul centro storico degli anni ‟90, ma anche ad una società civile, ad una serie di attori, operatori culturali, associazioni, ordini professionali, Università, che hanno mollato la presa e l’attenzione, e ci mettiamo in prima fila, che probabilmente ritenevano in questo trend di rivalutazione del Centro Storico, di riscoperta di Ortigia, che tutto fosse risolto e salvato, che il mercato avrebbe fatto il resto, che avrebbe finalmente fatto giustizia dell‟abbandono degli anni ‟60. „70 ed ‟80, che si è confortata del successo d’averla sottratta alla speculazione delle aree. Ci troviamo oggi, di nuovo ad un bivio essenziale, ad una nuova pietra miliare della storia della città, uguale a quella degli anni sessanta, ancora prima alla sua „liberazione‟ dalla cinta fortificata, ancora prima alla sua destinazione a „fortezza‟ del Regno, ed ancora indietro, con le stesse cruciali emergenze: negli anni sessanta e settanta significò salvare Ortigia dalla cementificazione, dall’idea forte ed autorevolmente sostenuta di una Ortigia-Manhattan; erano il Rotary, i notai, l’Ordine degli Avvocati, la piccola e grande proprietà diffusa delle parti deboli e delle parti forti del centro storico, i palazzinari delle aree della Neapolis, la proprietà urbana della rendita, il trend urbanistico dell’edilizia intensiva, e per un miracolo della solidarietà della più attenta cultura urbanistica nazionale, con un esercito di pochissimi, oggi scomparsi, combattenti intellettuali, Giuseppe e Santi Luigi Agnello, Gioacchino Gargallo, Efisio Picone, Ettore Di Giovanni, Bernabò Brea e pochi altri, la testata “Siracusa Nuova‟, grazie all’adesione alla battaglia di tutela di sponde fuori la città, e di grandi organi di opinione, dal Mondo di Pannunzio, al Corsera, a Italia Nostra, Ortigia è arrivata sostanzialmente intatta sino a noi. Oggi la stessa opposizione, nelle forme nuove del caso, va armata per evitare ché il corpo concreto della città venga subdolamente svuotato con destinazione a Disneyland, a dormitorio per turisti ad alto ed incolto consumo di beni fragili. Perché questa opinione corrente di „valorizzazione‟, di consumo di brand, sia convertito oggi e qui in una grande sfida di crescita di consapevolezza collettiva del valore culturale, e quindi vitale e civile (eviterei l’appello alla cultura e lo convertirei con un appello alla qualità della vita urbana e civile e democratica di bene comune tout court) per la sopravvivenza di questo patrimonio che se investito con parsimonia ed attenzione potrà restare risorsa. E‟ evidente che devono soccorrere a ciò tutte le istituzioni chiamate, non è più tollerabile l‟assenza di progetto di Comune e Soprintendenza ai BB AA CC e Capitaneria di Porto, che devono attrezzarsi, pena la perdita di funzione, ad un nuovo più rigoroso ruolo di controllo ed indirizzo e partecipazione al governo dei luoghi sensibili della città storica, Fonte Aretusa, Villetta Aretusa, Marina, Piazza Duomo, Via Pompeo Picherali, Piazzetta San Rocco, la Via Roma, le perpendicolari, Via del Crocifisso, Via del Consiglio Reginale, il Mercato di Via De Benedictis, Graziella, Giudecca, le aree di concessione demaniale. Ci aspettiamo oggi proposte meditate e concrete, i mezzi di pianificazione urbanistica verranno a servire quelle idee, proposte all’altezza delle nuove destinazioni della città, all’altezza delle attenzioni acquisite senza nostro merito del mercato del turismo, all’altezza della sfida culturale che la città può dare come segnale di partecipazione all’immagine collettiva del Paese. Ci aspettiamo che Sindaco, Soprintendente, Capitano di Porto, Assessore al Turismo, al Territorio ed Ambiente, ai Beni Culturali trovino un luogo per pensare insieme il che fare per Ortigia e per tutte le città storiche di Sicilia, che non abdichino dai loro essenziali ruoli di governo affidando ai “flussi ciechi‟ dell’economia effimera del transito, i destini della nostra “casa comune‟.

Corrado Giuliano