Politica

SALVATORE SEQUENZIA: SIMONA LO IACONO, VERONICA TOMASSINI E STEFANO AMATO SONO I CONTINUATORI DI VITTORINI E QUASIMODO

Salvatore Sequenzia, Siracusa e la sua provincia vivono un momento di grande crisi, eppure di questo si parla poco. Pensiamo ad eventi, assessorati e sciocchezze varie, come i suonatori del Titanic.

Questa è una crisi che viene da lontano. Non si tratta di una crisi soltanto politica, né soltanto  economico-finanziaria, ma di una crisi di civiltà, ovvero di sistema che interessa scenari più vasti con ripercussioni locali. Ce la portiamo dietro dal 1992, quando un partito anti-sistema come l’allora Lega Nord impennava nei consensi e la Dc scendeva per la prima volta sotto il 30%.  Nacque la stagione dei governi tecnici con il governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, chiamato a guidare un esecutivo di centro-sinistra. L’anno dopo – siamo al 1994 – trionfava un’inedita alleanza di centro-destra, messa su in poche settimane dall’imprenditore televisivo Silvio Berlusconi e che comprendeva la Lega al nord e la nuova Destra al sud, oltre che una Forza Italia d’impronta centrista. Poi, dopo  santificazione dell’anti-politica e  dopo l’avvento dei “tecnici” al Potere”, i Maggiordomi di Stato che hanno precettato quel che rimaneva del vetusto establishment, sono sorti i nuovi movimenti populisti come risposta ai conflitti sociali, al malcontento diffuso, ai rancori, alla sete di vendetta e alle delusioni dei cittadini. Tutto ciò è accaduto sia a livello nazionale che locale. Frattanto, l’Italia è divenuta periferia dell’Impero, terra di conquista dei nuovi Imperialismi: Cina, India, Russia, Estremo Oriente.

Oggi, dopo oltre un quarto di secolo, abbiamo visto passare governi nazionali e amministrazioni locali mediocri, frutto di logiche vetuste ed espressione di  nuove ammucchiate. Una classe dirigente  è tramontata e ad una classe politica decimata  dalla magistratura, dagli scandali e dalla estinzione fisica ne è subentrata un’altra, che agita con disinvoltura la bandiera bianca all’insegna della purezza virginea e del cambiamento. In realtà, la bandiera è bianca  solo perché è vuota. Siamo  andati a finire nelle mani di una classe politica “vuota”, inetta, di crassa e arrogante ignoranza, capace di nutrire soltanto grandi appetiti.  I pochi che si distinguono per competenza e per merito vengo emarginati, vilipesi, costretti al silenzio. La de-responsabilizzazione, la “caciara”  e l’improvvisazione sono assurte a metodo al posto dello studio, dell’impegno, della progettualità.  In questo scenario, la provincia di Siracusa, fatta eccezione per qualche realtà territoriale virtuosa, è divenuta periferia della periferia.

Come si comportano i politici locali in tale contesto? Mi viene in mente un antico proverbio cinese: «La gallina saltella nel pollaio e crede di volare come l’aquila».

Il capoluogo in particolare è un disastro, senza lavoro, senza strade, con l’aria inquinata, sepolto dalla spazzatura e dal nullismo dilagante. Cosa pensa chi amministra? A mettere una tassa illegale sui loculi già di proprietà.

Siracusa soffre di un male antico. Illustri studiosi – da Santuccio ad Adorno – hanno indagato e spiegato le scaturigini di questo male, che si situa, storicamente, nel ruolo  di “città demaniale” che Siracusa ha rivestito nel passato.  Svincolata dal controllo dell’autorità feudale e dalla giurisdizione vescovile, la città ha alimentato una classe impiegatizia e burocratica al servizio del Re corrotta, proterva, servile, indolente, che ha vissuto beandosi alle spalle  delle gloriose maestranze marinare e artigianali dissanguandole e portandole alla stremo. I vizi e le perverse attitudini di quell’antico ceto di burocrati e di impiegati sopravvive oggi nella facies sociale della città archimedea. Che cosa rimane delle prestigiose attività commerciali e imprenditoriali di un tempo? Nulla o quasi.  La città langue, deturpata da una immondizia vera, reale, e da una morale (la vicenda Sistema Siracusa, le inchieste su certi politici e burocrati di rango e la massoneria, etc.) le poche occasioni di sviluppo sono costituite dai beni culturali, gestiti con molta approssimazione. E poi c’è Ortigia, l’isola delle quaglie sacra ad Artemide divenuta la Suburra della Sicilia Orientale.
Cosa penso di chi amministra?  Penso che potrebbero dare molto se, invece di presenziare, tornassero a studiare. La tassa sui loculi, se non fosse che si tratta di un atto orrendamente iniquo e irrispettoso  nei confronti dei defunti, penserei che sia una geniale e surreale escogitazione letteraria  di Pirandello o di Gogol.

Abbiamo letto della sfiducia di alcuni consiglieri per il sindaco di Floridia, Limoli. In effetti che succede a Floridia?

Floridia vive, da un decennio a questa parte, una situazione di vuoto di leadership che caratterizza la vita di molti territori e comunità. La mancanza di figure forti  sia sul piano politico sia sul piano  dell’amministrazione dell’ente alimenta confusione e conflitti che una legge elettorale regionale di  natura medievale contribuisce ad esacerbare. Di fatto, ritengo che l’adozione dello strumento della mozione di sfiducia rappresenti una sconfitta per tutti.  Una sconfitta per la politica, innanzitutto, che in tal modo ricorre alla legge della faida per ripristinare equilibri che, per natura, pertengono all’ambito della mediazione, del dialogo e del corretto confronto democratico. Una sconfitta per gli  amministratori, che, ricorrendo al cavillo giuridico, abdicano alla loro funzione politica per affidare ai legulei di turno  ciò che compete alla politica. Una sconfitta per la comunità, infine,  che perde una occasione di responsabilità e di crescita.

E’ il momento della non legalità. Prevale anche nella gestione dei beni culturali. Ma che quarzo di fenomeno è?

Esiste oggi, quella che i giuristi e i filosofi del diritto definiscono “illegalità della legalità”, e che consiste nel parossistico proliferare  di leggi e di norme, che, di fatto, alimentano uno stato di confusione che genera incertezza e favorisce l’allignare di comportamenti ambigui. Per quanto riguarda la tutela dei beni culturali, abbiamo sicuramente  una legislazione nazionale e regionale tra le migliori d’Europa. Tuttavia, la norma, paradossalmente, non offre spesso garanzie in ordine alla sua corretta applicazione in presenza di malafede o, peggio, di interesse.

Professore Sequenzia, un artista, gli artisti cosa fanno in momento così bui e complessivamente distruttivi?

Purtroppo, l’eclissi di una  società intesa come spazio di cooperazione e di alleanza tra gli individui  ha trasformato  gli esseri umani  in  monadi irrelate in competizione fra loro. Gli artisti non hanno soluzioni da offrire alla società, non ne hanno mai avute. Gli artisti sono interpreti del loro tempo, ne riflettono e registrano le miserie e gli splendori, il buio e la luce, suscitando domande, ponendo dubbi, stimolando le menti e le coscienze.  

Se l’artista – sia egli poeta, scrittore, pittore, fotografo, etc. – è anche intellettuale, allora la cosa cambia. L’intellettuale ha il dovere e la responsabilità, di fronte al proprio tempo  e di fronte alla storia, di dire la sua, di riflettere, di proporre, di opporsi, di criticare, di testimoniare. L’intellettuale è sempre politico; per tale ragione Cornelius Castoriadis e Maria Zambrano erano convinti che  l’artista, in quanto vero intellettuale, fosse presupposto del politico: “Il poeta anticipa il politico”.

Ti ha stupito l’alleanza fra Pd e Cinque Stelle?

No, nessuno stupore. Ormai, mi stupisco di poche cose. Anzi, tale alleanza è la logica conseguenza delle strategie messe in atto dal movimento Cinque Stelle sullo scacchiere politico europeo ed mondiale, alla ricerca di consensi che si spingano oltre il mero tatticismo elettorale sperimentato con  l’alleanza con la Lega, che è risultata utile solo per espugnare la Cittadella del Potere romano.

PD e Cinque stelle  giocano oggi  una partita per la sopravvivenza.

Il caso dei sindaci di Riace e di Bibbiano. Rientrano anche loro nel concetto della non legalità che vince?

Ovvio. Viviamo in una società che non ragiona, che non argomenta. Una società che non ragiona e che rincorre unicamente i propri impulsi e le proprie passioni è una società che si sottrae alla responsabilità della legge, che osanna quali eroi collettivi i nuovi Zorro e i nuovi Robin Hood che infrangono la legge a fin di bene e in nome di nobili ideali. Chi infrange la legge, anche a fin di bene, commette reato. Se fosse altrimenti, non vivremmo in uno stato di diritto ma nel Far West.

La non-legalità vince perché la società in cui oggi viviamo non ha una enciclopedia di riferimento, non ha un codice, non ha più una “sintassi”, ovvero è venuta meno  quella idea regolatrice del mondo che un tempo – almeno sino agli anni ottanta del secolo scorso –  disciplinava e armonizzava l’alleanza tra gli esseri umani.

Cala la fiducia nelle istituzioni e aumentano le realtà associative che alla fine mirano..a entrare nelle istituzioni.

I partiti, delegittimati all’indomani di Tangentopoli, hanno tentato di rinascere in vari modi durante la Seconda Repubblica, ma sono stati, di fatto,  dei meri conglomerati elettorali, destinati a scomparire sulla scia delle alterne fortune dei loro leader. I partiti storici incarnavano idee, comportamenti e visioni del mondo  legati a un mondo e ad una società  che non esiste più. La risposta alla loro crisi fu la nascita, alla fine degli anni ottanta, dei movimenti, sull’onda lunga dei grandi movimenti contestativi, ambientalisti, pacifisti, culturali ed ideologici che hanno caratterizzato gli anni sessanta e settanta. La Rete, i Movimenti Democratici e la miriade di movimenti  e liste civiche che nacquero in quegli anni riflettevano la “politica del frammento”, quei frammenti in cui si era disgregato il sistema e che la politica tentava, ancora illusa di muoversi orientata da un sestante comune, di ricomporre in un mosaico sensato.  Ma, come ci ha insegnato  il sociologo Alberoni in quel saggio tuttora  fondamentale che è Movimenti e istituzioni (1977), i movimenti collettivi hanno tutti, nella loro fase iniziale, la stessa struttura: nascono da un processo chiamato “stato nascente”, caratterizzato da un’immensa energia “contestativa”, rivoluzionaria e trasformativa. Poi si modificano e, trasformando la società che li circonda,si trasformano anch’essi, perdendo la loro carica rivoluzionaria e assumendo le forme di una nuova istituzione.

Oggi, l’anti-politica non è più l’obiettivo primario della pubblica opinione nazionale. Non esistono più movimenti, esistono lobbies, organizzazioni portatrici di interessi di corporazioni e parti sociali. I Cinque Stelle non rappresentano l’anti-politica, non sono un movimento ma una organizzazione strutturata finalizzata alla ricerca del consenso e al raggiungimento del potere per la realizzazione di un progetto economico-politico e di interessi di parte che la stragrande maggioranza degli elettori italiani ha fatto propri in questo  particolare momento storico,  canalizzando su di essi passioni, rivendicazioni, bisogni, attese e speranze.

La cultura siracusana, quella di Quasimodo, Vittorini e di artisti come Salvo Randone, oggi ha qualche punto di riferimento?

Siracusa vanta una tradizione culturale di grande profilo. Dall’archeologia agli spettacoli classici, da Landolina a Gargallo; dalle accademie del settecento alle logge esoteriche, da Capodieci a  Cardile; dai librai Taggeo e Mascali agli editori Lombardi, Romeo, Verbavolant. E poi, oltre dell’INDA, minato da un provincialismo che ne mortifica l’eccellenza scientifica, altra preziosa istituzione è l’Istituto Internazionale di Scienze Criminali, la cui attività è riconosciuta a livello mondiale.

Vedo i continuatori di Vittorini e Quasimodo in Simona Lo Iacono, Veronica Tomassini, Stefano Amato; insomma, in quella “linea siracusana” di cui ho parlato in un saggio pubblicato quasi un decennio fa e che oggi si impone sulla scena letteraria nazionale per originalità,  pregnanza, peculiarità stilistiche e scelte tematiche spesso impervie.

Personalmente se dovessi esprimere in questo momento un voto alle elezioni mi troverei in grande difficoltà.

Il buon Montanelli suggeriva di votare  la vecchia DC «turandosi il naso».

Un suggerimento che può esser valido ancor oggi…