SALVO SEQUENZIA: ANDREA CAMILLERI, L’ULTIMO MAGO DI SICILIA
Andrea Camilleri non è stato soltanto uno scrittore, uno sceneggiatore, un regista e un autore di teatro. Egli è stato, essenzialmente, un modo in cui la Sicilia ha raccontato se stessa con intelligenza, ironia, malincuore, rabbia, passione, disincanto e magia.
In Camilleri ho visto sempre una delle “epifanie” di Cotrone, il Mago de
I giganti della montagna di Pirandello recluso nella Villa della Scalogna insieme ai suoi Scalognati – creature bizzarre, saturnine, notturne – per continuare il sogno dell’arte e della poesia in un mondo offeso dalla brutalità dei Giganti.
Andrea Camilleri è stato l’ultimo mago della nostra isola, abitatore di “fabulae”, frequentatore di biblioteche e di archivi come Adriano Meis, dai quali ha tratto tanta materia per le sue storie che hanno trasformato la realtà in letteratura e che hanno snidato, con la letteratura, le imposture che stravolgono le verità del mondo.
Il tema dello “scangio” – che Camilleri eredita dalla grande tradizione letteraria siciliana – da Pirandello de Il fu Mattia Pascal e de La favola del figlio cambiato a Sciascia de Il Consiglio d’Egitto e di Una storia semplice, passando per Tomasi di Lampedusa, De Roberto, Borgese, Brancati, Ercole Patti – è la concezione filosofica e antropologica su cui si fonda l’universo letterario dello scrittore.
Così scrive Camilleri ne La biografia del figlio cambiato, pubblicata nel 2000: “Ogni siciliano si sente scangiato, sia che campi la vita ad acqua e a vento sia che abiti nel palazzo del re. Il siciliano è per sua natura una creatura scangiata”.
Per Camilleri nascere o vivere su un confine del calendario, della mappa catastale, della coscienza, ossia in un punto di transizione cronologica, geografica, morale, sembra indebolire, se non addirittura dissolvere e cancellare, l’identità del soggetto rendendolo più sensibile allo «scangio» presunto o effettivo.
Quella dello “scangio” è una potente e tragica concezione dell’esistenza. Per una ragione o un’altra, l’uomo vive una costante condizione di “scangio” – di stravolgimento, di violazione della propria natura e della propria identità.
Anche il commissario Montalbano non sfugge al destino dello “scangio”. Tuttavia, egli si “salva” – nomina sunt conseguentia rerum – dalle sabbie mobili degli “scangi” perché, come ha osservato Rita Piccitto, «Lo ‘scangio’ mette il commissario Montalbano nei panni dell’umanità che vuole capire, sapere, scoprire […]. E Salvo Montalbano è salvo perché scopre. Scopre e rimette a posto le cose, così, con leggerezza».
“Mi chiamano il mago Cotrone. Vivo modestamente di questi incantesimi. Li creo. […] Non bisogna più ragionare. Qua si vive di questo. Privi di tutto, ma con tutto il tempo per noi: ricchezza indecifrabile, ebullizione di chimere. Le cose che ci stanno attorno parlano e hanno senso soltanto nell’arbitrario in cui per disperazione ci viene di cangiarle.
Disperazione a modo nostro, badiamo! Siamo piuttosto placidi e pigri; seduti, concepiamo enormità, come potrei dire? mitologiche; naturalissime, dato il genere della nostra esistenza.
Non si può campare di niente; e allora è una continua sborniatura celeste. Respiriamo aria favolosa. Gli angeli possono come niente calare in mezzo a noi; e tutte le cose che ci nascono dentro sono per noi stessi uno stupore.
Udiamo voci, risa; vediamo sorgere incanti figurati da ogni gomito d’ombra, creati dai colori che ci restano scomposti negli occhi abbacinati dal troppo sole della nostra isola. Sordità d’ombra non possiamo soffrirne” (PIrandello, I giganti della montagna, atto II).
Nell’opera di Camilleri, così come nella vita, si “cangia” per scherzo, per sbaglio, per malevolenza, per crudeltà, per malafede, per fare torto o per amore. E si “cangia” anche per “disperazione”.
Andrea Camilleri, che oggi ha chiuso per sempre i suoi occhi, continua ora a vedere “sorgere incanti”, come il Mago Cotrone e come Tiresia, suo alter Ego, definitivamente “scangiato” in parola, in scrittura, in letteratura.
E noi continueremo a respirare quell'”aria favolosa” che ci ha regalato con la sua scrittura in questa eterna “Giostra di scambi” che è l’esistenza umana.
Salvo Sequenzia