QUANDO PAOLINO SETTE SCOGGHI INCONTRO’ U ZU PASQUA’ E S’INNAMORO’ DI NUNZIATELLA
Paolino sette scogghi non si faceva battere da nessuno e nessuno lo batteva. Era lesto e rapido come uno squaletto e pareva che l’acqua era il suo habitat naturale. Qui la sua pronunciata deformazione alle spalle, non si vedeva e guizzava e nuotava come pochi suoi coetanei sapevano fare. Ogni giorno lo stesso rituale e il tempo scorreva tra l’afa estiva che assuntumava ogni volontà di fare qualcosa. E nell’aria vespertina quegli effluvi di gelsomino e zagara che inebriavano i sensi e rendevano l’aria più piacevole. Fu un giorno come tanti che zu Pasqua’ si fermò ad osservare la marmaglia. Si assitto’ su uno scalino di pietra da villa re varagghi e, mentre gli altri si murmuriavano ro cauru ca non vuleva finiri lui, sotto il suo cappello di paglia, cominciò a taliari quegli scalmanati tutti sudati, tra schiamazzi e vociari. Per lui era un periodo di magra. Nessuno lo voleva a lavorare nel peschereccio a causa del carattere spigoloso ed irascibile, perciò non andava d’accordo con nessuno e nessuno lo cercava. Erano più i giorni in cui era a terra, che i giorni che passava in mare a pescare. Ma lui aveva famiglia da mantenere e si sa, qualcosa doveva pur portare a casa. La moglie Rosa era una donnina umile, senza pretese, non parlava mai e mai si lamentava. La sua vita era stata sempre quella e quella sarebbe stata. Non conosceva altro se non stare a casa e aspettare il ritorno del marito che le portasse qualcosa da mettere sotto i denti. Sgranava il rosario e pregava che la buona ventura si soffermasse nella sua umile famigliola. La primogenita ‘Nzina, poverina, la natura non era stata clemente e generosa con lei. Un occhio ca e uno dapatti, capiddi rizzi, anche larghe con un mandolino a pizzu, bassoccia e rotondetta. Insomma, non si poteva dire che era un bel vedere, al contrario della sorella Nunziatella, aggraziata e ben fatta. Il suo modo di fare e di parlare erano delicati e chiunque la sentisse parlare, si fermava ad ascoltare, non tanto per ciò che diceva, ma quanto per la sua voce dolce e sinuosa e per la risata argentina che la contraddistingueva.
Zu Pasqua’ aveva queste bocche da sfamare e il fatto che non aveva avuto u masculu, incolpava la poverina della moglie che incassava silenziosamente il colpo senza proferir parola. Dunque si trovava con tre donne a casa tutte da mantenere e un lavoro che non aveva. Come fu e come non fu, seduto a villa re varagghi come ormai da giorni per far scorrere il tempo assieme agli altri sfacennati, l’occhio ro mischinazzu si volse su quell’unico picciriddu co immu, maltrattato o bullizzato, come si usa oggi dire, come non mai dai compagni così, giorno dopo giorno, prese a difenderlo dalle ingiurie inferte e Paolino sette scogghi, scaltro com’era, trovava in lui rifugio sicuro.
Zu Pasqua’ un giorno, decise di andare dallo zio ro caruseddu per dirgli che lo avrebbe preso con se’ e avviarlo alla marineria. Lo zio, che non aveva neanche per lui, fece un terno al lotto e non avrebbe sentito la mancanza così, ben lieto, se ne lavo’ le mani.
Fu così che Paolino sette scogghi entrò a far parte nella famiglia di zu Pasqua’ e si può dire che s’assistimo’ macari bonu. Ma per una strana alchimia di astri, le cose cominciarono ad andare bene anche a zu Pasqua’. Ogni mattina, esattamente a mezzogiorno, entrava allo sbarcadero con la sua varcuzza e portava ariuli, sauri, precchi, anciovi, uopi e macari qualche tonnetto che riusciva puntualmente a venderli a qualche avventore. Non si arricchi’, precisiamolo, ma riuscì a farsi un discreto gruzzoletto, se non altro, per la vecchiaia e per le doti delle figliuole. Comunque, la giornata ci sceva sempre e Paolino sette scogghi appresso a iddu ca ci faceva ri picciotto e imparava u misteri.
Intanto gli anni passavano e ‘Nzina era diventata una ragazza da maritari, ma cosa ancora più grottesca era che nessuno si faceva avanti. Comu fu e come nun fu, a zu Pasqua’ ci venne na folgorazione. Picchi non dare ‘Nzina a Paolino sette scogghi e accussi’ sarebbero diventati parenti a tutti gli effetti? La cosa, sentenziò, si poteva fare, pensò! Quando la primogenita venne a saperlo, non rimase turbata picchi’ già qualche pensierino l’aveva fattu. Non era dello stesso parere Paolino sette scogghi che, in verità aveva buttato gli occhi verso Nunziatella e sapeva, tempo ci voleva, sarebbe diventata sua moglie. Anche a Nunziatella piaceva Paolino sette scogghi e quando lo vedeva rientrare dalla piscata, si faceva trovare affacciata alla finestra che spazzolava i suoi capelli corvini, lucidi e folti e con maestria, ca sulu i femmini sannu fari, ci ittava l’occhi. E n’occhiu oggi e n’occhiu domani, fattu sta ca Nunziatella e Paolino sette scogghi a cumminarunu e, na sira ca a luna pareva scantata a sciri, fuggirono insieme. Zu Pasqua’, sentendosi disonorato, rimase senza fiato e senza parola e infuriato com’era, li cancellò dalla sua vita e mai più, decretò, sarebbero entrati a casa sua.
Ma u tempu, si sa, è galantuomo, cancella tutti i frusti e alla fine fa pure giustizia.
Fattu sta, comu fu e comu nun fu, a zu Pasqua’ i cosi ci vutarunu sutta supra.
A mare riusciva a prendere quattro pisceddi che a mala pena riusciva a piazzare, così ritornò a villa re varagghi a pigghiari u friscu cu l’autri sfacinnati.
Intanto Paolino sette scogghi, ca babbo nun era, cominciò a darsi da fare, prima come mozzo in qualche peschereccio, poi come aiutante e, pian piano, riuscì pure a comprarsi na paranza a mezza vela tutta sua. La chiamò Rosa, come la madre di Nunziatella sperando di darle conforto perché ci mancava assai, ma non ci riuscì. Nunziatella era sempre più triste. Le mancavano le discussioni con la sorella, gli abbracci della madre, i ciaulii con le vicine di casa, così Paolino sette scogghi e Nunziatella, approfittando della festa patronale, si presentarono da zu Pasqua’, ca prima fece l’offeso, ma poi non riuscì a resistere allo sguardo impietosito della figlia che con solo gli occhi, gli diceva “perdonami patri”.
Ben presto tutto ritornò come prima, anzi ancora meglio perché Paolino sette scogghi chiese, a questo punto a suo suocero, di imbarcarsi con lui. Non si sa come, ne’ picchi’, i così girarunu ancora e ben presto Paolino sette scogghi e zu Pasqua’ divennero padroni di diversi pescherecci. Ca u immu ri Paolino sette scogghi portassi veramente fortuna? Questo a nessuno è dato saperlo, fattu sta che i cosi marciarunu sempre po vessu giustu. Anche ‘Nzina s’acquieto’. Fu chiesta in moglie da un garzone tutto fare e anche se era senza arte, ne’ parte, le voleva un gran bene, gran travagghiaturi era, e ben presto misero su una famiglia numerosa. Zu Pasqua’ e sua moglie Rosa ficiru na bona vicchiaia e Paolino sette scogghi? Eh sì, lui proprio iddu…gran furbacchioni fu! Da Nunziatella ebbe quattro bei masculiddi che, crescendo se li portò con se’ così, lavorando fitto e sodo, misero su una marineria con i fiocchi e ancora oggi tutta la contrada conosce la storia di Paolino sette scogghi, ma soprattutto sa che non è u immu che porta fortuna e abbondanza, bensì il duro e incessante lavoro di tutti i giorni. Accussi’ finisci a storia di Paolino sette scogghi.
Graziella Fortuna