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AUGUSTA: CINQUE STELLE, ANNO QUARTO. ECCO LA SINDACA E L’ARCIPRETE AFFACCIATI INSIEME SUL BALCONE NOBILE

AUGUSTA, 24 MAGGIO – “Mai accaduto a memoria d’uomo e di cronache”. Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio, lo storico augustano Pino Carrabino lo fuga in un baleno. Quel discorso al patrono dal balcone nobile del Municipio non s’era mai visto. Nemmeno quando il trono e l’altare aveva ben altri legami, di quelli sanciti coi Patti lateranensi da un secolo a questa parte. Eppure è accaduto in questa edizione 2019 dei festeggiamenti patronali, anno quarto dell’era 5 Stelle al Comune, che la sindaca e l’arciprete si affacciassero insieme dalla ringhiera municipale.

Il 24 maggio, a due giorni dall’apertura delle urne per le europee, Cettina Di Pietro e don Palmiro Prisutto sono apparsi gomito a gomito sotto l’aquila imperiale. Illuminati dal fascio di luce di un riflettore sulla facciata in penombra del Palazzo per eccellenza, a fare risaltare le auguste presenze sul ballatoio drappeggiato con i simboli dell’Ordine dei predicatori, la grillina e l’arciprete hanno invocato l’aiuto di San Domenico. Le immagini rilanciate da un maxi-schermo al popolo sottostante, per non fargli sfuggire una sola espressione degli oratori, hanno immortalato un momento storico.

Quello in cui il Capo dell’amministrazione comunale e il capo del clero augustano hanno introdotto un’innovazione, nel pluricentenario cerimoniale dei festeggiamenti patronali. Portando il pulpito fin dentro i restaurati uffici sindacali, in un palazzo originariamente pensato per ospitare il teatro della città. E ora diventato palcoscenico per la recita di una preghiera che, fino ad ora, il sindaco di turno pronunciava nel pontificale solenne per il patrono: dentro la chiesa a lui dedicata, ai piedi dell’altare e del simulacro domenicano.

Con la stessa convinta intonazione che Galileo doveva avere quando giurò all’Inquisizione come fosse il sole a girare intorno la terra e non viceversa, Di Pietro ha letto l’orazione dei sindaci a San Domenico.

Chiedendogli, alla fine, di “venire in nostro aiuto con la tua preghiera”. Quasi un atto di contrizione, considerato che nei primi anni di sindacatura ha disertato le “arcaiche” processioni patronali. Un “gran rifiuto” che la spinse persino a prestare al vicesindaco di turno quella fascia tricolore cui è tanto affezionata, da esibirla a ogni occasione utile.

Ma la Chiesa è millenaria perché offre sempre una Canossa al Potente che si pente. Così quest’anno, insieme al senatore 5 Stelle Pino Pisani, Di Pietro e la sua fascia non si sono perse una sola processione patronale, sia sacra che laica. Fino all’apoteosi finale con l’arciprete di battaglia sul balcone di Palazzo, che a beneficio del popolo assiepato sotto ha reso pubblica manifestazione di apprezzamento.

“Vorrei ringraziare, a proposito di collaborazione, l’amministrazione comunale. Che quest’anno non si è disinteressata, non lo ha fatto neanche negli anni precedenti, ma quest’anno è stata molto più presente. Non tanto per il contributo economico che ha dato, quanto piuttosto per aver aiutato a superare i tanti ostacoli di natura burocratica che purtroppo le leggi di oggi ci impongono”, ha detto don Prisutto. Tornato in clergyman, dopo le esibizioni tivù con le provocatorie t-shit anticancro.

Un vero e proprio endorsement verso amministratori espressione di un Movimento che nel 2015 poté usufruire del sagrato della Matrice, per tenere un comizio durante il periodo del ballottaggio alle comunali. A entusiasmare l’arciprete è stato il pagamento della Siae per gli spettacoli patronali, e i 2 mila e 200 euro per il servizio navetta dalla Fontana nei 2 giorni clou. Oltre al fatto che il Comune della #legalità ha sbrigato le carte. Cosa che, in verità, in ogni città fanno tutte le amministrazioni. E in questa, hanno fatto pure quelle “precedenti”.

Ma evidentemente, innovazioni da ballatoio municipale a parte, ad Augusta anche l’abituale deve diventare eccezionale: purché abbia il marchio delle Stelle. Che forse saranno cadenti o forse no, ma sicuramente un po’ ammaccate lo sono. “Una grande stanchezza e una caviglia offesa (la sinistra, per gli annali). Niente di che, capita a chiunque prenda parte a due giorni di processione percorrendo chilometri a piedi, per di più con continue fermate e ripartenze”, ha scritto la grillina, sulla sua pagina social “Cettina di Pietro sindaco di Augusta”.

Postando un video dove anche la caviglia destra non appare in perfette condizioni, tanto da essere portata a spalla da“due gentili ragazze, che nel frattempo mi facevano anche rilassare dalla tensione dell’organizzazione e dell’attenzione per i mille piccoli guai che una grande manifestazione comporta, raccontandomi le ultime del paese di mia Madre, della quale sono concittadine”. Il capo affaticato di un’amministrazione alla guida di “una città che – riconosce don Prisutto al balcone – ha avuto e continua ad avere tanti problemi”, annuncia pure che “lunedì presenterò dettagliata querela nei confronti di chiunque alluda a una mia presunta mancanza di lucidità”.

Dopo aver compiuto il prodigio di portarla in una processione rivelatasi troppo penitenziale, il patrono forse ha preferito rimandare all’anno prossimo il miracolo di farle “porgere l’altra guancia”. Comunque, pure sulla denuncia facile sembra allineata con Santa Madre Chiesa. Almeno, con chi la rappresenta ad Augusta. Perché alla processione patronale mancavano le tre confraternite più importanti. San Giuseppe, Annunziata e Odigitria si sono rifiutate di partecipare in segno di solidarietà verso i rispettivi governatori, mandati sotto processo dall’arciprete per esternazioni ai tempi dello scontro sulla gestione delle manifestazioni religiose nelle chiese dei “mestieri“.

Pare che don Angelo Saraceno avesse cercato di riportare la pace. Non è andata bene. Per quanta “ipocrisia” ci possa essere dietro certe ritualità esteriori, anche a confrati col pelo sullo stomaco è parso troppo sfilare in amore e misericordia evangelici accanto chi avevano comunque rinunciato a contro-querelare. Sarà il tribunale, fra qualche anno, a decidere da che parte sta la ragione ai sensi di legge. Spetterà invece alle urne, fra poche ore, sentenziare sulla politica che si affida ai santi e ai balconi.

Massimo Ciccarello

direttore

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