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IL LEGHISTA GIOVANNI NAPOLITANO POLEMIZZA CON L’ARCIVESCOVO CHE ACCOGLIE E FA DIRE MESSA AD UN PRETE RINVIATO A GIUDIZIO PER VIOLENZA CARNALE

Scrive Giovanni Napolitano, imprenditore siracusano di gran successo negli States, ieri grillino oggi vicino alla Lega: “Caro, non tanto caro a me, Vescovo, io sono uno di quelli che non era alla TARGIA ad accogliere i “migranti”. Dunque, secondo lei, non sono un cristiano. Sono anche uno di quelli che ha trovato giusto, che un Sacerdote abbia celebrato una messa per quel gattino massacrato a calci da un MOSTRO. Dunque, sempre secondo lei, non sono un cristiano. Ma sono anche uno di quelli che crede che un Sacerdote accusato di violenza carnale su di un bambino, per precauzione, non dovrebbe partecipare alla celebrazione di una messa. Allora mi chiedo, perché lei non ha lasciato fuori Don Sapienza da quella celebrazione? Se io fossi stato il padre di quel bambino, non ne sarei stato tanto felice. Ma io non sono un buon CRISTIANO e se dovessi ricevere uno schiaffo, non porgo l’altra guancia”.

Il prete a cui fa riferimento Napolitano è don Antonio Sapienza. Chi è don Antonio? Leggiamo l’agenzia Ansa del 7 febbraio 2018 “Il gup del tribunale di Siracusa, Giuseppe Tripi, ha rinviato a giudizio don Antonio Sapienza, 51 anni, accusato di violenza sessuale nei confronti di un minore. Il sacerdote, che appartiene alla diocesi di Catania, è accusato di aver costretto il quindicenne ad avere rapporti sotto la minaccia di un coltello. A far scattare le indagini è stata la denuncia presentata dalla madre del ragazzo, ascoltato dagli inquirenti alla presenza di una psicologa. Grazie alle intercettazioni telefoniche, la Procura di Siracusa ha ricostruito la vicenda acquisendo elementi nei confronti del sacerdote che nei mesi scorsi ha ricevuto dal gip la misura dell’obbligo di dimora a Lentini, città in cui si sarebbe consumata la violenza sessuale”. Polemicamente quindi l’esponente della Lega chiede all’Arcivescovo se un prete nelle condizioni di don Antonio può celebrare Messa e lo fa mettendosi nei panni dei genitori del minore al centro della brutta storia.