ORTIGIA E’ DIVENTATA UNA PUTTANA CHE HA CACCIATO IL SUO POPOLO E LE SUE SCUOLE
…che poi uno dice è tutta colpa della nostalgia …pure la rabbia a volte è colpa della nostalgia… anche lo stupore.
Il fatto è che sono stato a Siracusa alcuni giorni e per la prima volta in via mia ho dormito in Ortigia, nella casa in cui ha vissuto la famiglia Bianca per tanti anni, dove mio padre è nato e cresciuto. Vabbè, vi risparmio il pistolotto sulle emozioni, l’ho messo su facebook martedì scorso e penso basti.
Comunque sia, mi sono comportato da ortigiano per quattro giorni. Io che ortigiano non sono stato mai, io che ho vissuto sempre Ortigia da forestiero, di quelli che la sera poi tornano a dormire a casa e la casa è al di là dei ponti. La mia era a Grottasanta.
E dire che in Ortigia ho fatto le elementari
(orsoline via Vittorio Veneto), ho passato
lunghissimi pomeriggi da bambino (caffè della posta, piazza Pancali) e cinque irripetibili anni di liceo al Gargallo. E dire che poi ne ho scritto innumerevoli volte negli anni dal 78 al 2001 in cui ho fatto il cronista della mia città.
Tutta questa tirata per dire che, niente, lunedì mi sono alzato presto e unendo l’utile (scalare un poco di panza) al dilettevole (un percorso di quasi melancolia) ho fatto il giro di Ortigia a piedi, cioè volevo farlo che poi la memoria m’ha fatto deviare inevitabilmente una volta giunto sul lungomare all’altezza delle mie scuole d’antan.
L’essere emigrato 15 anni fa nella capitale m’ha fatto perdere, nonostante ci torni spesso, molte sintonie con Siracusa, com’è normale che sia.
Erano anni che non camminavo per Ortigia di mattina, fuori dalla ressa dell’estate, fuori dalle livide sere d’inverno con i miei amici Miserabili.
Erano anni che non camminavo senza una vera meta.
Ortigia è bellissima, fascinosa anche quando, come in questo inverno uggioso non offre la sua luce rapinosa, i suoi tramonti sanguigni. Ortigia è una signora nobile, ormai anziana. In gran parte rimessa su da sapienti chirurghi estetici che ne hanno addolcito i segni del tempo senza farne quasi mai una maschera grottesca.
Ortigia alterna miseria e nobiltà edilizia, avendo oramai quasi del tutto perduto l’alternanza di miseria e nobiltà sociale, visto che la miseria, che prima caratterizzava interi quartieri dell’isola, ormai da anni s’è trasferita altrove, nella suburra, lasciando i costosi incanti dell’isolotto a chi si può permettere maquillage e chirurgo estetico per i vecchi palazzi.
Così Ortigia è diventata rispettabile museo di se stessa, del suo barocco, dei suoi vicoli, dei suoi magnifici edifici, è diventata caotico bar diffuso con tavolini tracimanti ognidove, è diventata citta-ristorante con, dicono, 400 posti in cui si può mangiare. Che io non lo so se sono 400 davvero, di sicuro a occhio sembrano molti più i ristoratori che i possibili ristorati. Così Ortigia è
diventata un vero-finto centro storico, come tanti altri bellissimi centri storici diventati museo-ristorante-caffè-caseperbenestanti.
Sia chiaro, meglio così che abbandonata, meglio così che lasciata cadere pezzo dopo pezzo. Lo snaturamento sociale (da città di tutti a città dei ricchi) e quindi culturale (da città dei pochi sapienti e dei molti ignoranti a città di soli intellettuali o sedicenti tali), lo svuotamento (da 50 mila a 5 mila abitanti, per transitare dalle modalità abitative del mezzogiorno nel 900, a
quelle globali del terzo millennio) sono i prezzi della salvezza. Le città antiche o si
prostituiscono o muoiono. Ortigia per fortuna l’abbiamo fatta prostituire e l’abbiamo ancora da godere ”più bella e più grande che pria”.
Molti se la godono di passaggio per una
passeggiata, una pizza o un gelato, o una
vacanza, pochi la esibiscono per viverci, seppur infastiditi (come certamente sarò anche io quando verrò in agosto) dalla casbah che diventa in estate la città-tavolino, la città a misura di turista.
…e arrivato sul lungomare di levante, dopo una perplessa fermata a Calarossa, pochi metri quadrati di ciottoli, al centro di una polemica “alta”…
(apro una parentesi, ma la spiaggetta dei sette scogli che fine ha fatto? se la sono “arrobbata”? come mai semplicemente non c’è più?)
…insomma arrivato sul lungomare mi sono
messo a guardare l’immenso contenitore, già scuola media, dell’ex convento di San Domenico che potrebbe ben ospitare, se restaurato, uffici e scuole. Una insegna di cantiere mi ha fatto pensare che un restauro fosse in corso. Poi ho letto le firme degli amministratori, il sindaco Titti Bufardeci e “l’assessore alla ricostruzione” Vinciullo ed ho capito che quell’insegna era un reperto come il resto del palazzo, una testimonianza di altri tempi. Fasinceramente impressione quel palazzo su unlungomare che espone oscenamente le proprie piaghe. Un edificio immenso con palesi e offensivi segni di abbandono, finestre sfondate, muri sbrecciati e rattoppati con “lapazze” inchiodate. Infilando l’obiettivo del telefonino fra le lamiere si fotografano le macerie di un restauro forse avviato ma interrotto ormai da tanto tempo.
Poco più avanti purtroppo il cuore mi porta al mio vecchio liceo, ai finestroni senza vetri e imposte sul muro screpolato di via Vittorio Veneto, alla tristissima facciata di via
Gargallo ormai tutta sgarrupata.
Come mai in questa città si restaura tutto ma si lasciano cadere a pezzi le scuole? Che poi non è nemmeno vero; si lascia cadere a pezzi anche il vecchio carcere borbonico, altro candidato eccellente ad
ospitare, nel quarto millennio, forse musei e cultura sfusa, ammesso che prima la gravità non abbia la meglio e lo cancelli come accadrà con San Domenico o col Gargallo.
Ma questo è parte della prostituzione salvifica, del meretricio sociale e culturale
che ha evitato lo sbriciolamento di Ortigia, condannandola una città-martorana esposta in vetrina, da fuori uguale a quella
vera, in realtà solo zucchero dipinto.
Ed io non ho alternative valide alla prostituzione che salva, perché l’unica alternativa che avevamo era la decadenza e l’abbandono. Meglio così Ortigia, pretenziosa e arrogante, caciarona e snob, erede di una
cultura popolare e diffusa che non la abita più. Meglio così Ortigia, colonizzata dai nuovi sedicenti colti, oggetto di contese retoriche fra pseudointellettuali (come me), infestata dai B&B, assediata dai tavolini d’estate e dal vento che spazza le vie deserte in inverno. Meglio così, viva e ormai irreversibilmente puttana.
Toi Bianca