IL BAR AL MANIACE E VILLA ABELA: SALVO SALERNO SPIEGA I FATTI VERI
Villa Abela vergine e martire …
Di fronte alle comiche, trasformate in tragedia, santificate e martirizzate addirittura in vulnus del Patrimonio Culturale, “nell’indifferenza di Italia Nostra e Legambiente” le quali penserebbero “esclusivamente al Bar del Maniace” non si può fare a meno di dire le cose come stanno. C’è un limite alla sopportazione. Scusatemi allora, se mi dilungo.
1) Villa Abela è stata demolita.
Villa Abela non era dotata di vincolo storico-architettonico. Un Soprintendente, con una relazione (che mi descrivono capillare e coscienziosa), non le riconobbe tale qualità … Che facciamo..?!
2) Piazza d’Armi, invece, tanto per cominciare, era ed è dotata di vincolo storico-architettonico, di vincolo archeologico, di vincolo paesaggistico, di vincolo urbanistico, di vincolo marittimo. Vi bastano..?
Tutti questi vincoli, però, non sono comunque serviti per sottrarre Piazza d’Armi alla speculazione edilizia, realizzata con il consenso delle Istituzioni competenti, oltre che col chiaro appoggio di certi politici che si credono furbi. Tuttora, il chiosco è privo di almeno tre autorizzazioni di Enti diversi, che dovevano essere ottenute prima della sua costruzione. Invece che succede? Che la nostra battaglia, da alcuni esponenti facenti parte di Lealtà e Condivisione, ma nella divertente veste di supporters di Granata, viene definita come “questioni di lana caprina, parente stretta dell’aria fritta”, mentre Villa Abela viene demolita nonostante “l’eroico impegno” dell’assessora Genovesi (la stessa che però ha fatto fuori Piazza d’Armi..) e “con il silenzio delle associazioni, dei paladini della giustizia e dei cultori dell’arte e del bello”. Certamente sono insulse dichiarazioni fatte a titolo personale, ma ne ho sentite da più persone, di quell’area. Ebbene, io ritengo che, in Lealtà e Condivisione ci siano moltissime persone serie, a partire da Giovanni Randazzo e Francesco Ortisi, arrivando fino ai consiglieri comunali Gradenigo e Gentile ed ancora tanti militanti sinceramente sensibili a certi temi, ma non penso che si possano avallare simili approcci alla battaglia, che poteva e doveva essere di tutti e invece è rimasta purtroppo di poche persone, le quali meriterebbero, se non il plauso, per i sacrifici messi in campo, almeno il rispetto. Qui non bastava “prendere le distanze” dal chiosco e poi tacere, perché se questo è il prudente atteggiamento ufficiale di L&C, poi è normale che qualcuno della Giunta si permetta di insolentirci e irriderci e qualcun altro che gli tiene bordone, si senta incoraggiato a sminuire appositamente la gravità di quello che è accaduto.
1) Torniamo a Villa Abela. L’assessore Granata, nei primi giorni del mese, presentò come una grande iniziativa “tutoria”, quasi eroica, l’aver adottato un atto di indirizzo di Giunta verso il dirigente competente dell’Ufficio edilizia, a sospendere il permesso di costruire, nonché l’aver ottenuto, dalla neoSoprintendente l’atto in data 8 ottobre 2018 n. 8387 “di sospensione immediata dei lavori con intimazione notificata alla Ditta Assennato e relativa alla Demolizione di Villa Abela”. Allora, mi domando, cosa è accaduto, se Villa Abela è stata abbattuta lo stesso..? Può essere mai che un imprenditore conosciuto come Massimo Riili, vada a rischiare sul penale..? Granata, nella sua infiammata filippica, questo non lo fa sapere. Faccio io, allora, qualche ipotesi. Non è che, per caso, la Soprintendente o qualcun altro più in alto, si è rimangiata la sospensione, perchè si è accorta che non poteva affatto emettere un provvedimento di sospensione lavori, ai sensi dell’art. 28 del Codice dei Beni Culturali, visto che, precedentemente, sempre la Soprintendenza aveva emesso regolare autorizzazione lavori ai sensi dell’art. 21 dello stesso Codice..? Dunque se questa iniziativa, diciamolo, molto mediatica si è sgonfiata così, perché Granata e quanti gli fanno eco, se la prendono con tutte le Istituzioni (tranne il sindaco, s’intende ..) e persino con coloro che, per non aver manifestato, addirittura avrebbero “perso per sempre il diritto alla parola sulla tutela dei Patrimonio”?! Ma per davvero, dice?
2) Allora, in questo paradossale ping pong, riportiamo la pallina su Piazza d’Armi. Agli indignati di cui sopra chiedo: ci avete mai visto manifestare per Piazza d’Armi? No, non abbiamo manifestato. Noi ci siamo occupati solo di informare l’opinione pubblica sulle molteplici “irregolarità” (diciamo così) della vicenda. Abbiamo messo in fila gli atti e le omissioni. Insomma, abbiamo operato sul piano della legalità. Lo potevamo fare? Si, avevamo una mezza dozzina di vincoli da far valere. Altra domanda: su Villa Abela quali vincoli si potevano far valere? Risposta: nessuno. Su cosa avremmo potuto fondare la battaglia legale di contrasto? Ci inventavamo anche noi un .. atto di giunta..?! Ulteriore domanda: questi indignati perché non hanno sostenuto la nostra battaglia che era ed è ben poggiata su vincoli e leggi di tutela, ma anzi l’hanno irrisa e snobbata? Silenzio.. Ultima domanda all’assessore Granata: ma Piazza d’Armi, dotata di una mezza dozzina di vincoli da far valere, non meritava un atto di indirizzo di Giunta..? Villa Abela, con zero vincoli, se lo meritava, per lui e i suoi sostenitori, ma Piazza d’Armi no, non meritava lo scudo della Giunta comunale.. Come mai..? La risposta la sanno tutti in città, che ve la dico a fare..?!
1) Villa Abela. Ancora una perla. In quel caso i fautori della “tutela” non si sono fatti alcun problema di far rischiare alla città un risarcimento milionario da pagare a Riili, il costruttore. E in quel caso, vista la carenza di sostegni legali, i rischi sono pressochè certi.
2) Piazza d’Armi. In quel caso i nostri critici, a corto di altri argomenti, si sono messi ad agitare proprio quello spettro terroristico del rischio di risarcimento, che invece è pressochè inesistente, perché Piazza d’Armi, invece, gode di tutti i vincoli possibili, mentre l’imprenditore è scoperto su molte autorizzazioni. Insomma un mondo legalitario capovolto…
In conclusione penso che si sia toccato il fondo del ridicolo. C’è chi ha parlato perfino di “opera d’arte” a proposito del chiosco di Piazza d’Armi .. Se così fosse, perché non hanno chiesto alla Soprintendenza di tutelare con un bel vincolo artistico, quell’astronave specchiata ..? O forse la fantasiosa invocazione artistica serviva a mascherare la multipla carenza delle necessarie autorizzazioni..?
Dopo il peccato originale del colpo di mano politico-amministrativo nel 2017, con una gara sbucata dal nulla, e dopo le bugie dell’Urban Center dell’estate 2018, queste macerie ne sono il risultato:
– Una Giunta comunale che prova a distogliere l’attenzione da Piazza d’Armi, inventandosi una battaglia alternativa già evidentemente impossibile in partenza. In molti hanno abboccato, in buona fede. Mi spiace veramente per loro, ma se la devono prendere con chi li ha illusi. Non con chi lavora concretamente alla tutela del nostro Patrimonio, senza cariche, senza guadagni, ma rimettendoci del proprio, in tempo, energie e denaro.
– Pochi cittadini rimasti a presidiare il bene monumentale, nell’isolamento e nel fastidio “di schieramento”. Non ci si può perdonare di aver contestato la credibilità di questo sindaco, nè di alcuni assessori, neppure se gli portassimo come prova la pistola fumante, avrebbero il coraggio di prendere una posizione netta di condanna, di ribellione, di rabbia, di indignazione vera.
– Movimenti autorevoli, ma rimasti afasici alla finestra che, al loro interno, ospitano aderenti che si indignano per i fatti (deboli) di Villa Abela. Costoro, pur avendo per compagni di strada proprio coloro che ne hanno decretato (a ragione o a torto, non importa) la fine, però se la prendono con quei pochi che fanno la battaglia (vera e solida) su Piazza d’Armi. Un caso psichiatrico, direi.
Un vero capolavoro di ipocrisia culturale e di regressione civica, sull’altare dello schieramento politico dei “buoni” per definizione dogmatica.
E ora, chi vuole sfogarsi con l’aggressione, si accomodi, non ci fa alcuna impressione.
Salvo Salerno