IL SARCOFAGO DI ADELPHIA E IL PRESEPE VIVENTE ALLA GROTTA DEI SANTI
Resti dell’acquedotto dei Saraceni visti dall’ipogeo di Valeria Castelluccio, Santa Lucia La Mendola, l’Ipogeo di Valeria, la grotta dei santi…
Quanti dei non numerosi lettori della mia pagina socioculturale conoscono questi angoli suggestivi del paesaggio e della storia del nostro territorio?
Volentieri ho aderito all’invito di una rivisitazione, in questi giorni per lui liberi da impegni scolastici, rivoltomi da uno dei miei migliori amici, raro cultore qualificato di malacologia, di archeologia, di omniologia, cioè di tutto ciò che vi è di bello, di interesante, di curioso da osservare, da scoprire e da collezionare, dalla babbucia latina
– scusate se ne sconosco perfettamente il termine scientifico latino! – alle rarissime immagini della santa Patrona di Siracusa.
Conoscere quegli angoli carichi di fascino paesaggistico, d’arte e di storia è stato per lui la più piacevole sorpresa; per me?
Un’autentica sorpresa pure, ma in senso negativo, tutt’altro che piacevole!
La stessa “grotta dei santi”, nella cornice del noto ristorante la Trota, dove appena una mezza dozzina d’anni addietro con un altro collega avevo girato un documentario amatoriale con la mia inseparabile WHS, avvalendomi della sua esperienza archeologica, mi ha sorpreso amaramente perchè gli affreschi sacri del XIII-XII secolo che prima si potevano osservare abbastanza distintamente, adesso hanno subito un così rapido ulteriore deterioramento da far temere che fra un altro breve periodo non rimarrà quasi più nulla, visto che la benemerita Sovrintendenza non ne ha alcuna cura di conservazione…
Presepe vivente
alla grotta dei santi
Eppure quel sacello è tra i più importanti; bene hanno fatto in questo periodo a suscitarne l’attenzione dei visitatori coloro che vi hanno realizzato un presepe vivente che non ha nulla da invidiare a quello della balza d’Akradina, soprattutto a quello organizzato quest’anno: uno scenario da sogno è tutto l’ampio assieme, con le altre grotte circostanti, con il rustico caseggiato, distribuito nelle var
ie botteghe dei mestieri del passato (peccato che non siano stati usati i termini che usavano i nostri nonni: ’a putia d’’o firraru, ’a putia d’’o furnaru
…!) l’itinerario stupendo tra i fichidindia e il laghetto…
Saper concordare così perfettamente la squisitezza dei cibi con il fascino che offre un
vero tuffo nella storia e nella bellezza ambientale, come è stato fatto lì, è un’operazione
Gastronomico culturale di valenza difficilmente riscontrabile! Ma la conservazione degli affreschi merita di gran lunga più attenzione!
A pochi chilometri dalla “grotta dei santi”, procedendo ancora per Palazzolo, in
contrada Saraceni—così detta perchè vi è una delle più importanti testimonianze della
scienza idraulica raggiunta dagli Arabi una dozzina di secoli addietro: l’acquedotto aereo per l’irrigazione—vi è l’ipogeo di Valeria.
Come avrei potuto esimermi dal farlo ammirare al mio carissimo collega proprio mentre in questi giorni si sta esponendo il sarcofago di Adelphia alla cappella sveva del seminario? Importante è anche il sarcofago di Valeria che è quello che si dice abbia accolto le spoglie della religiosa eremita romana che visse in una delle grotte dello stesso territorio scelto da
San Corrado, da Santa Lucia sorella di san Geminiano anche lei romana, persino
da padre Ugo ai nostri giorni. Il sarcofago di Valeria è uno dei reperti più importanti che danno lustro al museo di Bellomo. Ancora vi si legge sull’arcosolio la scritta in lettere greche, che in buona parte si può interpretare.
Questo sarcofago venne trovato nelle catacombe di San Giovanni, nella parte forse più suggestiva: ancora oggi una buona guida, accompagnando i visitatori , dopo aver fatto loro ammirare la cripta di San Marziano e gli affreschi che ancora oggi, ma
lgrado l’incuria, vi si
intuiscono, più che vi si vedono, sempre meno, li conduce là dove esso venne rinvenuto, anche se non sottolinea loro che in quel sarcofago, dagli stupendi
bassorilievi, giacque la stessa Valeria dell’ipogeo che è stato da una dozzina d’anni rinvenuto nei pressi del famoso acquedotto dei Saracini, a una mezza dozzina di chilometri prima d’arrivare a Palazzolo.
Infatti in quell’ipogeo, dove esattamente ancora si legge che giacque Valeria, non è stata trovata nessuna traccia di ossa umane: il che fa desumere che il corpo venne
portato altrove: proprio nelle catacombe di San Giovanni, in quello stupendo sarcofago?
C’è da crederlo, potendosi trattare della stessa nobildonna romana!
Anche qui, sorpresa, anzi doppia sorpresa; ma questa volta negativa anche per il
mio colto collega! Difficilissimo raggiungere l’ipogeo, che poi più che ipogeo dovremmo forse chiamarlo sacello perchè in effetti è situato come il santuario di Santa Panagia, sulla scarpata con tutto attorno un ampio spazio da dove i fedeli potevano assiste-
re alle cerimonie liturgiche, alla Messa! Difficilissimo e col pericolo di rompersi l’osso
del collo perchè il ciglio della strada di campagna in quel tratto è crollato e il posto si è
riempito di rovi che intenderebbero dissuadere chiunque dal penetrarvi.
Testimonianza di messe nere?
Ma la sorpresa più amara è stata che proprio dentro l’ipogeo, luogo sacro dove
vi furono scavate le tombe dei religiosi eremiti, ed esattamente in una fessura della prima tomba entrando a sinistra, entrato per primo il mio collega mi fa: “Osserva! Osserva! E questa rivista pornografica, di donne nude, che ci fa qui? Si vede
che tanto arduo per qualche sporcaccione prima non è stato il penetrarvi, per violarne la sacralità con quella visione e tutto il resto che vi avrà fatto!”
La prima idea che mi passa per la mente, tuttavia non è l’idea che qualche zozzone venga a fornicare in quel luogo sacro, bensì che lì si possano essere svolte e si svolgano ancora messe nere: proprio nel territorio di Palazzolo si sono registrati casi di questo genere e la dissacrazione di un luogo sacro come l’ipogeo di Valeria potrebbe essere uno di questi! Quelle immagini pornografiche