VINCIULLO SULL’IMPENNATA DI CEMENTO AL MANIACE: AUTORIZZAZIONE ILLEGITTIMA PER RESPONSABILITA’ DELLA COMMISSIONE ORTIGIA CHE E’ ANDATA ANCHE CONTRO IL PARERE DELL’UFFICIO
Rep: Il dibattito che si sta sviluppando in questi giorni sulla realizzazione di questa nuova struttura dentro il complesso del Maniace rischia di trasformarsi in pura polemica e non di affrontare alcuni nodi centrali, uno dei quali riguarda la compatibilità fra il PPO (Piano Particolareggiato di Ortigia), la nuova attività commerciale e la definizione di natura precaria di un’opera alla luce delle numerose sentenze del Consiglio di Stato. Lo dichiara Vincenzo Vinciullo.
Infatti, a prescindere dalla bontà o meno della progettazione, dei materiali utilizzati, del rispetto o meno dell’ambiente e delle tecniche scelte nella rappresentazione grafica dell’opera, la domanda che oggi ogni cittadino siracusano si pone è questa: E’ legittimo in Ortigia, centro storico, dotato di piano particolareggiato decaduto per decorso di tempo, utilizzare un’area cortilizia, pertinenza di un fabbricato di alto valore storico – monumentale, per la realizzazione di opere edilizie da destinare a supporto di una attività commerciale-ricreativa privata? Lo prevede l’art.13.1 del P.P.O, quello relativo alle norme per l’utilizzo degli spazi destinati al ristoro all’aperto?
Pur consapevole che il termine di efficacia degli strumenti di pianificazione attuativa opera rispetto alle sole disposizioni di contenuto espropriativo e non anche alle prescrizioni urbanistiche di piano, che rimangono pienamente operanti e vincolanti senza limiti di tempo, fino all’eventuale approvazione di un nuovo strumento urbanistico attuativo, gli interventi edilizi che oggi possono essere autorizzati nella piazza d’Armi del Castello Maniace, oltre alla ordinaria manutenzione, “sono gli interventi di natura precaria “ .
Allo stato attuale, ha proseguito Vinciullo, a prescindere della natura del bando demaniale , l’area cortilizia del castello Maniace, asservita al Monumento, non può essere destinata a nessun intervento edilizio duraturo nel tempo, al massimo e’ possibile operare con interventi di natura precaria delineati su base funzionale e non meramente costruttiva.
Bisogna, in poche parole, analizzare le opere in corso di realizzazione e verificare se le stesse possono o meno rientrare tra i manufatti precari , visto che le stesse opere saranno destinate ad una utilizzazione perdurante nel tempo ( nel caso 12 anni ) , considerato anche che l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea , precaria o irrilevante ( C. di Stato Sez. VI n° 4116 del 4 sett. 2015 ) .
Come primo aspetto, per individuare la natura precaria di un’opera, si deve seguire non il criterio strutturale ma il criterio funzionale, per cui un’opera, se realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficare del regime delle opere precarie ( Cons. di stato VI n°1291/2016).
Il Consiglio di Stato ha più volte affermato che non possono essere considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, perché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea , precaria o irrilevante ( Cons. di Stato , Sez. VI , n 4116 del 4 settembre 2015) .
Sempre il Consiglio di Stato ha anche affermato che la “ precarieta’ “ dell’opera, che esonera dall’obbligo del permesso di costruire, postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua “ stagionalita’” che non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo ( C ons. Di Stato . sez. VI.n2841 del 3 giugno 2014 ).
La precarietà o meno di un’opera non va desunta quindi unicamente sulla base del criterio se questa sia stabilmente infissa o meno al suolo, ma anche sulla base di un criterio ulteriore, di natura finalistica, attinente alla destinazione dell’opera per cui , se è destinata a durare nel tempo, non ha più il carattere della temporaneità.
Il requisito della facile amovibilità caratterizzante le opere precarie viene meno laddove l’opera richieda un vero e proprio lavoro di smontaggio e in questo caso si è fatto uso di cemento armato per 110 mq e di doppia rete elettrosaldata.
Ai fini del riscontro della precarietà di un’opera e della relativa esclusione della modifica dell’assetto del territorio, non sono rilevanti le sole caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l’agevole rimovibilità, ma le esigenze temporanee alle quali l’opera eventualmente assolve.
La natura precaria di una costruzione non dipende dalla natura dei materiali adottati e quindi dalla facilità della rimozione, ma dalle esigenze che il manufatto è destinato a soddisfare e cioè , dalla stabilità dell’insediamento indicativa dell’impegno effettivo e durevole del territorio, a tale fine, inoltre, l’opera deve essere considerata unitariamente e non nelle sue singole componenti.
Il diuturno utilizzo dell’opera e la circostanza che tale utilizzo sia destinato a perdurare fino ad un momento non precisato (12 anni) consentono di escludere le esigenze meramente temporanee che, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera e.5 del d.P.R. 380 del 2001, sottraggono i manufatti leggeri al regime degli interventi di nuova costruzione.
In generale, i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, devono essere considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con sicuro incremento “ del carico urbanistico”.
La precarietà del manufatto in corso di costruzione è, nei fatti, ampiamente smentita dalla presenza di una piattaforma in cemento armato a sostegno dello stesso: è palese infatti che questa piattaforma , che già di suo comporta una trasformazione permanente dei luoghi , è funzionale a una presenza duratura e comunque indefinita nel tempo.
Non può qualificarsi come precario il manufatto che sia solo aderente al suolo e non anche infisso allo stesso qualora alteri in modo rilevante e duraturo lo stato del territorio.
Per individuare ancora la natura precaria di un manufatto va seguito non un criterio strutturale, bensì un criterio funzionale, per cui un’opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo ma, se essa presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non beneficia del regime delle opere precarie, infatti, non può ritenersi precaria un’opera che sia destinata a garantire un’utilità prolungata nel tempo ( 12 anni ) e potenzialmente permanente, con conseguente irrilevanza della asserita amovibilità dell’opera.
Costituiscono opere precarie infatti le opere che, indipendentemente della loro natura costruttiva, risultino destinate a soddisfare esigenze contingenti, improvvise e transeunti e ad essere presto eliminate, con il corollario che neppure la facile amovibilità dei manufatti eseguiti basta, di per sé, a farli ritenere provvisti del carattere della precarietà.
Per l’accertamento del carattere precario o meno di una data opera, è necessario verificare la destinazione funzionale e l’interesse finale, al cui soddisfacimento la stessa è destinata. Possiamo confermare che di carattere precario sono solo le opere che risultano (oltre ad essere agevolmente rimovibili) funzionali a soddisfare un’esigenza obiettivamente temporanea e non è il nostro caso.
E’ chiaro che, ha continuato Vinciullo, ci troviamo di fronte alla realizzazione di una nuova struttura (ecomostro?) non prevista nel Piano Particolareggiato di Ortigia, in grado di incidere in maniera duratura sul futuro del complesso del Maniace e del Centro storico che impedirà per i prossimi 12 anni di concludere gli scavi archeologici nella piazza d’Armi e che, di fatto, bloccherà il futuro P.P.O. in quanto chi lo dovrà redigere ed approvare dovrà confrontarsi con queste strutture in cemento armato e acciaio.
Per quanto detto, risultando le opere in corso di costruzione nella piazza d’Armi del Castello Maniace , manufatti non precari , ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, non sono da ritenere opere legittimamente autorizzate e realizzate nel rispetto delle prescrizioni e delle leggi urbanistiche vigenti in materia di “opere precarie “ e la responsabilità è solo ed esclusivamente della Commissione Ortigia, che ha operato perfino contro il parere degli uffici del Centro storico.
Per questo, ha concluso Vinciullo, attendo fiducioso l’intervento dell’Assessorato regionale del Territorio e dell’Ambiente e di quello dei Beni Culturali per riportare il procedimento entro i limiti previsti dal P.P.O.