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RICORDANDO I “TUFFI D’ONORE” NEL MAGICO MARE DEL MINARETO

Continuando il nostro itinerario storico turistico letterario sulle bellezze di Siracusa tra realtà e leggenda, dopo aver visitato gli angoli più suggestivi che si trovano in città, l’angolo suggestivo più vicino al nucleo abitato centrale è indubbiamente il Minareto alla Maddalena.

E’ sito nella punta opposta del porto grande, dove è anche il faro e la zona militare, che però di militare non offre alcuna parvenza a chi si trova a passarvi.

Anzi, fino a pochi anni addietro, vi si incontravano molti borghesi e nessun arruolato…

Prese il nome di minareto quando al centro turistico venne edificata una specie di torretta come faro, dall’aspetto di una moschea, di muezzin, ossia, per l’appunto, di minareto, o chiesetta musulmana.

Erano molti coloro che si recavano a fare il bagno in quel sito, arrivandovi per via mare,

anche con una semplice barchetta da diporto, oppure in macchina. Era un angolo meraviglioso non solo per le acque limpide, ma anche per la costa che offriva diverse grotte e un paesaggio stupendo; senza dire che vi erano certi specchi d’acqua dove pescare le

abbondantissime ope era come pescare i cefali o muletti alla fonte Aretusa. Nelle vicinanze gradivano andare a farsi il bagno le famiglie dei finanzieri.

A un certo punto quest’angolo così fantastico adescò il gusto dei Francesi, che lo trasformarono in una loro oasi, per cui, a chi andava a visitarlo dava l’impressione di trovarsi non più in Italia, a Siracusa, bensì addirittura in terra gallica, dato che non si vedevano che Francesi e non si sentiva parlare altra lingua che quella francese.

E tutte le costumanze francesi vi si trovavano: persino la spregiudicata moda di concedere di andare a mammelle scoperte pubblicamente, sia a ragazze affascinanti, sia a donne mature, che portavano a spasso imperterrite la loro latteria sotto l’avida, ingorda vista di parecchi latin lover locali, che non si sa come potessero infiltrarsi indisturbati in quell’ambiente divenuto straniero e vietato ai estranei….

Costoro erano di casa fra le straniere e con esse scherzavano cameratescamente; ma forse non si fermavano al semplice e innocente scherzo…

Quando mi ci sono recato a visitarlo, era un pomeriggio piuttosto afoso e monotono: si

notavano poche persone, sdraiate sui materassini e sonnacchiose. Ad un tratto la scena venne animata da un aitante giovanotto che, dopo aver fatto

un tuffo alquanto spericolato, gettandosi a volo d’angelo da una mezza dozzina di metri dalla scogliera, sfidava uno dei più aitanti mosconi locali

a fare altrettanto, scommettendo che se quello fosse riuscito a compiere la stessa impresa, egli avrebbe pagato aperitivo pour

Tous.

Gianfranco, così almeno sentii chiamare il moscone locale, non apparve molto entusiasta della sfida e cominciò a misurarsela, visto che non doveva avere molta dimestichezza con i trampolini naturali e sicuramente nemmeno con quelli della piscina…

Addusse il pretesto che aveva mangiato da poco e perciò non voleva fare la tragica fine che qualche tempo prima aveva fatto Beniamino Siliato, il quale, dopo il pranzo consumato nello stesso minareto s’era messo il materassino sul capo e a chi l’aveva incontrato e gli aveva domandato dove andasse , aveva risposto simpaticamente:

“Vado a dormire sul mare!”. E si era andato a buttare in acqua ma sul mare era, purtroppo, andato a dormire per sempre, perché, malgrado le cure dei sanitari, era morto annegato in mare per congestione allo stomaco!

Fu un maturo, ma ancora in gamba, smilzo sessantenne, dal capo quasi completamente pelato, che in quel momento stava contemplando, quasi in estasi, le accentuate forme di una avvenente ventenne parigina semiaddormentata con una rivista in mano sotto l’ombrellone.

Avendo notato l’indecente indecisione del giovanotto locale, lo rimproverò dicendogli: “A Sarausa picciotti ca si scantunu nun ci ni sunu!” E non aveva esitato ad andarsi a tuffare a chiodo dal punto stesso da cui si era gettato in mare il francesone. Fu

un successo pieno, sottolineato da lunghi applausi come quando un tenore si esibisce nel più esilarante acuto di una romanza…

Ma il francesone non si dava assolutamente per vinto e… raddoppiava la posta, pardon, il posto di lancio.

Questa volta il trampolino

era ben più alto: si trattava del pizzo più elevato della scogliera. Non senza un brivido degli astanti, che, nel frattempo, all’animarsi della scena e al diffondersi della scommessa, erano sbucati dai bunkalov e dalle villette circostanti, attratti dalle grida di entusiasmo. Il francesone con un urlo fece quel volo, col pericolo

di andarsi a sfracellare sul fondo, visto che, soprattutto per la limpidezza delle acque,

sembrava molto meno profondo di quanto in effetti fosse…

Uscito dall’acqua, la sua spavalderia sembrava irrefrenabile; i giovanotti aretusei si guardavano in volto esterrefatti tra di loro; ma nessuno si azzardava ad accettare la sfida.

Il maturo uomo smilzo pelato anche questa volta salvava… i colori nazionali: zitto zitto, senza alcuna prosopopea, come se si calasse dentro una vasca da bagno, si andò a piazzare e giù… un tuffo all’angiolina, che nemmeno un campione olimpionico avrebbe saputo imitare! Rimase sott’acqua quasi fino a quando non toccò la scaletta; dopo di che, appena salito, si allontanò

a’ muta a’ muta, con un sorriso beffardo; rivolto poi ai mosconi, disse: “Ansignaticcillu a chissi ca ’i Sarausani, sempri Sarausani semu!”

Finito lo spettacolo, che avrebbe potuto costare la pelle a uno dei due, la gente cominciò a dileguarsi: ripresero la loro postazione di lucertole al sole, sdraiandosi sui loro materassini di gomma: la giovane bruna dalle enormi tette ancora non abbronzate, e la non più giovane bionda con i suoi fichi secchi penzolanti, già diventata aragosta…

Adesso quell’incantevole sito è abbandonato, ma ogni tanto quelli che allora erano aitanti mosconi in cerca di … nettare perugino, ora che sono diventati anziani e per la massima parte pelati come quell’intrepido smilzo sessantenne di allora, quando passano da quelle parti per recarsi a Bethania, sicuramente lo ricordano ancora e ne provano un certo senso di vergogna.

Arturo Messina