Politica

ELENA CALIGIORE: PER GLI ANIMALI CI VUOLE SOLO AMORE, MAI ODIO

Uccidere un solo animale, un topino, un gatto, un cane, una capretta, un vitellino, una gallina, un coniglietto o 100 creature indifese è sempre un atto di violenza inaccettabile contro un essere vivente. Avvelenarli, oltre ad essere un atto criminale gravissimo, è anche una forma di assoluta irresponsabilità verso l’ambiente che potrebbe causare danni molto seri anche alle persone. Da anni ripetiamo, senza mai stancarci che il randagismo è un fenomeno vasto ed oramai endemico in Sicilia ed in altre regioni meridionali. Un fenomeno senza alcun controllo, così come lo sono questi atti criminali che si ripetono in ogni angolo del nostro Paese. Spargere bocconi avvelenati è un crimine che viene commesso al Sud come al Nord. La sola differenza è che generalmente qui muoiono poveri randagi, gatti di colonie feline e cani padronali mentre al Nord muoiono solo cani padronali e colonie feline se non si interviene tempestivamente ricoverando l’animale. Il caso di Sciacca, riporta ancora una volta in primo piano l’urgenza di arginare e sconfiggere il randagismo. Coloro che hanno la responsabilità di combatterlo devono davvero cominciare a lavorare seriamente, costantemente e con determinazione. Per i cani morti avvelenati a Sciacca, siamo ancora una volta di fronte ad un caso di ‘animalicidio’, neologismo usato per definire l’uccisione di animale per crudeltà e senza necessità. L’art. 544 bis c.p. nel nuovo capo a tutela degli animali stabilisce che “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi”. Per esperienza personale e per quanto si legge sui giornali, siamo convinti che gli autori di questi atti criminali difficilmente saranno individuati, denunciati , processati e quindi resteranno purtroppo impuniti. Gli animalisti ‘fanatici ed esaltati’ – e ve ne sono tanti – in questi casi trovano l’ occasione per partire con le crociate di insulti e minacce indiscriminate contro il Sindaco di turno, i veterinari dell’ASP e le associazioni di protezione animali. Il Sindaco di Sciacca, Avv. Francesca Valenti, in queste ore è il bersaglio di animalisti esaltati. E’stata minacciata, insultata e sono state augurate cose terribili a lei e ai suoi figli da sedicenti animalisti. Ad atti criminosi compiuti da mani ignote non si risponde con altri atti altrettanto gravi come minacce ed augurio di gravi malattie e sofferenze. Non si può incitare all’odio pubblicamente verso cittadini ed in questo caso verso il Sindaco di Sciacca ed i siciliani in generale senza che la Polizia Postale intervenga e, a seguire intervengano le Procure interessate. La gogna mediatica deve assolutamente finire! Leggo che sono stati avvelenati prima 140 cani, poi il numero cambia e diventa 30, poi 18, insomma si danno i numeri!!! In questi numeri di animali avvelenati vengono inseriti anche i cani avvelenati a Siracusa qualche anno fa a Serramendola. Fatto gravissimo , non isolato e ancora non risolto. Per questo caso il Comune di Siracusa si costituì Parte Civile. Se dovessimo conteggiare gli animali avvelenati in Sicilia ed in tutta Italia , non finiremmo mai! Ma non è ‘dando i numeri’ che si risolve il problema. L’avvelenamento anche di un solo animale è comunque gravissimo!!! Il problema è che con questo modo di protestare nei social network, confuso, pieno di insulti, di minacce, di volgarità, di incitamento all’odio, si finisce per danneggiare maggiormente gli animali. Sono consapevole del grande dolore provato dalle volontarie che sfamavano i cani di Sciacca per averlo provato in prima persona, in un caso analogo, per i randagi di Targia. Sarà stato terribile trovarli morti o in agonia, nel non poter fare nulla per salvarli e nel non poter individuare la mano criminale che ha causato tutto ciò. Ma non è attraverso Facebook che si risolvono fenomeni gravissimi come l’avvelenamento di animali. E’ necessario che ognuno di noi faccia il proprio dovere, come volontarie, come amanti degli animali, come associazioni e come cittadini. Il rispetto delle norme a tutela degli animali possiamo pretenderlo solo dopo aver fatto anche noi il nostro dovere, non certo sbraitando davanti ad una telecamera e non certo incitando all’odio contro chi ha delle responsabilità ma che certamente non ha commesso quel crimine di cui si è accusati. Ad esempio, invece di organizzare manifestazioni che si risolveranno solo in una carrellata di selfie e video da postare poi in Facebook, chiediamo l’applicazione puntuale e rigorosa dell’ Ordinanza ‘Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati’ comunemente denominata ‘Ordinanza Martini’, periodicamente prorogata. Chiediamo il rispetto delle norme in vigore a Tutela degli Animali nelle forme democratiche e non con manifestazioni volgari e piene di odio attraverso Facebook.
Elena Caligiore