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NO, NON POSSO ANDARMENE A CASA, IERI MI SONO BUTTATA DALLA SIBBIA PER LUI

Ci troviamo alla Sibbia, cui è legata tutta una consistente serie di episodi da tragedia, degli ultimi dei quali molti Siracusani possono benissimo aver mantenuto memoria, non soltanto per averli sentiti raccontare, ma per averli letti sulle pagine di cronaca nera locale o addirittura esserne stati testimoni auricolari, se non oculari.

Ma, prima di inoltrarci nella amara narrazione, conviene soffermarci sul significato del nome dell’incantevole e terribile sito.

Il nome Sibbia deriva indubbiamente dal latino Silva. Possiamo ricordare con questo titolo l’opera latina di Stazio, come possiamo ricordare la “Selva” di Padre Giacinto Leone, che è un’opera storica scritta da un frate cappuccino siciliano del 1700 e che troviamo sono in manoscritto molto raro ma mai, finora, purtroppo, pubblicata, sebbene sia molto importante del nostro territorio.

Ciò, tanto per accennare all’etimologia, per il ben noto fenomeno fonetico grammaticale dell’assimilazione, per cui una lettera dell’alfabeto diventa si assimila, cioè diventa simile, uguale alla lettera che le sta accanto, prima o dopo. Così, da dictum, factum abbiamo detto, fatto, ( passando dall’italiano antico o siciliano dittu, fattu); solo c’è da aggiungere che la v antica si è prima trasformata, per apofonia – allontanamento dal suono primitivo – in b; esempio: vasuni= bacione, varca= barca;come è avvenuto anche il contrario, che cioè l’antica b si è col tempo trasformata in v; esempio: amabat=amava, timebamus= temevamo…

Premesso ciò, passiamo a precisare il significato di selva che, per un ennesimo fenomeno fonetico, di apofonia, ha allargato il suono della vocale i nell’ancipite vocale e.

Come la selva selvaggia aspra e forte dantesca. E a questo punto a chi non vengono in mente i primi versi della Divina Commedia?

“ Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura,/ ché la diritta

via era smarrita…” ?

Ed esattamente una selva oscura è quella di Siracusa, che viene conosciuta anche come la latomia dei Cappuccini perchè nei tempi antichissimi era una pirrera, cioè una semplice cava di pietre, come la latomia del paradiso, nei pressi del teatro greco, dove sono da ricordare sia la caratteristica grotta dei cordari che l’orecchio di Dionisio.

Un tempo alla latomia ( litus= pietra, temno= taglio ) si lasciava lo strato superiore, come una specie di tetto, per cui il termine cava; col tempo, con qualche scossa sismica, quella specie di tetto è caduta e la latomia è divenuta allo scoperto.

Oscura e terribile, che nel pensier rinnova la paura, c’è davvero la Sibbia!

Oscura, cioè ombrosa, perchè quella cava da cui si ricavò gran parte dei blocchi che nel corso dei secoli servirono per edificare gli edifici della città, forse i più importanti e addirittura le colonne monolitiche ( tutte di un solo pezzo ) dei templi pagani, le cui vestigia ancora possiamo ammirare – scavata fino a oltre 30 metri – oscura selva, cioè ombrosa in certi punti lo è davvero, se la luce quasi non vi giunge si può dire da nessuna parte. Selva o boschetto, addirittura, a tratti, anche giardino con bellissime piante, anche da frutto, di agrumi; a tratti con grotte caratteristiche, con rialzamenti di suolo che sono stati sfruttati in vari modi, anche per realizzare dei palcoscenici e addirittura il teatro dei duemila, detto così perchè poteva ospitare 2 mila spettatori; di felice memoria!

Di felice memoria perchè da un trentennio la Sibbia è diventata impraticabile per frane mentre prima si sfruttava sia come teatro che come villa!

Il primo spettacolo nel teatro dei duemila fu quello che il compianto e indimenticabile Renato Randazzo organizzò al ritorno dall’impresa eroica di Sabratha, alla fine di agosto, i primi di settembre del 1953, l’anno della lacrimazione della Madonna, con il mio commento musicale per Troadi e Alcesti, da me diretto.

Le ultime volte che venne sfruttato fu quando il fischietto mondiale on. Concetto Lo Bello vi realizzò alcune edizioni de “ Il diapason d’oro”, con artisti di fama nazionale e internazionale, tra cui il celebre baritono Lino Puglisi. Dopo di che…. non ci resta che raccontare perchè ….il pensier rinnova la paura!

E’ stato sempre il luogo preferito dai suicidi. L’ultimo dei tantissimi “ balzi della morte” che vi sono accaduti (abbiamo detto che molti lo ricordano ancora, assieme ad una caso che avvenne contemporaneamente, di una signora che però miracolosamente fu trattenuto dai ramo di uno tanti alberi sottostanti) avvenne circa 30 anni addietro. Una ragazza – si disse studentessa di una scuola lì vicina – disperata per essere stata abbandonata dal fidanzato, decise di togliersi la

vita gettandosi a capofitto da quell’altura:

Ci si jittò– così ancora raccontano e cantano – havi picca, ’na carusa / ca tuttu lo so’

amuri avìa dunatu / a ’nu picciottu ch’era, appoi,, spusatu / e l’avìa sedutta ccu ’na

scusa! / La picciuttedda ca ’u cridia schiettu/ nun sappi suppurtari la viriogna: / “Tradituri!- ci scrissi ’nta ’n bigliettu- / ’nt’’a cuscienza l’ hai a aviri, malidittu!”

Scavalcata facilmente la bassa ringhiera che protegge- per modo di dire – ma non impedisce, fece il tragico volo dei 30 metri nel vuoto, sfracellandosi di colpo.

Per questo i Siracusani Singers suggeriscono: “ O furasteri ca veni a taliari, / megghiu ca passi drittu, ’n t’affacciari!”

Il suggerimento è dovuto anche ad un altro episodio che si tramanda sia avvenuto proprio in quel tratto. Un anziano signore una volta, a tramonto inoltrato, giunto in quel punto, da dove usavano (e speriamo non usino più, per carità! ) gettarsi i disperati suicidi, ebbe l’impressione di sentire un lamento. Avvicinatosi ancora di più, si accorse che c’era qualcuno seduto ad una dei tanti macigni circostanti: aveva il capo chinato sulle ginocchia; dai capelli riconobbe che si trattava d’una donna, d’una ragazza:

-Che fai qui, a quest’ora, tutta sola? E perchè piangi? Vattene a casa!

-Non posso!

-Non puoi?! Come? Perchè?

– Ormai non posso!

L’uomo si avvide che la ragazza singhiozzava ancora di più, di un pianto che gli strinse

il cuore; le domandò:

– Perchè non puoi? Che significa? Ti ci accompagno io! Istintivamente le prese una mano: un brivido gelido gli attraversò tutte le membra! In quel momento la ragazza sollevò il volto: un volto cadaverico, come se fosse quello della morte in persona…. e con un fil di voce che pareva venisse dall’oltretomba, disse: – Non posso… perchè… sono morta!…. Guarda là sotto e vedrai il mio cadavere!… Vai a dire ai miei che abitano ( e gli indicò la via e il numero, che la gente non ha tramandato) che mi sono suicidata per lui!.. L’uomo rimase di stucco, le gambe sembravano due foglie tremanti, non riuscì a muoversi…

All’improvviso gettò un urlo tremendo e facendosi più volte il segno della croce

cominciò a fuggire all’impazzata, che per poco non ci rimetteva l’osso del collo….Ma

prima che lo facesse, ebbe il tempo di accorgersi che la ragazza era sparita!

Credette che si trattasse d’una suggestione, d’un incubo….Riprese finalmente la calma,

rise di se stesso, della fifa che aveva provata e rincasò senza dir niente: l’avrebbero preso  per alienatu!

Tuttavia, quando l’indomani, alzatosi molto più tardi del solito perchè si era potuto addormentare solo nelle mattinate, uscito, verso mezzogiorno di casa, volle passare dalla

casa che quella visione gli aveva così stranamente indicata, quale fu la sua costernazionenel constatare che proprio davanti a quella porta c’era un gruppo di persone in evidente segno di lutto!…

In quel momento passò l’attacchino, che si fermò proprio lì ed affisse un avviso mortuario. Senza far finta di niente, con la coda dell’occhio, volle leggerlo:

“ Ieri sera è venuta tragicamente a mancare….”

E c’era il nome della sventurata che aveva deciso di farla finita gettandosi dalla Sibbia!

Arturo Messina